“Bloccare una misura come la cessione dei crediti nell’edilizia sarebbe un paradosso per un Paese che deve necessariamente percorrere la strada della transizione energetica, anche alla luce delle ultime disposizioni assunte dalla Ue sul tema”. Con questo spirito le associazioni artigiane spezzine e i sindacati dell’edilizia hanno incontrato il viceprefetto Roberta Carpanese che invierà al governo una nota con dati specifici sullo stato dell’arte del settore alla Spezia.
Il confronto è stato richiesto in linea con l’azione concertata a livello nazionale che ha visto muoversi tutte le province italiane in relazione allo spinoso problema dell’incaglio della cessione dei crediti.
Erano presenti Marco Mariotti e Giuliana Vatteroni per conto di Cna e Confartigianato, Gianni Carassale per Fillea Cgil, Riccardo Badi per Feneal Uil e Davide Grazia per Filca Cisl. I referenti sindacali hanno delineato il quadro della provincia spezzina confermando che, qui come altrove, il blocco della cessione dei crediti, che sicuramente ha subito il colpo di grazia con l’ultimo decreto del 16 febbraio scorso, è una questione che sta attanagliando il sistema da ormai oltre un anno.
“Dal novembre 2021 − riferisce Cna La Spezia − la situazione si è pericolosamente fossilizzata: sia il precedente governo che l’attuale hanno introdotto una serie di modifiche che hanno cambiato in corso d’opera le regole dettate per il superbonus, creando incertezza tra i committenti, le imprese e, soprattutto, causando il blocco da parte delle Banche e della Posta sull’acquisizione dei crediti, anche su lavori già effettuati”.
I presenti hanno sottolineato come i dati evidenzino che, negli ultimi due anni grazie al 110%, l’edilizia è stato il fattore trainante della crescita del pil, producendo nuovi posti di lavoro, rafforzando le imprese già esistenti e dando una spinta tutt’altro che banale a tutto l’indotto, dagli infissisti agli impiantisti. Ma se il governo non troverà soluzioni efficaci e durature, in grado di dare certezze al settore, le conseguenze saranno drammatiche già a partire dal gennaio 2024. A oggi si è già fermata la forte richiesta di manodopera registrata nel 2021 e 2022, che arrivava dopo oltre un decennio di profonda crisi, e nuovamente aleggia lo spettro della cassa integrazione e, soprattutto, dei licenziamenti.
La misura è sicuramente costata, ma la spesa viene anche recuperata, dal valore aggiunto dato dalle maggiori entrate di iva allo Stato e dai contributi versati nelle casse previdenziali, ma anche per i benefici rilevanti conseguiti sul piano dell’efficientamento energetico che consentiranno minori consumi alle famiglie che sono riuscite a portare a termine gli interventi e meno emissioni atmosferiche, a beneficio della collettività.