Giornata genovese per Carlo Calenda, che al Mog di Genova ha partecipato a una conferenza stampa in cui ha scolto nodi e dubbi dopo che venerdì scorso 31 membri del Pd avevano annunciato di lasciare il partito per passare ad Azione.
La parte più spinosa dal punto di vista pratico era la coesistenza nello stesso partito di persone che in consiglio comunale si trovano in maggioranza e opposizione. Lorenzo Pasi e Federico Barbieri, eletti con la lista Civica Genova Domani, erano tornati a svolgere ruoli all’interno di Azione dopo essersi autosospesi. Cristina Lodi, invece si mantiene all’opposizione.
«La situazione è per i due insostenibile − dice Calenda − sono due ragazzi che stimo e andranno a pieno titolo a lavorare per Bucci e si dimetteranno dai ruoli in Azione. Era impossibile tenere le due cose insieme: fino a oggi, non avendo rappresentanti di Azione in consiglio comunale, potevamo tollerare il doppio registro. Oggi non più. Abbiamo condiviso che loro proseguiranno il mandato popolare che hanno ricevuto». Calenda, che ha parole di rispetto per Bucci, ricordato quando avevano avuto a che fare in occasione della vertenza Ilva, ha specificato cosa intende per opposizione, smarcandosi dagli altri partiti: «Lavoriamo all’opposizione nell’unico modo che conosciamo: se un provvedimento è giusto, lo si sostiene come a livello nazionale farò con l’abolizione dell’abuso d’ufficio; se un provvedimento è sbagliato, non solo bisogna dirlo, ma proporre qualcosa di alternativo». Calenda precisa che il mancato sostegno a Bucci durante la campagna elettorale era perché tra i partiti a suo sostegno c’erano elementi molto di destra e in contrasto con le caratteristiche politiche di riferimento di Azione: «Uno spazio repubblicano, in cui ci si identifica nei valori della prima parte della Costituzione, nell’antifascismo, contro il populismo e il qualunquismo di cui Mario Draghi è stato l’esempio, vogliamo indurre gli italiani a votare il metodo con cui ha operato Draghi. Sulla visione».
La comunicazione ufficiale arriva poco dopo da Lorenzo Pasi, Federico Barbieri, Marco Santachiara e Andrea Lemmi: “Non possiamo che prendere atto del cambiamento della linea politica di Azione, il partito nel quale ci siamo riconosciuti fino ad oggi. L’opposizione all’attuale amministrazione comunale, che non condividiamo, è incompatibile con il nostro ruolo di amministratori locali eletti nella lista civica Genova Domani a sostegno di Marco Bucci sindaco. Rassegniamo quindi le nostre dimissioni dal partito. Restiamo coerenti al mandato elettorale per rispetto dei cittadini genovesi ed in particolare dei diecimila che hanno espresso la loro fiducia alla lista che rappresentiamo. Ci siamo sentiti messi alla porta da quella che consideravamo casa nostra, restiamo convinti di non essere stati noi ad aver sbagliato indirizzo. Il nostro impegno con Genova Domani continua e si rinnova anche in vista delle importanti sfide che attendono Genova e la Liguria”.
L’esempio ligure potrebbe provocare altri ingressi in Azione di persone che non si riconoscono più nel Pd: «Per Azione − dice Calenda − i nuovi ingressi sono un grande salto qualitativo. Sono persone che hanno sempre lavorato in modo serio e hanno fatto una scelta di coraggio perché lasciano un partito più grande. Persone stufe di appelli moraleggianti a destra e sinistra. Ho chiesto a Roberto Donno, Cristina Lodi e Pippo Rossetti di riorganizzare il partito: loro saranno i punti di riferimento. Normalmente le persone vengono solo quando è facile, venire quando è idealmente giusto, è tutta un’altra cosa. Siamo intorno al 4,5% nei sondaggi: non sono in grado di fare calciomercato perché non ho un posto da dare. Il punto è chi si convince della nostra proposta».
A livello nazionale è di ieri l’arrivo in Azione della renziana Elena Bonetti: «Oggi abbiamo Carfagna, Gelmini, Richetti, Costa, Bonetti, ci sono io. Veniamo da esperienze passate diverse: in comune abbiamo di essere antifascisti, europeisti, siamo per la libera democrazia e ci riconosciamo nella prima parte della Costituzione. Chi si riconosce in questi valori ed è una persona perbene e retta può venire in Azione. Qui, premessi i valori condivisi, si rispettano le differenze, si discute e si prende una linea e si va avanti: chi non ci sta, se ne va, perché non abbiamo tempo da perdere». Su Renzi si concede una battuta: Di Renzi non voglio dire più niente. Italia viva sono cinque anni che è nata e non ho ancora visto un congresso. A ottobre? Sì sì, mo vedi…».
Domani Calenda vedrà Schlein per la proposta sulla Sanità: «Le funzioni principali dello Stato − sanità, salari, scuola e sicurezza, si sono erosi nel tempo sino al livello di guardia. Se non ristrutturi la presenza dello Stato il giorno dopo riesplode tutto, s’è visto a Caivano. Oggi siamo alla politica basata su dichiarazioni e rumori. Su provvedimenti spot. L’agenda Meloni è dettata dalla cronaca. Con la sinistra lavoriamo sul salario minimo perché 4 euro l’ora è sfruttamento. Sulla Sanità abbiamo fatto una proposta per usare dieci miliardi, due per rimborsare gli interventi che il servizio sanitario nazionale non è in grado di fare, otto per rinforzare il personale. Questa nostra proposta verrà discussa domani a livello tecnico da Azione con esponenti del Pd e l’ho inviata a Giorgia Meloni».
Restano comunque distanze notevoli dal partito di Schlein: «Noi lavoriamo in Parlamento perché siamo una forza parlamentare e andare in piazza per qualunque cosa, come Elly Schlein sa molto bene, non lo condividiamo né come approccio né come metodologia. Le differenze con Schlein sono profondissime. Per quanto concerne la politica ambientale, quella della Schlein non ha basi, non potrebbe essere realizzata perché oggi non ci sono le condizioni per andare tutto in rinnovabili: devi avere o il nucleare o il gas. È un dato di fatto, non è un’opinione».
E poi Calenda contesta appunto il fatto che i sindaci del Pd siano favorevoli all’abolizione del reato di abuso di ufficio, mentre a livello nazionale il Pd sia contrario solo perché è una proposta della destra. «Non è nostro interesse giudicare chi li fa i provvedimenti. Draghi è stato ignobilmente licenziato mentre stava facendo il lavoro per gli italiani».