Il porto di Genova è più avanti degli altri a livello italiano nell’ambito della transizione ecologica, eppure manca il contesto normativo per rendere utilizzabili le infrastrutture di cold ironing (elettrificazione delle banchine), già presenti in città. Al momento quella del porto di Pra’ è ancora inutilizzata.
Per questo Confindustria Genova si fa sentire attraverso un position paper (un documento di sintesi che rappresenta una presa di posizione) illustrato da Sonia Sandei, vicepresidente vicario di Confindustria Genova con delega all’Execution del Pnrr e alla transizione ecologica del porto.
«Abbiamo compiuto un’analisi che riguarda sia le fonti, sia le difficoltà normative che ci sono per mettere a terra i 700 milioni del Pnrr a livello nazionale per avere non solo un porto decarbonizzato ma anche operatori che lo rendano concreto. Se non c’è un servizio competitivo che l’armatore può usare, l’infrastruttura costruita rimane una cattedrale nel deserto».
Non è solo questione di prezzo, afferma Sandei, anche se quello è certamente uno dei nodi. Al momento il costo dell’energia elettrica in banchina non è fissato, ma a mancare è proprio la definizione di tutto il complesso come un servizio che comprenda la manutenzione, il dialogo tra i sistemi a terra e a bordo, la gestione dell’attacco e dello stacco alla corrente elettrica fatta da persone preparate. «Una normativa che definisca tutto questo manca in Italia − ricorda Sandei − una questione che porremo al nuovo governo, in particolare al Mims».
Non solo transizione ecologica quindi, ma anche transizione burocratica.
Tuttavia il cold ironing è solo uno dei punti del paper: secondo Confindustria i porti di Genova e Savona devono essere piattaforme in grado di erogare diversi tipi di carburante a partire dal gas naturale liquefatto per arrivare all’idrogeno verde.
Beniamino Maltese, che in Confindustria ha la delega all’Economia del Mare, conferma che su Vado Ligure è ancora in piedi l’idea di un deposito di Lng.
«Un altro tema – sottolinea Sandei – è la filiera della cantieristica green: l’armamento sta investendo sulle motorizzazioni innovative e le imprese genovesi possono dire la propria. Le nostre riparazioni navali possono ambire a giocare un ruolo di primo piano sulle navi ad alta tecnologia».
Maltese conferma: «Nel giro di pochi anni la flotta delle petroliere sarà obbligata a un revamping, i traghetti per le isole avranno necessità di retrofit, perdere lo slot di attrezzarsi in anticipo sugli altri è guardare con occhi miopi al domani, il Porto deve lavorare come piattaforma di supporto per armamento».
Per un armatore che attracca a Savona, per esempio, il costo dell’energia elettrica da banchina è circa del 20% in più rispetto a quello attuale.
A Marsiglia traghetti e navi da crociera sono già obbligati ad agganciarsi alla rete elettrica. Il porto ha fissato un tetto prima della guerra, però scarica in parte sul privato il costo dell’infrastruttura con una “tassa” di due euro a passeggero.
Il futuro è comunque un mix, un mosaico di opzioni che dipendono dalle caratteristiche della nave, del mercato, degli scali.
«Il Pnrr ha stanziato 700 milioni di fondi per i porti italiani, un investimento ingente che offre una occasione unica per l’efficientamento e l’ammodernamento delle infrastrutture portuali. Serve un impegno forte e coordinato di tutti gli attori coinvolti, da parte della Pubblica Amministrazione, le Autorità di Sistema Portuale, e da parte degli operatori privati, Confindustria e le imprese a essa associate, per realizzarlo il più rapidamente possibile, superando insieme le difficoltà, anche sfruttando le possibilità offerte dagli strumenti di partenariato pubblico privato».