L’efficienza di uno scalo è dato dalle infrastrutture, dai piani regolatori, ma anche dall’uso della tecnologia. Il porto di Genova è ai vertici nazionali per quanto riguarda l’ultimo aspetto, ma arranca se paragonato a quelli internazionali anche di media grandezza.
È una delle problematiche emerse durante il convegno “Genova: la crescita del mare è possibile (?)”, promosso dal consigliere delegato Francesco Maresca attraverso l’associazione “Liguria si muove” e dalla direzione Porto & Mare del Comune di Genova.
«Serve completare il piano del ferro, cioè realizzare quelle piccole infrastrutture che consentano l’arrivo dei carri dentro le banchine – dice Francesco Parola, professore associato del Dipartimento di economia e gestione aziendale dell’Università di Genova e membro del comitato di gestione dell’Authority del Mar Ligure Occidentale – in attesa del completamento del Terzo Valico, perché altrimenti il rischio è che l’opera non riesca a svolgere pienamente la sua funzione». Il piano è inserito nel programma di investimenti triennale dell’Adsp, per circa 45 milioni. L’Adsp aspetta anche il decreto attuativo dello sportello unico doganale per il controllo della merce da quando è stato sancito dal dlgs di riforma n. 169/2016 (insieme allo sportello unico amministrativo, che si occupa di tutti gli altri procedimenti e delle altre attività produttive in porto non esclusivamente commerciali), un’inezia rispetto ai 25 anni di attesa del regolamento sulle concessioni. «Una mancanza che sicuramente ha pesato», aggiunge Parola. L’assenza di certezze rischia di limitare gli investimenti.

Tuttavia proprio l’alleanza con gli operatori di un certo livello e il nuovo dialogo con la Svizzera, secondo Maresca saranno una marcia in più per Genova, che per la prima volta ha dedicato in Comune una direzione solo al tema del porto e del mare: «Questo può essere l’anno zero per la città e il suo porto, stiamo sempre lavorando anche per l’istituzione della Zls, la Zona logisica speciale».
Il fatto che lo sportello unico non sia stato ancora realizzato è un problema per le imprese: «Dovremmo essere quasi arrivati alla fine dell’iter per attivarlo in modo completo, questione di settimane», annuncia Leopoldo Dapassano, responsabile Sviluppo economico e portualità di Confindustria Genova. A quanto risulta invece ad Assagenti, Associazioni agenti e mediatori marittimi, ci vorrà ben più di qualche settimana. Lo sportello è previsto dalla riforma dei porti, una revisione normativa necessaria, ma che si è concentrata soprattutto sulla governance. «Non è facile intervenire, visto che le aree portuali sono collegate al demanio, ci sono precondizioni giuridiche complicate», sottolinea Dapassano, che ribadisce come anche con la tecnologia si potrebbe agevolare già il flusso di camion che spesso intasano la città: «Avrebbe senso utilizzare sistemi incentivanti per dilazionare l’accesso, come per esempio accade nel turismo, stiamo lavorando con Uirnet nell’ambito della produzione della Piattaforma logistica nazionale e con l’Autorità di sistema per creare un sistema tecnologico che consenta di agganciare l’autotrasportatore con anticipo». Oggi sono circa 2000 i camion che transitano dai varchi di Sampierdarena, 2500 da Voltri.
Il porto di Genova ha una caratteristica particolare, ha tutto e quindi è più difficile che vada in crisi completamente: ha uno spazio fieristico, uno per i cantieri (sia riparazioni, sia nautici, sia navali), ha la parte commerciale con i container, ma anche le rinfuse liquide e solide, le crociere, i traghetti, oltre all’industria, all’aeroporto e al diporto. Per questo le sfide sono ancora maggiori, più orientate all’estero: «Siamo il porto del Nord Italia, ma abbiamo pochissime relazioni con l’Austria per esempio – spiega Parola – il 45% delle merci ricche arriva dall’estremo Oriente, passando dal canale di Suez, un grande vantaggio per noi».