Scade oggi alle 18 il termine di 30 giorni previsto dalla procedura di cessione per presentare la manifestazione di interesse all’acquisizione dell’Ilva, in affitto anche con opzione di acquisto.
La cessione, prevista da un avviso internazionale lanciato dai commissari straordinari dell’Ilva a gennaio, è stabilita dalla legge approvata in Parlamento, l’1 febbraio.
Entro giugno prossimo, secondo la legge, dovrà essere individuato il nuovo soggetto gestore dell’Ilva.
Finora hanno reso nota la presentazione della propria manifestazione di interesse il gruppo siderurgico Marcegaglia e la Cassa Depositi e Prestiti, che fa capo per l’80% al ministero dell’Economia. Si parla anche di interesse da parte di diversi trader dell’acciaio, italiani e stranieri.
Ma, per ora, si tratta di manifestazioni di interesse, non vincolanti, che consentono di accedere ai dati del gruppo per poterlo valutare.
Decisive saranno le offerte della seconda fase prevista del bando. E qui le incognite non mancano. A parte il fatto il fatto che la congiuntura attuale dell’acciaio è negativa, sul futuro dell’Ilva pesa il ricorso della famiglia Riva alla quale il gruppo è stato sottratto. Un domani la magistratura potrebbe dare ragione agli ex proprietari e disporre la restituzione del gruppo ai Riva. È un’eventualità che non incoraggia i possibili acquirenti. Come non entusiasma la prospettiva illustrata giorni fa dal ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti. «Chi prenderà in mano l’Ilva – ha detto Galletti – sa bene che dovrà essere protagonista, assieme al governo, non solo di un grande rilancio industriale, ma anche della più grande sfida di ambientalizzazione oggi presente in Europa. Senza questo obiettivo non può esserci alcun futuro per l’azienda».
È vero che una parte degli investimenti sarà sostenuta dal governo. Il 7 gennaio le commissioni Ambiente e Attività produttive della Camera riunite in seduta congiunta hanno approvato un emendamento del governo secondo il quale i commissari straordinari del gruppo Ilva possano contrarre «finanziamenti statali» per 800 milioni di euro «al fine esclusivo dell’attuazione e della realizzazione del piano delle misure e delle attività di tutela ambientale e sanitarie» del sito di Taranto. Gli 800 milioni di euro saranno impiegati soltanto per la bonifica dell’area e non per l’ambientalizzazione degli impianti e quindi non dovranno essere restituiti dall’eventuale acquirente del gruppo siderurgico, a differenza del prestito da 300 milioni concesso all’amministrazione straordinaria dell’Ilva da parte dello Stato, attraverso Mise e Mef, per permettere di affrontare la fase della transizione da qui sino a fine giugno. Un provvedimento importante, anche se la cifra per l’aquisto del colosso siderurgico e la sua messa in regola riamane altissima.
L’acquirente dovrà inoltre confermare i livelli occupazionali, a prescindere dall’andamento del mercato. Il viceministro dello Sviluppo economico, Teresa Bellanova, nella riunione del 4 febbraio scorso al Mise, ha confermato la validità dell’Accordo di programma del 2005 sul sito di Cornigliano.