«Doria faccia chiarezza con la sua maggioranza. Esaurita la fase referendaria l’incertezza sul futuro politico della maggioranza in consiglio comunale e del sindaco Marco Doria rischia di creare un immobilismo, che non farebbe bene alla città»: il Pd invita il sindaco di Genova Marco Doria ad annunciare se intende ricandidarsi e lo fa con un comunicato della segreteria provinciale genovese, uscito nella tarda serata di ieri dopo una riunione di analisi del voto referendario. «Non vogliamo semplicemente sapere se Doria si ricandiderà – precisa a Liguria Business Journal il segretario provinciale Alessandro Terrile – ma riteniamo necessario che il sindaco condivida le proprie intenzioni con le forze politiche che lo sostengono in consiglio comunale».
La nota stampa della segreteria provinciale definisce quindi «prioritario, che nei primi giorni della prossima settimana, al ritorno dalla sua missione in Cina, il sindaco convochi una riunione di maggioranza, nella quale si definiscano le decisioni amministrative da mettere in atto negli ultimi mesi di mandato, e si condivida una prospettiva politica verso le elezioni comunali».
Se l’attuale sindaco decidesse di non ricandidarsi, il Pd genovese potrebbe tentare di proporre un candidato unitario ed evitare le primarie, elemento di ulteriore complicazione e possibili lacerazioni in una fase come questa, in cui deve essere ancora trovato un riassetto dopo il referendum. Se Doria, che tra l’altro non fa parte del Pd, e soprattutto non riscuote la fiducia di diverse componenti del partito, riproponesse la propria candidatura, sarebbe impossibile evitare le primarie e probabilmente il Pd esprimerebbe più di un candidato.
Per quanto riguarda l’esito del referendum, secondo Terrile «è un dato complesso: noi non siamo stati in grado di far capire i tanti punti qualificanti della riforma, d’altra parte il voto esprime non solo una bocciatura della riforma ma anche di Renzi e del governo. Ed è anche un voto di protesta genericamente anti establishment che probabilmente avrebbe colpito qualsiasi governo».
Il 40% dei voti contro un 60% espresso da un fronte eterogeneo potrebbe essere considerato per certi aspetti una piattaforma robusta da cui ripartire per risultati migliori. «Quel 40% non è certo da disprezzare ma – avverte Terrile – non è affatto una piattaforma da dare per acquisita. È evidente che in quel voto c’è anche una componente moderata che può non ritornare. A parte il fatto che oggi l’elettorato è molto mobile e di volta in volta decide per chi votare, non dimentichiamo che si è trattato di un referendum, di un’occasione diversa dalle elezioni. Per il futuro, tanto a Genova come nel Paese, dobbiamo stringere i legami con certe aree e forze sociali tradizionalmente della sinistra che in passato abbiamo un po’ lasciato allentare. Per vincere dobbiamo costruire una coalizione di centrosinistra ».