Un momento storico unico: negli ultimi due anni, complice il Covid, i noli marittimi sono andati alle stelle, con utili inaspettati per le compagnie. La questione ha influenzato la vita quotidiana di tutti e non soltanto di chi si occupa del settore dei trasporti e portuale. Per questo il seminario organizzato dal Gruppo Giovani di Assagenti “Noli marittimi: dai container al tramp – analisi e conseguenze della tempesta perfetta” era particolarmente atteso, con una cinquantina di persone in presenza e oltre duecento collegate da remoto.
Gian Alberto Cerruti, presidente del Gruppo Giovani Assagenti commenta: «Il Covid ha impattato anche sul business e questo seminario è servito per analizzare cosa è successo ai noli marittimi. Le problematiche logistiche, la carenza di stiva, le questioni geopolitiche avranno un impatto anche in futuro. Per questo abbiamo voluto discuterne insieme per capire cosa succederà. Non vogliamo insegnare niente a nessuno, ma condividere il nostro punto di vista sperando di offrire spunti di riflessione». La prospettiva è che queste cifre non siano destinate a diminuire presto, di sicuro non nei prossimi due anni.
L’analisi di scenario è stata affidata a Filippo Cimellaro, Sales Director di Hapag Lloyd Italy (container), Eugenio De Paolis, Shipbroker e Ceo di Bulk Mare (rinfuse secche) ed Ennio Palmesino, docente dell’Università degli Studi di Genova, con una lunga esperienza nel settore delle rinfuse liquide. Proprio quest’ultimo ambito ha subito due picchi al rialzo per motivi molto diversi e tutti esogeni: boicottaggi, tensioni geopolitiche, Covid, guerra in Ucraina. A fine 2019 la necessità di stoccaggio di petrolio su navi galleggianti per scarsità di stiva, dovuta all’adeguamento sulle emissioni Imo2020 e a diversi incidenti diplomatici, ha provocato un aumento dei noli a oltre 300 mila dollari al giorno per le superpetroliere (Vlcc). Con il Covid il prezzo del petrolio è crollato, ma è partita la corsa ad accaparrarsi navi per stoccare il greggio, attraente perché a basso prezzo, ma non consumabile subito. Dopo un 2021 stabile, si è vista una sola altra puntata dei noli, il mese scorso, dovuta alla guerra in Ucraina, ma si è trattato di un fenomeno solo regionale e che ha toccato più le Aframax che non le portate più grandi. La guerra potrebbe creare alla lunga una situazione favorevole agli armatori: una momentanea chiusura di un’area di imbarco induce i trader ad acquistare greggio alternativo da altre aree. Ma anche quando l’isteria dei noli finisce, il mercato comincia a riadattare la matrice delle origini e delle destinazioni dei carichi. Se il greggio alternativo viene da più lontano, aumenta la domanda di stiva e gli armatori potranno chiedere noli più alti.
Per quanto riguarda le rinfuse secche il boom dei noli è legato al blocco dell’ingranaggio logistico a cui si era abituati: il just in time. Con il Covid non è stato più possibile. Inoltre le nuove tecniche legate al rispetto delle direttive “green” hanno raffreddato gli investimenti degli armatori nella costruzione di nuove navi e l’aumento del costo del combustibile ha influito ulteriormente.
Sul container si hanno condizioni che non si verificavano da molto tempo e chissà per quanto sostenibili da tutta la filiera. Dopo il lockdown la domanda mondiale è cresciuta del 9,3% e nel 2022 il dato atteso è positivo anche se non a quel livello. Cresce la domanda di container per ogni tratta (atlantica, transpacifica, Far East) e, per guardare solo l’Italia, sino al 2025 le previsioni di Hapag Lloyd sono un +4% sia per Usa sia per Far East. Il problema è che oggi il rispetto delle schedule è al di sotto del 50% per tutti i vettori, mentre in precedenza si arrivava all’80-90%. I terminal sono congestionati e il blocco del porto di Shanghai avrà un ulteriore impatto, vista la quantità di container impossibilitati a viaggiare.
Tre i case study raccontati da Matteo Pacchiarotti, Head of Sales Ocean Network Express, Luca Rossi, Senior Sales and Marketing Manager di Arkas Italia e Augusto Cosulich, presidente e Ceo di Fratelli Cosulich Group.
La reddittività inaspettata per One ha significato investimenti su nuove navi o sulla digitalizzazione, velocizzando lo sviluppo dei piani green. Inoltre è cambiato anche il rapporto con i caricatori, con accordi più a lungo termine per quelli diretti (2 o 3 anni) e una maggiore prudenza nei confronti degli spedizionieri per non bloccare entrambe le parti. Lo short sea ha beneficiato negli ultimi due anni del fatto che i global carrier si sono concentrati su rotte più redditizie, provocando un aumento dei noli anche nel Mediterraneo. La Turchia si è in parte sostituita alla Cina come fornitore dell’Europa grazie anche alla svalutazione della Lira turca e a transit time molto più brevi.
La guerra in Ucraina ha indotto Cosulich a trovare soluzioni logistiche nell’impossibilità di utilizzare le acciaierie Metinvest: «Stiamo lavorando per far arrivare il materiale in Croazia; dobbiamo pensare ai piani B, siamo pagati per questo, le aziende si affidano a noi. Le sanzioni sono un problema, penso all’Iran con cui fino al 2017 avevamo una grossa attività; cerchiamo di spingere affinché vengano cancellate, perché sarebbe una grande opportunità per l’Italia alla luce di ciò che sta succedendo tra Russia e Ucraina. Però non dobbiamo dimenticare un aspetto importante: servono persone competenti ed entusiaste che abbiano voglia di fare questo lavoro non facile».
Paolo Pessina, presidente di Assagenti, commenta: «Inizialmente l’aumento dei noli è stato scambiato per una speculazione delle compagnie, in realtà si è capito che non è la verità. Tutti siamo stati colti di sorpresa. Con l’aumento del costo delle materie prime e della trasformazione dei prodotti finiti, tutti i giorni chi fa la spesa si trova ad avere a che fare con incrementi di prezzo, ma una lezione imparata oggi è che la merce si riposiziona immediatamente. Si trovano i modi per evitare sanzioni o colli di bottiglia».
Pessina ha dato appuntamento al prossimo evento in presenza, che sarà l’Assemblea Annuale di Assagenti, in programma il 13 giugno.