Oltre 300 mila ettari (354). A tanto ammonta la superficie boschiva della Liguria, di cui il 13% è di proprietà pubblica (il 2% regionale o nazionale). In termini percentuali, significa che nella nostra regione il bosco occupa il 65% del territorio, ma può arrivare addirittura al 70% se si considerano anche le aree arbustive. Numeri che fanno della Liguria una delle prime regioni italiane per rapporto tra superficie forestale e quella totale. Rapporto che, negli ultimi 20 anni, è aumentato di quasi il 60%: «Per la nostra regione – spiega Giovanni Barbagallo, assessore regionale all’Agricoltura – i dati statistici forestali e agricoli non sono affatto favorevoli: negli ultimi sessant’anni, secondo l’Istat, la superficie utile agricola è diminuita dell’80%, mentre quella boschiva è cresciuta del 60%. Questo significa che il cemento avanza dal mare e il bosco incolto avanza dall’entroterra». Costituita per la maggior parte da “bosco ceduo”, cioè periodicamente tagliato, con una notevole presenza di alberi di castagno, la superficie forestale della Liguria cambia volto da Ponente a Levante. Con oltre il 77% di bosco, è Savona ad aggiudicarsi il più alto rapporto tra foresta e superficie territoriale, con un indice di boscosità superiore allo 0,7%. Imperia è invece all’ultimo posto con lo 0,5%.

DALL’UE ALLA VAL POLCEVERA
«I nostri boschi presentano grandi potenzialità – commenta Renata Briano, assessore regionale all’Ambiente – perché possono dare vita a un mercato stabile di prodotti forestali. Ma negli ultimi anni i nostri boschi versano spesso in condizioni di degrado, per mancanza di manutenzione che comporta il dissesto idrogeologico, a cui si aggiungono anche le calamità naturali che mettono a rischio la naturale conformazione del terreno».
Proprio i recenti danni causati dalle alluvioni hanno portato all’azzeramento dei fondi messi a disposizione della Regione per l’ambiente, come spiega Briano: «Qui entra in gioco la programmazione europea, sempre più importante proprio perché aiuta a compensare i tagli che stanno subendo le Regioni, in questo caso la Liguria. Dal 2008 a oggi la nostra regione ha realizzato 15 progetti europei, ora in fase conclusiva, che hanno portato nel nostro territorio 8,1 milioni di euro. Di questi, 4,2 provengono da fondi comunitari, 2,8 milioni da fondi nazionali e 800 mila euro dalla Regione». Tra i principali progetti portati avanti dalla Liguria, Sylvamed, co-finanziato dall’Unione Europea attraverso il programma Med, vede la partecipazione di altre cinque regioni europee (Catalogna, Languedoc, Alpes-Cote d’Azur, Slovenia). Il programma si fonda su tre attività principali, a partire dall’analisi e dal confronto delle esperienze europee nella gestione forestale in materia di acqua, dissesto idrogeologico e biodiversità. Tra gli obiettivi, incentivare i proprietari forestali (che in Liguria posseggono l’80% dei boschi) a gestire i propri terreni e dimostrare, su un territorio modello, manutenzione e prevenzione dei fenomeni di frana superficiale. In Liguria quest’area è stata individuata nella val Polcevera: abbandono della collina, scomparsa dei muretti a secco, mancata canalizzazione dell’acqua piovana, cementificazione e disboscamento rendono quest’area soggetta a cedimenti e frane. Proprio qui si vogliono coinvolgere i proprietari delle aree boschive e individuare e mappare le aree più critiche dal punto di vista della stabilità geologica, per valutare le problematiche tecniche e la fattibilità economica degli interventi di gestione forestale necessari a prevenire le frane di superficie.
UN CONSORZIO PER I BOSCHI

Un primo passo è già stato fatto con la costituzione dell’Associazione forestale del genovesato, attiva da aprile. L’associazione diventerà consorzio operativo entro il 2014: «Per ora – dice Gabriele Parcelli, presidente dell’associazione – riuniamo tre Comuni genovesi: Campomorone, Mignanego e Ceranesi. L’obiettivo è però quello di allargarsi a tutta la provincia di Genova, sulla base delle linee del progetto Sylvamed». Le imprese aderenti al futuro consorzio avranno il compito di realizzare quelle attività di gestione che i proprietari dei boschi non sarebbero in grado di fare a causa dei costi che deriverebbero dalla manutenzione di ogni singolo appezzamento. La cura e il taglio degli alberi, che avverranno sotto la supervisione della Guardia forestale, avranno un duplice obiettivo: «Da un lato, consentiranno di avere foreste pulite e preservate, e, dall’altro, sarà possibile un virtuoso utilizzo del legno, che diventerà biomassa per la produzione di energia. Già molti Comuni della zona hanno intenzione di installare caldaie a cippato per il riscaldamento di scuole ed edifici pubblici».
Non a caso, come spiega l’assessore Barbagallo, «Il piano di sviluppo rurale che partirà nel 2014 sosterrà anche e soprattutto gli interventi mirati a un risparmio energetico attraverso le biomasse, cercando di privilegiare il cippato ligure». Si comincerà dall’alimentazione a biomassa dell’impianto di riscaldamento della scuola di Campomorone. «La creazione di una filiera del legno da riscaldamento – spiega Dino Scanavino, vicepresidente di Cia, Confederazione italiana agricoltori – è senza dubbio un settore di sviluppo importante in una realtà come quella ligure, ma bisogna anche fare in modo che i costi di questi combustibili risultino concorrenziali rispetto a quelli provenienti dall’estero ». «Purtroppo quello che manca in Liguria – aggiunge Parcelli – è una sorta di “cultura” del bosco, che troviamo invece in altre regioni d’Italia, dove è considerato un patrimonio da sfruttare. Da qui deriva lo stato di abbandono in cui versano la maggior parte delle nostre foreste». Ma esistono anche associazioni e consorzi che, come quella della val Polcevera, lavorano perché questo patrimonio non venga perduto, bensì valorizzato: «È il caso del Consorzio forestale delle Valli Stura e Orba, che raccoglie 122 soci per mille ettari di terreno, e a cui ci appoggiamo in questi primi mesi di attività». Il Consorzio è attivo nei comuni di Masone, Campoligure, Tiglieto, Rossiglione e Mele e, tra i propri soci, circa 100 privati proprietari di aree boschive, sei enti pubblici ed enti morali e altre imprese e cooperative di lavoro forestale e artigiani del legno. Di competenza anche il controllo della vendita dei tesserini per la raccolta funghi, uno dei principali “pes” attivi in Liguria.
I PES
Un passo successivo per rendere economicamente sostenibile il futuro consorzio, sarà l’introduzione di una serie di pagamenti per servizi ambientali (pes), già attivi in molte aree forestali della Liguria. Oltre al legname, il bosco offre molti altri prodotti “non legnosi” che possono rappresentare un’importante risorsa, anche economica: nel Mediterraneo, i prodotti e i servizi forestali non legati al legname generano oltre il 65% del valore economico complessivo dei boschi. Ma, poiché la maggior parte di questo valore resta fuori dai mercati tradizionali e non viene restituito ai proprietari o a chi gestisce il territorio, sono nati i pes, che consentono di remunerare i proprietari e i gestori dei boschi per la fornitura di certi servizi ambientali a chi ne vuole beneficiare. Nella nostra regione esistono due esempi di pes: il primo riguarda il miele del parco del Beigua, dove, grazie al progetto europeo Res-Mar, sei apicoltori professionisti sono stati scelti per realizzare una specifica attività di studio sugli impatti ambientali della produzione del miele durante tutto il ciclo di vita del prodotto. Allo studio anche alcuni pes sulle attività di manutenzione del parco: pulizia dei sentieri, promozione turistica del territorio e delle produzioni locali. Un secondo pes riguarda i fungaioli delle Valli Stura e Orba: i proventi della vendita dei tesserini, vengono adoperati per la manutenzione e valorizzazione dei terreni di proprietà degli associati. Nel 2012, il costo per la raccolta dei funghi va dagli 8 euro giornalieri ai 30 euro per l’intera stagione.