Combook. Twitter, Facebook, Youtube, LinkedIn… Come comunicare con i social network
di Andrea Benvenuti e Salvo Guglielmino
Prefazione di Sergio Rizzo
Edizioni Centro Documentazione Giornalistica
ISBN 9788866580140
223 pagine, € 16
Il mondo del giornalismo sta convivendo con la rivoluzione tecnologica, la più imponente dai tempi dell’introduzione dei caratteri mobili di Gutenberg nella seconda metà del Quattrocento. Una rivoluzione che sta cambiando il mondo della comunicazione e dell’informazione: chiunque, grazie ai social network, può diffondere informazioni, pareri, filmati, “notizie” rivolgendosi a community sempre più vaste. I numeri dei social network sono impressionanti: 200 milioni gli utenti unici al mese per Youtube, poco meno di 6 miliardi di video visti ogni giorno (dati settembre 2014), Twitter ha 298 milioni di accessi (oltre tre volte rispetto a quelli del periodo in cui è stato pubblicato questo libro), Facebook ha superato (2014) 1,3 miliardi di utenti attivi ed è il secondo sito più cliccato al mondo dopo Google (dati 2014: quasi 3 miliardi di interrogazioni quotidiane).
Oggi l’utente passivo si è estinto: già nel 2006, “Time” aveva dedicato la propria copertina al computer come “Person of the year”: il pc che consente il protagonismo e la partecipazione dell’utente web nella produzione di contenuti e informazioni che viaggiano nella rete e nei social.
I social netowork sono anche il “luogo” da cui ogni giorno milioni di persone curano le proprie relazioni sociali, migliaia di politici coltivano il proprio consenso elettorale, migliaia di aziende promuovono il proprio marketing: in sostanza il Web 2.0 è diventato uno straordinario veicolo di informazione e di comunicazione. Chiunque, attraverso questi sistemi, in pratica può diventare “giornalista”, reporter per un giorno rompendo i confini relazionali a cui la fisicità e le barriere geografiche costringono ogni individuo. Lo si è visto con la “primavera araba”, con la guerra di Libia, con decine di altri fatti: molto spesso sono i blogger a dettare l’agenda di tutti gli altri media. E chi naviga in rete è consumatore e produttore di contenuti nello stesso tempo. È un “prosumer” (producer più consumer).
Internet ha cambiato tutto: l’informazione, da quotidiana è in tempo reale. E il giornalismo sta diventando uno strumento di “metabolizzazione” di contestualizzazione della notizia che proviene sempre più da altre fonti. Il giornalista, inoltre, diventa “multitasking” (o “intermediale”): deve destreggiarsi su tutte le piattaforme (carta stampata, internet, radio, televisione, agenzie di stampa e social network), individuando la miglior costruzione e il target (o il mezzo) per ri-costruire la storia di cui si sta occupando.
Cambia il mestiere del giornalista anche al desk: in alcune redazioni nasce la figura del social media editor (o community editor) che ha il compito di facilitare l’incontro tra le notizie prodotte dalla redazione e i potenziali lettori: significa contemporaneamente portare le notizie dove le persone vanno a informarsi (i social network) e trattare le reti come una mega-fonte. In sostanza oggi i giornalisti devono accompagnare la confezione dei contenuti con l’interazione costante e imprevedibile del web.
Non solo: molte notizie diventano conversazioni sul web e il giornalista è comunitario. Nella rete nascono e si sviluppano discussioni e confronti, il giornalista deve avere le “antenne” per comprendere i temi del momento e inserirsi al loro interno, diventando anche “animatore”.
Il giornalismo d’inchiesta che per molti media tradizionali è diventato solo un lusso, rivive nei social network: un sito web, Pro publica, ha ottenuto nel 2010 e nel 2011 il premio Pulitzer: la seconda volta per il giornalismo investigativo.
Insomma: il mondo dell’informazione cambia, tanto che i media tradizionali aprono spazi di dialogo con i propri utenti in un rapporto interattivo con i giornalisti. E i lettori possono commentare i fatti proposti dai media sull’web. Non solo: l’informazione sceglie tutte le piattaforme contemporaneamente:, aggiungendo al classico pulsante “commenta” altri che consentono di condividere i contenuti su Facebook o Twitter. In particolare, Twitter offre l’opportunità di fornire un’anticipazione dell’articolo che si potrà leggere il giorno dopo.
Cosa è, in sostanza, un Social Network? È un’applicazione on line basata sull’interazione di una rete di utenti legati da affinità sociali. Lo strumento rende disponibile per gli utenti una serie di tool di comunicazione utili a condividere con gli altri le proprie attività: post, link, messaggi, chat, foto,video, musica.
Una trasformazione evidente del modo di comunicare che ha prodotto cambiamenti nel modo di fare giornalismo. Nessun organo di informazione, neppure il più costoso, è capace di sommare in un unico mezzo quanto realizzano direttamente gli utenti-testimoni dell’evento.
Ugualmente nascono micro web-tv, superando il dualismo tra web e tv: televisione di strada, da autodidatti, con pochi soldi e con strumenti poco sofisticati. Sono spesso canali che parlano a comunità specifiche, aprendosi ai contenuti creati dagli utenti. D’altro canto, filmati caricati su Youtube finiscono anche sui network nazionali e sui tg “ufficiali”, diventando documenti della realtà.
Contemporaneamente i social network sono diventati strumento di propaganda politica: a metà dicembre 2012 i leader mondiali dotati di un account su Twitter erano 123, guidati, come è noto, da Barack Obama. In Italia, la strategia di Casaleggio, il guru di Beppe Grillo è stata di lanciare l’hashtag tornaacasamonti, con 700mila follower in pochi secondi. E la rete è per Grillo il canale di comunicazione nonché la sede stessa del suo movimento. Non solo: l’ex comico riesce a essere sempre presente in tv senza accettare inviti nei programmi tradizionali. Quando il libro è stato pubblicato non era ancora esploso il fenomeno dei tweet di Matteo Renzi.
Gli autori segnalano che, nel nostro Paese, c’è ancora parecchia diffidenza nei confronti del cosiddetto citizen journalism (cioè il “giornalismo dal basso”, che consente a qualunque testimone di un fatto di diventare reporter grazie alla tecnologia). Anche perché gli articoli dei lettori devono essere verificati, certificati, resi attendibili.
Di parallelo nasce anche l’ufficio stampa 2.0 che dribbla i media e si autopubblica. Il suo ruolo non è quello di comunicare ai media, ma semmai di evitarli puntando sul target finale, sfruttando le potenzialità offerte dai social e dal selph-publishing online.
Il volume offre anche una rassegna di applicazioni e suggerimenti per comunicare e lavorare attraverso i social network.