Indemar si può considerare un caso paradigmatico di come la piccola impresa a conduzione familiare possa crescere fino a considerare la prospettiva di quotarsi in Borsa.
Nata a Genova nel 1972 per importare e distribuire componenti destinate agli yacht, l’azienda ha saputo cogliere o anticipare i trend del mercato della nautica, all’attività commerciale ha affiancato una produzione industriale rivolta ai comparti agricolo e industriale, e dell’impresa familiare ha mantenuto i punti di forza, vale a dire la visione a lungo termine, concepita come un progetto multigenerazionale in cui i membri della famiglia sono coinvolti, e da una generazione all’altra (ora siamo alla terza presente in azienda) si trasmettono i valori del fondatore ma sanno aggregare anche manager provenienti dall’esterno. La cultura familiare ha plasmato l’ambiente aziendale, favorendo le relazioni con clienti e dipendenti – il turn over è molto basso, a ogni livello – e anche con la comunità. Come molte altre realtà produttive genovesi, Indemar a un certo punto ha avuto bisogno di spazi più ampi e li ha trovati a Busalla. Qui recluta il personale e supporta diverse attività sportive del territorio. Tematiche Esg, sviluppate quando questo acronimo era ancora da inventare.
Nel 2022 Indemar ha fatturato 28 milioni di euro. Attualmente impiega 80 dipendenti. Indemar spa, che è holding del gruppo e attiva nella commercializzazione dei prodotti nautici, rappresenta marchi importanti come OceanLED (luci subacquee per yacht), Seastar – Dometic (timonerie idrauliche e meccaniche), Kenyon (grill e piani cottura elettrici per yacht), Seafire (impianti antincendio per sale macchina), Mcs (pedali acceleratori elettronici), Nordic lights (fari da lavoro heavy duty a led). Indemar Industriale produce joystick meccanici e cavi meccanici oltre a comandi meccanici (leve a cremagliera, leva llvc, ecc…)
Ce ne parla Giovanni Gritta Tassorello, nipote del fondatore, Giampiero Lagorio, e amministratore delegato di Indemar Industriale.
«Indemar è nata a Genova, a Boccadasse, nel 1972, fondata da mio nonno Giampiero, come importatrice e distributrice di parti meccaniche per yacht, quando la cantieristica italiana, per nostra fortuna, ha avuto una grande crescita. Nel dopoguerra, finito lo smantellamento delle navi militari e con il boom economico degli anni Sessanta, sono nati i grandi cantieri italiani, che sono diventati nostri clienti, acquistando da noi quello che importavamo. In sostanza, fino a metà degli anni Ottanta Indemar è stata una realtà importante ma locale, un’azienda di import-export a cui per operare bastavano un ufficio a Boccadasse e un magazzino in piazza Rossetti. Poi è arrivata la crescita. C’è stata una breve parentesi in via Ilva, con uffici e magazzino, ma presto è stato necessario disporre di molto più spazio e la scelta è ricaduta su Busalla. All’epoca c’era anche la possibilità di trasferirsi a Genova Campi ma i miei nonni avevano una casa a Busalla, nella frazione di Sarissola, erano affezionati al posto, gradevole e con tanto verde. E quindi nel 1990 l’azienda si è spostata a Busalla, nella sede di via Guido Rossa, che è diventata l’head quarter di tutto il gruppo e ha avuto una forte crescita. I miei nonni hanno preso poi la residenza qua, gli ultimi dieci anni della loro vita sono stati residenti a Busalla dove si sentivano radicati e integrati».
– Quando è nata Indemar Industriale?
«Nel 1993, come produzione di comandi meccanici per applicazioni agricole e industriali. L’attività commerciale è rimasta in via Guido Rossa. La sede di produzione all’inizio era condivisa con quella commerciale, poi avendo bisogno di spazio ci siamo trasferiti in via Costalovaia, su questa collina, siamo stati tra i primi ad arrivarci, ora ci sono molti altri insediamenti. Nella parte industriale abbiamo quattro capannoni da 500 mq l’uno, Indemar commerciale occupa 1500 mq, principalmente magazzino e uffici».
– In Valle Scrivia avete trovato spazio e siete anche vicini all’autostrada.
«Un problema che riguarda tutta l’Italia e non solo la Liguria è gran parte del trasporto va su gomma, quello su rotaia sarebbe molto più efficiente, molto più veloce e dal minor impatto ambientale. C’è Rivalta Scrivia qua vicino, però manca tutta l’infrastruttura: come porto la merce a Rivalta e poi come la consegno a Viareggio, dove è insediata la maggior parte dei cantieri, se non c’è l’interscambio e i clienti devono andare a prenderla a Firenze? Tanto vale farla arrivare in camion».
– Quante persone impiegate e a quanto ammonta il fatturato?
«I dipendenti, considerate anche le sedi brasiliana e americana, sono 80, in Italia 65. Indemar Industriale ne impiega 40, Indemar 25 , il resto sono all’estero. Abbiamo una filiale commerciale negli Usa, nata di recente e gestita da una persona supportata da noi. Ci sta dando grandi soddisfazioni, senza il Covid di mezzo quest’anno fatturerà circa mezzo milione di euro, siamo partiti con 50 mila nell’anno del Covid. Bisogna dire che il sogno americano esiste. Negli Usa abbiamo aperto una inc, che è il corrispondente di una spa, con 900 dollari. Per aprirla ci abbiamo messo due settimane e avremmo potuto anche fare prima. Nel 2022 abbiamo fatturato 28 milioni di euro, distribuiti in maggioranza in Italia, Indemar industriale ha totalizzato 8,5 milioni e Indemar spa 18. I restanti sono stati ottenuti all’estero, in Usa con l’attività commerciale, in Brasile con la produzione, la stessa che facciamo qua, l’agricoltura da loro è molto estesa. Per quanto riguarda i prodotti nautici e automotive possiamo venderli solo in Italia e in alcuni paesi dove non sono presenti i distributori locali dei nostri fornitori. I prodotti di Indemar Industriale, essendo di nostra fabbricazione, possiamo venderli dove più ci aggrada, li vendiamo in tutta Europa, in Asia, in India, e negli Usa. Sarà obiettivo del gruppo portare la produzione anche negli negli Stati Uniti».
– Come avete seguito l’evoluzione del fatturato della nautica?
«Abbiamo iniziato con un prodotto che si chiamava Borg Warner, si trattava di invertitori per motori marini e negli anni Ottanta e Novanta se ne vendevano veramente tantissimi, poi i prodotti cambiano, se non avessimo aggiornato la gamma saremmo falliti negli anni Novanta. Grazie alla lungimiranza del nostro ufficio commerciale, a partire da mio nonno e dal suo braccio destro Roberto Bardi, c’è stato un continuo miglioramento della gamma dei prodotti, una costante attenzione ai trend di mercato, alla fine degli anni 10 del 2000, intorno al 2008-2009, nonostante imperversasse la crisi della nautica abbiamo trovato rappresentanze fondamentali che tuttora sono il perno della nostra attività, tra cui le luci subacquee. Negli anni a cavallo del 2010 le luci subacquee erano un optional carissimo, piano piano abbiamo fatto un lavoro complesso di convincimento, i nostri commerciali sono stati tanto bravi, tanto perspicaci, che adesso le luci subacquee non sono più un optional di lusso della barca, costituiscono lo standard minimo col quale i cantieri fanno gli allestimenti. Questo è un esempio significativo di come la gamma si è evoluta. Abbiamo prodotti di grandissimo successo, come le timonerie idrauliche, che gradualmente stanno diventando elettriche. Adesso quelle elettriche sono molto care, domani se ne venderanno tante. Le barche sono sempre più tecnologiche e noi seguiamo questo trend. Ci sono fiere che ti mostrano dove sta andando la nautica, bisogna essere bravi a capirlo e ottenere delle buone rappresentanze da portare in Italia, possibilmente in esclusiva. Un prodotto che stiamo inserendo in un’ottica di rinnovamento sono le batterie al litio, al momento sono assai costose ma di sicuro un domani, essendo molto efficienti, diventeranno popolari».
– Come avete superato la crisi della nautica?
«La cantieristica italiana ha un mercato di riferimento che non è l’Italia, molte barche prodotte qui vengono esportate. Anche noi nel periodo di crisi abbiamo sofferto come ha sofferto tutta la nautica, però avere avuto un prodotto e un servizio di qualità ci ha permesso di tornare subito in pista senza dover fare mosse correttive importanti. Lo dico con orgoglio, mio nonno all’epoca non ha licenziato nessuno, la Indemar in 50 anni non ha mai licenziato nessuno per carenza di lavoro».
– Con i dipendenti e i sindacati i rapporti come sono?
«Le persone per noi sono il perno della nostra attività. Anche con i sindacati siamo in ottimi ottimi rapporti, loro tutelano il dipendente, come è giusto che facciano, ma collaborano con l’azienda. E per noi la sicurezza è fondamentale. Utilizziamo le tecnologie più aggiornate, e ormai da decenni il gruppo Indemar si avvale dei migliori professionisti in tema di sicurezza sul lavoro per prevenire e salvaguardare la permanenza dei propri collaboratori all’interno di tutti gli uffici e le aree produttive. Impieghiamo parte dei nostri investimenti per rimanere sempre aggiornati con le normative vigenti. È importante garantire che chiunque lavori in Indemar possa farlo in sicurezza. Lo è sempre stato, da quando mio nonno ha fondato l’azienda, e sono ormai 50 anni. Inoltre, quando i risultati lo permettono, cerchiamo di gratificare i nostri collaboratori nel miglior modo possibile, senza di loro non saremmo in grado di crescere e di raggiungere gli obiettivi che ci siamo prefissati. Il nostro modo di fare impresa è proprio quello di tutelare il più possibile le persone che lavorano con noi e questa logica viene ripagata da un turn over veramente basso, abbiamo colleghi che sono con noi da trent’anni o più. Quasi tutta gente del posto».
– Quindi siete legati alla comunità locale?
«La valle Scrivia offre tanta manodopera e tante competenze, negli anni abbiamo collaborato anche con l’istituto tecnico di Borgo Fornari partecipando ai programmi scuola-lavoro, sempre con ottimi risultati sia per l’azienda che per gli studenti coinvolti. Sponsorizziamo diverse squadre locali, una di basket e una di calcio e alcune manifestazioni sportive, come le regate Mini Transat 6.50 nell’Oceano Atlantico e anche regate in Europa, io ho anche partecipato a una tappa».
– Non avete mai considerato la possibilità di entrare in un gruppo più grande?
«Indemar rimane a carattere fortemente familiare, qua ci sentiamo a casa nostra, siamo veramente una famiglia. Io sono in azienda da dieci anni, ho cominciato a lavorarci in estate quando facevo il liceo. Vorrei cogliere l’occasione per ringraziare innanzi tutto la famiglia che mi ha messo nelle condizioni di seguire le orme del nonno, che non è una cosa scontata, da quest’anno è arrivato in azienda anche mio fratello Pietro, sarà interessante lavorare con lui alle prossime sfide, poi ringrazio il mio amico e collega Michele La Torre, insieme cerchiamo di portare avanti ogni giorno gli insegnamenti che ci sono stati tramandati, e la mia fidanzata Giorgia che mi supporta e sopporta, sono felice di lavorare con lei. Quanto alle ipotesi di aggregazioni, ci fa piacere quando le grandi aziende sono interessate a noi ma abbiamo sempre risposto che non abbiamo intenzione di vendere. Se mai siamo interessati a ingrandire la nostra area di business, ad acquisire aziende, della nostra portata ovviamente, in Liguria o fuori, anche all’estero. Abbiamo già fatto una fusione nel 2012, quando abbiamo acquisito un nostro partner, un’azienda che stava bene, ma guidata da un imprenditore che ha preferito dedicarsi ad altro. Non essendoci altre persone interessate a portare avanti l’attività, abbiamo acquisito un ramo d’azienda molto affermata nel settore che ci serviva, tuttora i suoi prodotti sono molto importanti per il fatturato marino».
– E quindi qual è la vostra strategia di crescita?
«Il mio sogno è quello della quotazione in Borsa. Prima però vorrei avvicinarmi, tra acquisizioni e crescita per linee interne, a un fatturato più vicino ai 40 milioni che ai 30. Quindi non ho fretta di andare a Piazza Affari adesso. La quotazione è una cosa seria. Se non ho un piano industriale concreto, basato non sul vorrei fare ma su dei numeri, su cose concrete, mi rovino. Rovino il nome dell’azienda e il mio titolo vale poco, ottengo poco dalla quotazione e mi espongo a dei rischi che sono enormi, e una volta che sei bruciato, ciao, hai perso l’opportunità. Siccome il tempo è dalla mia parte, ho 30 anni, a una dimensione adeguata per andare in Borsa voglio arrivarci per step. Ci sono tanti aspetti che vanno considerati oltre alle dimensioni dell’azienda. Il nostro prodotto industriale è semplice, copiabile e copiato, sul mercato ci sono brutte copie e anche belle del nostro prodotto, mi disturba quando vedo l’ennesimo cinese che fa una brutta copia di quello che facciamo noi ma il mercato a cui tendiamo non è quello del copy&paste cinese, lavoriamo con i grandi costruttori, aziende worldwide che tra l’altro hanno assistenza nei vari altri paesi. Quindi alla Borsa voglio arrivare ma con calma, con una crescita organizzativa solida basata su fatturati stabili».
– Come è strutturato il vertice del gruppo?
«Il board è ben consolidato, composto da cinque persone più mio papà che è presidente, e le decisioni più importanti, strategiche, dell’azienda le prendiamo sempre insieme. Io sono a.d. di Indemar industriale e membro del board della holding. Il presidente della holding è mio papà, Benedetto Gritta. Gli altri del board sono Michele La Torre che è a.d. con me di Indemar Industriale e a.d. di Indemar, insieme a Roberto Bardi che è il nostro decano e a Paolo Gatti, direttore commerciale di Indemar commerciale e grande innovatore, si devono a lui molte innovazioni che abbiamo in termini di prodotti. L’altro commerciale importante, che ha una piccola quota aziendale, è Diego Baldini, responsabile del settore automotive per la distribuzione. Per la parte che produciamo noi c’è un altro direttore commerciale, l’unico socio di Indemar industriale, Gianluca Perego che ha il 10% di Indemar Industriale. La filosofia di mio nonno è una filosofia che paga, come dimostra il turn over basso. Le persone chiave se hanno un coinvolgimento attivo nelle scelte aziendali si sentono parte dell’azienda».
La holding Indemar ha il 90% di Indemar industriale, il gruppo è così formato: Indemar spa (azienda commerciale e holding del gruppo), Indemar industriale (azienda di produzione), Indemar do Brasil (azienda di produzione nata nel 2012 per il mercato brasiliana), Indemar North America (azienda commerciale nata a fine 2019). Il gruppo collabora anche con un azienda australiana per la produzione in loco. Per quanto riguarda i cda, sono così composti:
Indemar spa: Benedetto Gritta Tassorello (presidente), Roberto Bardi (ad), Michele La Torre (ad), Giovanni Gritta Tassorello (ad), Paolo Gatti (direttore commerciale), Diego Baldini, Mauro Carlo Rovida (commercialista). Bardi, La Torre, Giovanni Gritta Tassorello, Gatti, Baldini sono anche membri del board aziendale per le decisioni operative del gruppo
Indemar Industriale spa:
Benedetto Gritta Tassorello (presidente), Michele La Torre (ad), Giovanni Gritta Tassorello (ad), Gianluca Perego (direttore commerciale), Diego Baldini, Roberto Bardi.