Il Timorasso è un vitigno autoctono della provincia di Alessandria, a bacca bianca, di gran qualità. Il suo è un vino che gli agricoltori delle valli Curone, Grue, Ossona e Borbera hanno prodotto fin da tempi remoti, ma che solo in tempi recenti, verso la fine degli anni Ottanta, hanno ripreso a impiantare. Berlo e ripercorrerne la storia è un bel modo di passare una serata. Se poi lo si beve in compagnia del produttore che in pratica lo ha salvato dall’oblio, Walter Massa, e lo propone in cinque versioni diverse, secondo il tappo – di sughero, a corona, a vite, ardeaseal (elastomero termoplastico), nomacorc (base carbonio) – allora la serata diventa un’avventura dello spirito. È la sorte felice che attende i soci del Club Amici dell’Ippopotamo che domenica 29 ottobre risponderanno all’invito in questo caso alla La Bottega del Re, in via Guerrazzi per una degustazione “quasi scientifica” del Timorasso, seguita da cena.
Ma chi è l’Ippopotamo? Nell’Africa subsahariana, dove vive, è quel grosso animale che ama l’acqua. A Genova è un avvocato di notevole stazza, che ama il buon vino. Enrico Sala, 53 anni, genovese di origine milanese, avvocato civilista, non solo ama il buon vino e il buon cibo ma ama farli conoscere e capire e gustare in compagnia. Lo spirito conviviale lo ha spinto a fondare il “Club Amici dell’Ippopotamo” che oggi conta circa 1.500 iscritti, invitati più o meno una volta al mese a serate gastronomiche come quella del 29 ottobre, in cui il protagonista, vino o cibo che sia, viene gustato e illustrato in tutti i suoi aspetti, dalle caratteristiche organolettiche alla storia, alla produzione. Ma senza pedanterie e formalità, in tutta allegria, come si conviene tra amici a tavola.
«Ho iniziato il mio percorso enogastronomico a fine anni 90 con Slow Food, a cui devo molto di quello che ho imparato e che ha grandi meriti, tra cui quello di fare luce su tutto ciò che sta dietro il prodotto, storia, processo produttivo, relazione con l’ambiente. Sono stato responsabile della Condotta di Genova fino al 2010. Poi in Slow Food hanno preso sempre più importanza gli aspetti organizzativi, che a me interessano poco. L’impegno in Slow Food si faceva meno divertente, diventava quasi un lavoro, e allora ho lasciato».
L’interesse per l’enogastronomia è rimasto. «Sì e volevo condividere con altri quello che avevo imparato in dodici anni. Mi dispiaceva anche perdere tanti contatti che avevo messo insieme. Allora ho deciso di fondare un club, dove le persone potessero stare insieme nella convivialità e fare esperienze».
La convivialità non esclude, anzi presuppone l’attenzione verso gli altri. E il club di Sala raccoglie fondi per la beneficenza. All’ultimo incontro una lotteria a premi (enologici, ovviamente, con la cassetta delle dieci annate della barbera “Prof.” in evidenza) ha consentito un apprezzabile contributo a beneficio dell’associazione spezzina “Dopo di Noi“, che si occupa di avviare il futuro dei ragazzi autistici dopo la scomparsa dei genitori o parenti più stretti.
Per diventare Amici dell’Ippopotamo non occorrono iscrizioni, tessere, quote associative. Basta iscriversi alla newsletter. Si riceverà una volta al mese la proposta di partecipare a un evento. In genere ogni volta sono presenti cinquanta-sessanta soci.
«Non ci sono formalità – conferma Sala – neppure nelle newsletter che mando, non c’è il logo. Ci sono cordialità, amicizia, voglia di stare allegri insieme e di conoscere quello che troviamo in tavola».