A cinquant’anni dalla frana di via Digione a Genova (1968-2018) l’Ordine dei Geologi della Liguria ha organizzato un convegno per parlare di corretta gestione del territorio e di geomorfologia urbana. All’incontro “Conoscenza del Territorio e Mitigazione del rischio” ha partecipato non solo l’Ordine dei Geologi della Liguria, ma anche il Centro Studi Sotterranei e Sigea, Società Italiana di Geologia Ambientale. Il convegno si è svolto nell’aula magna dell’Istituto Einaudi-Casaregis-Galilei in piazza Sopranis 5 a Genova.

«Il convegno non vuole essere un momento meramente commemorativo, ma un’occasione per rivolgere uno sguardo al futuro e riflettere sul corretto uso del territorio e la gestione dei rischi naturali, in particolare per quanto riguarda la prevenzione – afferma Carlo Civelli, presidente dell’Ordine dei Geologi della Liguria – Rispetto a cinquant’anni fa la percezione sociale dei rischi naturali (frane, alluvioni, terremoti) è notevolmente aumentata e le amministrazioni pubbliche hanno affinato i mezzi di conoscenza rendendo obbligatori gli studi dei geologi sia all’interno della pianificazione territoriale, sia per i singoli interventi. Tuttavia la conoscenza di un territorio soggetto a un estremo dinamismo come quello ligure, sia per quanto riguarda i processi geomorfologici sia per quanto riguarda le interazioni tra questi ed il costruito/costruibile, va costantemente aggiornata e approfondita. La corretta gestione del territorio e la prevenzione dei rischi ha come base imprescindibile la conoscenza: il convegno vuole quindi essere uno stimolo per le pubbliche amministrazioni e per la cittadinanza per aumentare la conoscenza del territorio e non sottovalutare in fase di gestione dello stesso le peculiarità e pericolosità che lo caratterizzano».
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Secondo Stefano Saj, presidente di Centro Studi Sotterranei, «La conoscenza completa di un territorio, soprattutto in zona urbana, non può limitarsi alla sua superficie ma necessita di uno sguardo approfondito al sottosuolo e alle sue preesistenze antropizzate. Sotto la superficie della città di Genova si estende una fitta rete di gallerie e condotti che si ramifica per quasi cento chilometri e costituisce una sorta di “città rovesciata”. Cinquant’anni fa la frana di via Digione demolì una parte di un condominio e ostruì gli accessi alla galleria del rifugio antiaereo scavato in quell’area nel 1943. Questo è uno dei ricoveri cosiddetti “in galleria”, fatti approntare dal Comune durante il periodo bellico. Il Css ha condotto varie esplorazioni all’interno di quella e di molte altre strutture ipogee e da anni auspica ed è attivo perché Genova si doti di un Piano Regolatore del sottosuolo come già hanno fatto altri centri europei. Uno strumento che sarebbe fondamentale per una pianificazione urbana sostenibile e resiliente».
A ricordare quello che accadde in via Digione è il geologo Vittorio Bonaria: «Il 21 marzo 1968 alle 18,40 circa una massa di roccia stimabile in 16 mila m3 di volume (circa 40 mila tonnellate di peso) si stacca dal fronte di una cava abbandonata e travolge il sottostante condominio di via Digione facendone collassare un’intera ala. Trentaquattro sono gli appartamenti distrutti e diciannove i morti di cui diciassette tra donne e bambini. Per le vittime non ci sarà giustizia penale né ci sarà giustizia civile per i numerosi sinistrati. La tragedia che sconvolge la città di Genova – prosegue Bonaria – è il risultato della totale imperizia che per grande parte del XX secolo contraddistingue lo sviluppo urbanistico ed edilizio del capoluogo ligure. Il tessuto urbano si sviluppa velocemente in totale spregio del delicato assetto idro-geomorfologico del territorio».
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La triste vicenda del civico 8 di via Digione, accaduta solo cinque anni dopo la catastrofe del Vajont (duemila morti) e due anni prima dell’alluvione del Bisagno (quarantaquattro morti), può essere considerata una delle prime tragiche tappe che hanno imposto, a livello nazionale, una presa di coscienza e una consapevolezza dell’importanza della prevenzione del rischio idrogeologico.
«Saranno tuttavia necessarie numerose ulteriori tragiche lezioni e numerosissime vittime inermi prima che vengano resi obbligatori strumenti urbanistici corredati da efficaci studi geologici e geomorfologici per individuare e perimetrare aree pericolose o esposte a elevato rischio», conclude Bonaria.