Sovraffollati, con problemi di spazio procapite, con un personale ridotto all’osso. Sono alcuni dei problemi delle carceri liguri secondo il quattordicesimo rapporto sulle condizioni di detenzione a cura dell’osservatorio Antigone. Un rapporto che viene presentato oggi alle 17.30 nella società ligure di storia patria di Palazzo Ducale a Genova e che serve anche a smontare alcune convinzioni acquisite sulla base del “sentito dire”. A partire dal 2003, per esempio, alla più che triplicazione degli stranieri residenti in Italia è seguita, in termini percentuali, una quasi riduzione di tre volte del loro tasso di detenzione.
Chiunque sia straniero in una nazione lontana – si legge nel rapporto – ha più difficoltà a integrarsi per oggettive condizioni di vita, per lo sradicamento dai propri affetti, per la mancanza di lavoro, per l’assenza di opportunità formative, educative o sociali, per il gap linguistico. Come si evince dai dati, man mano che passa il tempo dal suo insediamento in Italia, una comunità esprime un minor numero di detenuti al proprio interno. Ciò accade in quanto quella comunità diventa parte integrante dell’economia e della società italiana.
Tuttavia, come vedremo tra poco, la presenza di una notevole quantità di detenuti stranieri e di religioni diverse non è esente da problemi, anzi.
C’è un’altra questione, dimostrata delle statistiche: meno il carcere rieduca, più alto il rischio di recidiva. Per questo un serio piano carceri dovrebbe essere ai primi posti dell’agenda politica, anche di chi predica sicurezza e pericoli dietro a ogni angolo, invece le condizioni dei detenuti non sembrano interessare a nessuno, anzi solo alla polizia penitenziaria che è costretta quotidianamente ad affrontare situazioni molto pericolose anche per la stessa incolumità degli agenti.
La soluzione secondo Antigone non è in nuove carceri, piuttosto nella riconsiderazione di alcuni reati: «Abbiamo persone che entrano per un piccolo reato e poi si abituano talmente a questa vita che quando escono sono peggiori di prima. Il carcere dovrebbe essere un luogo rieducativo per chi ne ha davvero bisogno», dice Alberto Rizzerio, presidente dell’Associazione Antigone Liguria.
Sovraffollamento e assenza di mediatori culturali
Il sovraffollamento è un problema: «La situazione ligure vede tutti gli istituti, tranne Chiavari (qui la scheda), sovraffollati, la gestione diventa problematica, anche per la convivenza di diverse etnie», spiega Rizzerio. Se la media italiana è del 34% di stranieri presenti nelle carceri, nel Nord Italia si supera il 50%, in Liguria si è a quota 52,4%: il mediatore culturale diventa determinante, invece mancano. «Con i musulmani – aggiunge Rizzerio – si verificano problematiche ulteriori, non ci sono spazi per esercitare culto, spesso è assente il cibo Halal, cioè lecito». Altrettanto grave è l’assenza degli educatori, figure fondamentali che dovrebbero gestire appunto la rieducazione dei detenuti: «A Chiavari per esempio ce n’è uno prestato da Pontedecimo», denuncia Rizzerio. Si tratta di un problema strutturale, probabilmente mancano i soldi per pagarli e i concorsi per le assunzioni ormai sono un miraggio. A farne le spese non sono solo i detenuti, ma anche la società intera.
ll carcere di Marassi (qui la scheda completa) ospita un alto numero di persone tossicodipendenti e con patologie psichiatriche. A Marassi i soggetti in esecuzione pena sono circa la metà del totale e il restante sono detenuti in attesa di giudizio. Gli stranieri risultano, inoltre, essere mediamente oltre il 50% e le differenze etniche e di provenienza dei detenuti, spesso comportano un aumento delle problematiche di gestione del sovraffollamento carcerario con rischio di conflittualità tra gli stessi detenuti. Per esempio i detenuti provenienti dalla libertà restano nelle camere di prima accoglienza per un periodo di osservazione (talvolta mesi) eccessivamente lungo, in stanze inadeguate, solamente perchè è impossibile il trasferimento in altre sezioni dove potrebbero crearsi “conflitti etnici”.
Antigone registra, inoltre, la grave assenza di un mediatore culturale e linguistico che comporta notevoli difficoltà di comprensione da parte dei detenuti stranieri, specie se provenienti dalla libertà. La popolazione detentiva con età inferiore ai 25 anni non è destinata a spazi detentivi riservati, ma convive con il resto della popolazione.
Migliore la situazione riscontrata alla Spezia (qui la scheda completa), anche se l’affollamento è notevole (146% della capienza) e l’ultima visita di Antigone risale a un po’ di anni fa, al 2013. Sul sito del ministero della Giustizia i dati aggiornati.
Savona è stato chiuso, ma al momento non è chiaro quando dovrebbe essere costruito un nuovo carcere in val Bormida.
Secondo Antigone la recente trasformazione in casa di reclusione del carcere di Sanremo (qui la scheda) sembra aver giovato al clima generale della struttura detentiva che, tuttavia, continua a presentare delle rilevanti criticità. Nonostante si siano avviate nuove attività, l’offerta formativa e trattamentale rimane decisamente scarsa, in relazione al numero di detenuti presenti in struttura. Registrata, come a Marassi, l’assenza di una figura professionale di mediazione linguistica e culturale. Alto il numero di eventi di autolesionismo (151 nell’ultimo anno) e di tentativi di suicidio (18 nell’ultimo anno, di cui 2 non dimostrati).
In grave crisi sembra invece essere il carcere di Imperia (qui la scheda), essendo in sostanza l’unica casa circondariale (ospitante quindi detenuti in attesa di giudizio e con pene inferiori a 3 anni) del Ponente ligure dopo la chiusura di Savona (salvo una sezione nell’istituto penitenziario di Sanremo). Antigone registra una grave carenza di personale di polizia e un sovraffollamento carcerario dovuto al cospiscuo turn over di persone in attesa di giudizio (stimate intorno alle 900/1000 all’anno, numero paragonabile a quello registrato per il più grande carcere della Liguria, a Genova Marassi). La carenza di personale è, peraltro, intimamente collegata al fenomeno del sovraffollamento, in quanto di regola i pochi agenti penitenziari in servizio sono utilizzati principalmente per le operazioni periodiche di sfollamento verso altri istituti penitenziari e per i trasferimenti in tribunale, a danno della gestione trattamentale dei detenuti le cui attività possono essere sospese in mancanza di personale di controllo.
Il fenomeno del sovraffollamento si è inoltre acuito a seguito delle problematiche migratorie dipendenti alla vicinanza con il confine di Stato (Ventimiglia).
Datata anche la visita al carcere di Pontedecimo (qui la scheda), unica casa circondariale femminile, che ospita però anche detenuti maschi. Il circuito maschile è interamente dedicato alle categorie protette (sex offenders, agenti, collaboratori di giustizia). Per l’analisi completa sul sovraffollamento e lo “smontaggio” dei luoghi comuni, cliccare qui.
Riforma mancata
Il 2017 – si legge nel rapporto – avrebbe dovuto essere l’anno della “svolta” per il sistema penitenziario italiano. Avrebbe dovuto chiudersi un ciclo, idealmente iniziato nel 2013 con la condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Era atteso un nuovo ordinamento penitenziario, che, dopo quarant’anni avrebbe dovuto modificare e “ammodernare” l’impianto originario del 1975, sulla base del cospicuo lavoro degli Stati generali dell’Esecuzione penale. Il carcere, così com’è oggi, rende l’Italia più insicura, agevolando la recidiva e deludendo l’obiettivo costituzionale della “rieducazione”.
La riforma ha avuto tempi (troppo) lunghi, la versione definitiva del testo legislativo è finita in pasto agli appetiti (e agli infondati attacchi) elettorali, troppo a ridosso della fine della legislatura.
Alto il numero di detenuti in terapia psichiatrica: il 68,2% a Sanremo, il 64,5% a Imperia, il 42,1% a Marassi. Dipende, secondo Antigone, dalla presenza insufficiente di personale addetto.
Dopo il superamento degli Ospedali psichiatrici giudiziari (opg), in Liguria esiste una Residenza per l’esecuzione delle misure di sicurezza (Rems) a Genova Pra’ (21 posti).
Solo il 16,6% dei detenuti in Liguria è coinvolto in attività culturali.
Personale insufficiente
Su 1.445 detenuti in Liguria presenti a fine febbraio, il rapporto con gli agenti è di 1,4, uno dei più bassi in Italia. Solo per fare un paragone con l’Europa: in Francia questo rapporto è di 2,5 agenti per ogni detenuto, in Spagna di 3,3 a 1 e in Germania di 4,2 a 1. La media degli Stati del Consiglio d’Europa è di 3,5 a 1.
Sono invece 61,66 i detenuti per ogni educatore, una mancanza già segnalata da Rizzerio, la cifra mostra il pesante taglio di questa figura che invece dovrebbe essere fondamentale per il recupero e il reinserimento delle persone.
Il lavoro
A livello nazionale la maggior parte dei lavoratori è alle dipendenze dell’amministrazione penitenziaria, poche le imprese private che utilizzano i carcerati come manodopera. In Liguria viene segnalato un lavoro alle dipendenze esterne: riparazione di cicli. Tuttavia su 72 posti disponibili per datori di lavoro diversi, ben 23 sono ancora vacanti. «Dobbiamo capire perché succede questo – dice Rizzerio – spesso ci sono problemi di accordi con le imprese a seconda della politica del direttore, oppure molto dipende anche dall’orientamento del ministero stesso».
Sono 47 tra Piemonte e Liguria, le cooperative finanziate con la legge Smuraglia (193/2000) per incentivare l’ingresso nel sistema del lavoro e della formazione penitenziaria di privati e di cooperative, prevedendo l’erogazione annuale di contributi e sgravi fiscali per coloro che offrono posti di lavoro ai detenuti o organizzino corsi di formazione professionale. In totale hanno ricevuto circa 502 mila euro, pari a 92 euro a detenuto (terzo valore italiano).