Il più grande atleta al mondo si chiama Ninja e fattura decine di milioni di dollari all’anno grazie alla sua bravura in Fortnite. Non si parla di sport in questo caso, ma di esports, ossia videogiochi competitivi. Un settore in fortissima ascesa, con 500 milioni di fan nel mondo (un tasso di crescita del 25% ogni anno), il cui giro d’affari è però ancora limitato (1 miliardo di dollari, pari a quello del solo Barcellona, per fare un paragone con una squadra di calcio), ma con prospettive di quadruplicare la cifra nei prossimi anni. In Italia il pubblico degli esports ammonta a circa 1,5 milioni di persone. Solo nell’ultimo anno è aumentato di 300 mila unità.
Proprio per capire le opportunità professionali e di business legate agli esports, domani, 18 dicembre, nella sede di Wylab a Chiavari si svolgerà il convegno “eSports, dal sogno al successo. Il mondo degli sport elettronici: opportunità di business e nuove professioni” (dalle 15 alle 19, per i dettagli dell’evento clicca qui). A organizzare e promuovere la giornata, insieme a Wylab, sono l’Associazione Tigullio Crea Impresa, che da tre anni di fila organizza il contest per idee innovative ‘Crea Impresa’, e Campus Party Sparks, società che diffonde a livello internazionale la cultura in ambito esports a 360° tra entertainment, economia e formazione.
Non tutti potranno arrivare al livello di Tyler “Ninja” Blevins e ai suoi oltre 22 milioni di follower solo su youtube, oltre 14,7 milioni iscritti su Twitch (che versano una quota per vedere le sue performance), ma si stanno moltiplicando i giocatori semiprofessionisti in Italia e professionisti soprattutto in Usa e Asia, con regolare stipendio. Attorno ai giocatori c’è inoltre un mondo fatto di allenatori, mental coach, preparatori atletici, nutrizionisti. Sul fronte delle aziende che gestiscono i team di atleti invece servono figure come analisti di dati, responsabili marketing, responsabili commerciali, direttori generali, figure amministrativo-contabili, una sorta di estensione delle imprese sportive tradizionali.
«Quello degli esports – spiega Federico Smanio a.d. di Wylab – è un mondo chiacchierato, mediatico, di cui si sa troppo poco. L’audience è rappresentata dalla cosiddetta generazione Z, che gli sport tradizionali fanno fatica a coinvolgere e raggiungere, per questo le aziende si stanno interessando anche a livello di sponsorizzazioni, per accedere a una community coinvolta che non si trova altrove».
«L’appuntamento è rivolto a un pubblico trasversale, studenti, ma non solo», aggiunge Stefano Tambornini, presidente di Tigullio Crea Impresa.
Per quanto riguarda i giochi di calcio (Fifa e Pes), i club di serie A stanno investendo in divisioni di esports: a livello genovese per esempio Sampdoria e Genoa hanno due professionisti a rappresentare i loro colori: Mattia Guarracino (Lonewolf92) per i blucerchiati e Mattia Mannella (Woski99) per i rossoblù.
Dimenticare l’idea del gamer che non si stacca dalla consolle e perde le notti davanti allo schermo. I professionisti dell’esport fanno realmente vita da atleti, allenandosi un certo numero di ore al giorno per migliorare le proprie performance e inoltre hanno una “vita” molto più breve degli atleti tradizionali, «anche se – sottolinea Smanio – è più facile arrivare ad alti livelli, rispetto a quello che avviene per gli sport tradizionali anche per facilità di investimento a livello personale».
In Italia il fenomeno si muove a una velocità inferiore, ma c’è grande fermento: «Il grosso degli atleti – racconta Davide Strozzi a.d. di Campus Party Sparks – è ancora semiprofessionista, guadagnano cifre contenute come un lavoro tradizionale e poco più, anche se ci sono alcune eccezioni. Quelli più bravi sono anche ottimi influencer, con milioni di visualizzazioni e follower online».
L’interesse di entrare a far parte di questo mondo anche non come giocatori è testimoniato da un’esperienza diretta vissuta da Strozzi: «Riceviamo decine di richieste quotidiane di persone che magari si occupano di marketing, comunicazione, che lavorerebbero gratis, perché fortemente interessati al fenomeno, perché lo vedono come un modo per mettersi in gioco su temi differenti».
Nonostante siano discipline digitali c’è molto di umano: «I coach devono avere capacità di relazionarsi umanamente con il proprio team, occorre una particolare sensibilità per far funzionare la squadra, poi ogni disciplina ha le proprie peculiarità e i propri metodi, per esempio in Corea ci sono università che formano tutte le figure professionali legate a un gioco come League of Legends»
La Regione Liguria, insieme ad Assi Manager (di cui Smanio è rappresentante in Liguria) ha concesso il patrocinio all’iniziativa: «Sono molteplici e inaspettate le opportunità che offre il mondo digitale – dice l’assessore allo Sviluppo economico Andrea Benveduti – sembra uno scherzo, ma non lo è. Seguiamo da vicino tutto ciò che è innovazione e lo supportiamo per quanto possibile».