Da una parte Genova spezzata in due, con i suoi amministratori impegnati a trovare soluzioni per riconnettere la parte di ponente con quella di levante e per scongiurare la crisi del porto, dall’altra le esigenze demagogiche del governo. Due poli che ieri forse hanno trovato una parziale conciliazione.
Già poche ore dopo la tragedia del 14 agosto Conte, Di Maio, Toninelli e Salvini avevano indicato in Autostrade per l’Italia l’unico responsabile.
La società dei Benetton è concessionaria del tratto che comprende Ponte Morandi, ed è ovvio che sia chiamata a rispondere di quello che è accaduto. Ma le effettive responsabilità di Autostrade e di altri eventuali soggetti potranno essere stabilite con certezza soltanto a conclusione di accertamenti e indagini, non nel corso di processi sommari tenuti in piazza. Il governo ha scelto la via del capro espiatorio. Colpire il capro espiatorio in genere riconcilia gli antagonisti e rinsalda l’unità del corpo sociale. E un governo composto da due parti tenute insieme da un “contratto” di rinsaldare l’unità ha sempre bisogno. In questo caso, poi, indicare un capro espiatorio permette di presentarsi come giustizieri, difensori del popolo contro gli speculatori e simili. Occasione ghiotta. La scelta forcaiola ha reso bene, lo dimostrano gli applausi ai ministri al funerale delle vittime.
Il governo, però, non si è fermato qui e ha escluso Autostrade dalla costruzione del nuovo viadotto. La società si era dichiarata pronta a realizzare l’opera, a proprie spese, in otto mesi. Del resto, essendo concessionaria, questo sarebbe il suo compito. Poi aveva inviato al governo un progetto che prevede demolizione e ricostruzione del ponte da realizzarsi in nove mesi decorrenti dalla sua approvazione e dalla disponibilità delle aree. Sul progetto si era dichiarata pronta a «impegnarsi contrattualmente al rispetto dei tempi indicati, fornendo garanzie economiche al riguardo». I nostri amministratori avrebbero potuto rispondere: «Benissimo, vi prendiamo in parola, fate questo ponte. E sia chiaro che il vostro impegno di oggi non cancella quanto è accaduto e non modifica la nostra scelta di revocare la concessione». Niente. Si è parlato di tutto, di affidare i lavori a Fincantieri, che saprà anche costruire dei ponti in acciaio ma usualmente fa navi e non viadotti, di un ponte-parco giochi, ecc…. Ora bisogna prevedere la possibilità di ricorsi, della stessa Autostrade e di altri, perché il concessionario in fatto di appalti deve sottostare a una normativa diversa rispetto a chi concessionario non è, quindi sono possibili spese aggiuntive, utilizzo di risorse altrimenti destinate alla città, ritardi, ecc… Una nebulosa di inutili complicazioni che rende più difficile il lavoro del commissario e danneggia Genova.
Ieri alla Camera, con l’approvazione dell’emendamento 1.100 al Dl Genova, provvedimento che escludeva Autostrade dalla demolizione di Ponte Morandi e dalla costruzione del nuovo viadotto, i relatori hanno cancellato il comma 7 dell’articolo 1 che trattava di operazioni propedeutiche. Il che sembra significare, in pratica, che si lascia al commissario la possibilità di coinvolgere eventualmente Autostrade nei lavori di rimozione e demolizione. Relatori dell’emendamento sono Flavio Di Muro, leghista ligure, vicino alla realtà genovese, e Gianluca Rospi, M5S, ingegnere edile. Ci si potrebbe domandare per quale ragione Autostrade possa essere coinvolta nella demolizione e non nella realizzazione del ponte ma per ora conviene accontentarsi di questo rivolo di pragmatismo comparso tra le montagne della demagogia.