È partito questa mattina il “tour” regionale sulle cave e le attività estrattive in Liguria. Cinque momenti di confronto, iniziati a Genova, che la Regione ha voluto organizzare con gli addetti ai lavori, per capire le necessità e le richieste di un settore storicamente importante dal punto di vista economico, ma che ha subito una profonda crisi.
In Liguria le cave non sono solo sinonimo di ardesia: l’attività estrattiva riguarda anche quei materiali necessari alla realizzazione delle difese spondali, ai ripascimenti delle spiagge, fino all’asfalto drenante. I dati 2015 parlano di circa 1 milione di metri cubi di materiale estratto dalle cave a cielo aperto e di circa 12 mila metri cubi di ardesia. In entrambi i casi, numeri in forte calo almeno da una decina di anni. Circa 700 i dipendenti diretti delle imprese del settore.
«Partiamo dal fatto che dal 2001 non c’è più un piano cave – commenta l’assessore regionale all’Urbanistica Marco Scajola – Questa attività ha quindi bisogno di una riorganizzazione: non possiamo procedere con continue proroghe che trasmettono solo incertezza agli operatori. Per questo mettiamo in atto un piano di riordino e di valorizzazione, sia di cave che hanno ancora ragione di esistere, sia di quelle che invece dovranno essere chiuse ma che potranno essere rilanciate, anche dal punto di vista turistico e culturale, previa messa in sicurezza».
L’ultimo aggiornamento del Piano regionale del 2000 parla di 77 cave a cielo aperto in Liguria: 12 in provincia di Imperia, 20 a Savona e a Genova, 25 alla Spezia. Un numero che si è quasi dimezzato dal 1990, quando se ne contavano 144. Di queste 77 schede di “areali di cava a cielo aperto”, quelle autorizzate sono 56: si tratta di 36 in attività anche nel 2015, 6 avviate di recente o in corso di attivazione (di cui non si hanno ancora a disposizione dati sull’attività estrattiva) e 14 che non hanno estratto materiale nell’ultimo triennio. Le altre schede comprendono 12 realtà cessate o in via di esaurimento e 9 poli estrattivi previsti e non attivati (che potrebbero quindi non essere confermati nel nuovo piano).
I numeri diventano ancora più esigui quando si parla di ardesia: in questo caso si tratta di cave sotterranee e sono solo 38 quelle autorizzate sulle 64 totali (erano 89 negli anni Ottanta). Di queste, solamente 21 hanno estratto del materiale nell’ultimo triennio, mentre 17 risultano sospese. L’attività estrattiva di ardesia è concentrata in tre zone in Liguria: la Fontanabuona (nell’entroterra di Genova), l’imperiese (in particolare la zona di Triora) e lo spezzino (alle spalle di Portovenere).
Dopo l’incontro di questa mattina nella sede della Regione Liguria, si continuerà a parlare di Piano Cave negli appuntamenti di Cairo Montenotte (mercoledì 26 ottobre), La Spezia (mercoledì 9 novembre), Orero (mercoledì 16 novembre) e Imperia (mercoledì 23 novembre). «Credo che da una parte riusciremo ad aiutare gli imprenditori a rilanciare la propria attività – afferma Scajola – e dall’altra, salvaguardando il territorio, riusciremo anche a trovare una nuova destinazione a quelle cave che dovranno essere chiuse».