Si è conclusa con un’asta di 49 opere, il 16 febbraio scorso, la mostra personale “Incanto” di Arianna Carossa, curata da Anna Daneri e Vita Roberta Cantarini. Aperta il 15 dicembre, la mostra si è articolata in tre spazi, le sedi genovesi di Sanpaolo Invest e Deloitte e quella di Stupendo, in vico Casana, uno “space for storytellers”, piattaforma aperta ai temi dell’arte, in un’ottica globale e non specialistica, che ospita oggetti curiosi e rari di ogni epoca (i suoi fondatori, Alessandro Ferrada e Iacopo Briano, da diversi anni propongono oggetti straordinari che vanno dalla paleontologia allo spazio).
Sanpaolo Invest Private e Deloitte Private, due aziende per certi aspetti affini ed entrambe fortemente presenti nel nostro territorio, hanno collaborato, offrendo all’artista spazio e visibilità, nell’ottica di un’integrazione tra business e cultura. L’interesse per il mercato dell’arte, che in questi anni ha ottenuto un notevole e costante aumento di valore, ha superato la cerchia degli attori tradizionali del settore e dei collezionisti, coinvolgendo wealth manager e private bannker.
L’esposizione delle opere si è distribuita, quindi, nei luoghi dell’investimento e della finanza, e in una galleria non tradizionale che espone “mirabilia”. Sedi coerenti con il tema della mostra, che indaga le connessioni tra diversi elementi della realtà. Arianna esplora gli interstizi che si aprono tra diversi componenti – individui, materie, forme – messi in relazione nella loro eterogeneità e apparente incomunicabilità. La tensione che emerge da questi accostamenti è la ragione del fascino delle opere esposte.
Incanto non vuol dire solo fascino e seduzione, è un termine usato anche per le aste. E la mostra di Arianna si è conclusa nella sede di Deloitte con un’asta, battuta da Willy Montini.
Un’asta innovativa, non solo per l’originalità delle opere esposte ma anche per il suo scopo: che è quello di istituire una borsa per artista indipendente, senza vincoli di età né di genere, che dimostri di essere libero dalla fliliera di produzione tradizionale del mercato dell’arte, non essendo rappresentato da nessuna galleria. L’asta e la mostra, quindi, incoraggiano i giovani a un modo di lavorare che modifichi il sistema produttivo dell’arte.«Il premio, che chiameremo fondo per artisti indipendenti – precisa Arianna Carossa a Liguria Business Journal – sarà dedicato a quegli artisti che si sono distinti nel loro percorso come indipendenti e autonomi rispetto al sistema delle gallerie, prendendo decisioni anche controcorrente rispetto al sistema. Il board del premio sarà composto da Anna Daneri, Arianna Carossa, Willy Montini, Vita Roberta Cantarini, Fabio Ferrari e un esponente di Deloitte».
Arianna Carossa è nata a Genova e lavora a New York. Ha iniziato la sua carriera come pittrice esponendo nel 1999 all’Arc Gallery di Chicago, alla Biennale d’arte contemporanea a San Pietroburgo presso il Museo Ermitage, alla Biennale degli artisti del Mediterraneo in Tunisia, lavora Londra con la Dostoevsky Foundation. Nel 2005 sposta il focus della sua attività sulla scultura, trasferendosi poi nel 2010 attraverso il premio dell’ISCP a New York, dove attualmente vive. Nel suo lavoro fa uso di tecniche diverse, pittura, scultura, perfomance, video. Nel 2014 esce il libro “The aesthetic of my disappearance” lanciato dal Moma/PS1. Partecipa al sessantesimo premio Faenza per la ceramica al Museo MIIC, espone durante Documenta 11 al Kunstbalkon di Kassel, al MACRO di Roma, al Lower Manhattan Council di New York, alla Fondazione Antinori, Firenze, al Vittoriano a Roma, al Museo di Villa Croce a Genova, al Museo della Miniera di Città del Messico, all’Istituto italiano di cultura di Città del Messico e di New York, PS1 New York, vince nel 2020 il premio NYFA della città di New York.
«Ho lavorato per molti anni con gallerie – aggiunge Carossa – e non escludo di farlo ancora ma voglio che l’artista trovi degli spiragli di libertà. La galleria gli fa da manager e fa il mercato insieme all’asta, tratta con i collezionisti al posto dell’artista. È vero che questo sistema garantisce l’artista ma lo separa dai giochi finanziari. È la galleria che fa il mercato, con le aste e le esposizioni. Io lavoravo con due gallerie, un giorno ho detto: mi do un po’ da fare. Mi sono rivolta direttamente alle aziende, a Eataly a New York, poi a Kartell per una mostra a Miami. Poi mi hanno contattato Sanpaolo Invest di Genova e Deloitte. E ora sto lavorando con un’azienda italiana a un grande progetto che verrà realizzato nel deserto del Mojave, in California».