È terzo in Liguria tra i “Luoghi del cuore” censiti dal Fai, ma da lunedì prossimo il segretariato permanente del Santuario dei Cetacei Pelagos formalizzerà il suo trasferimento nel Principato di Monaco. La regia dell’accordo fra Italia, Francia e Monaco ha lasciato la sua sede genovese di Palazzo Ducale già dallo scorso settembre per trovare spazio nella “Tour Odéon”. E nel piccolo Principato è aria di festa: ha preso il via oggi una maratona di eventi, “Monaco Ocean Week”, tutti dedicati ai 15 anni dalla ratifica dell’accordo che istituiva una zona di salvaguardia nel Mediterraneo settentrionale.
Le iniziative a favore di balene e cetacei trovano dal lato francofono dell’accordo un retroterra fertile: la parte francese anima le attività di Pelagos dal Parco nazionale di Port Cros, alle isole Porquerolles, con fondi e personale dedicato, mentre l’Italia si è affidata al ministero dell’ambiente a Roma. Monaco, su impulso del principe Alberto e della sua Fondazione, ha avviato ormai una politica fortemente impegnata nella protezione dell’ambiente, rafforzata solo la scorsa settimana dalla pubblicazione di un libro bianco sui cambiamenti climatici che punta all’obiettivo della “neutralità carbonica” entro il 2050.
La tutela dei cetacei nel loro habitat è però la vera sfida per un santuario che altrimenti rischia di rimanere solo sulla carta: è ancora una volta francese la creazione del sistema “Repcet”, una sorta di Gps basato sulla partecipazione che permette alle grandi navi di evitare collisioni con le balenottere nei corridoi marittimi. Ancora troppo poche le installazioni, limitate ad alcune navi di compagnie d’oltralpe come La Méridionale, Orange marine (in programma anche per alcune navi battenti bandiera italiana), Gazocean/Gdf Suez e la stessa Marine nationale. I grandi cetacei sono minacciati dalle collisioni, in particolare nell’Atlantico del Nord e anche nel Mediterraneo secondo l’International Whaling Commission, che parla di un «tasso di mortalità particolarmente alto in confronto alla popolazione delle balenottere comuni». «Abbiamo contattato gli armatori italiani ma finora la campagna di sensibilizzazione non ha avuto risultati positivi», spiegano dall’associazione “Souffleurs d’Ecume”, con sede nel dipartimento del Var francese. Repcet ha un costo di 250/300 euro mensili per ogni nave, che i suoi sviluppatori definiscono «marginale rispetto ai costi di gestione di questo tipo di imbarcazioni».
Infine il whale watching, pratica turistica apparentemente innocua che però non è al riparo da ricadute negative (e perfino da collisioni) con la fauna marittima: solo la Francia ha varato un marchio per le attività che organizzano escursioni di qualità e responsabili. L’Italia, per ora, insegue: si moltiplicano le sottoscrizioni dei Comuni liguri e toscani alla carta di partenariato Pelagos, ma aldilà di qualche evento puntuale ed alcune eccellenze (soprattutto in campo di ricerca scientifica) la sensazione è che la “costruzione del santuario” sia ancora molto lunga.