In un quadro generale che rimane caratterizzato da una crescita complessiva non florida e minacciato da una serie di rischi geopolitici non indifferenti (dai conflitto in Siria, alle recrudescenze del terrorismo islamico, dalle tensioni sul petrolio al rischio Brexit) il flusso di dati macroeconomici ha continuato a fornire segnali incoraggianti riguardo alla tenuta dell’economia mondiale e in grado di supportare il recente recupero delle asset class rischiose.
In particolare sul fronte cinese sono stati particolarmente significativi i dati di venerdì che sembrano confermare l’accelerazione congiunturale tanto attesa: sia la produzione industriale (+6,8% anno su anno da precedente +5,9 e contro le attese per stabilità) sia le vendite al dettaglio (+10,5% da precedente +10,2% e contro le attese per +10,4%) hanno battuto le stime. Robusto anche l’aumento degli investimenti fissi (+10,7% da precedente +10,2% e contro le attese per 10,4%). Il Pil a/a si è confermato in linea con le attese e al centro della forchetta richiesta dalle autorità (6,7% da precedente 6,8%). Ma è sul fronte monetario che i dati sono stati particolarmente positivi, con i New loans quasi raddoppiati (1,37 trilioni da precedenti 726 bilioni e contro le attese per 1.1 trilioni) e in partiolare l’aggregate financing (2,34 trilioni da precedente 780 bilioni e contro le attese per 1,4 trilioni) e infine M1 (moneta circolante è cresciuta del 22% contro le attese per +18%.
Quello che ha pesantemente deluso le aspettative sono gli esiti dell’incontro dei Paesi produttori di petrolio a Doha, dove non si è raggiunto nessun accordo per il contingentamento della produzione di greggio. Peraltro forse il mercato aveva riposto speranze anche eccessive in un incontro al quale non partecipavano Paesi quali la Libia e l’Iran. Inevitabilmente questo riporterà volatilità sulle quotazioni del greggio e come contraccolpo ha generato un ritracciamento del prezzo del petrolio che al momento è di circa il 9% tornando sotto i 40 dollari. Comunque un prezzo delle materie prime energetiche ancora in ribasso non può che continuare a generare una pressione di contenimento dell’inflazione.
Questa settimana si tengono le riunioni della Banca centrale europea e svedese, entrambe con un focus sul rischio deflazione. Banca Cesare Ponti monitorerà quale sarà la dialettica in queste riunioni e se dovessero essere ipotizzate ulteriori manovre monetarie che potrebbero avere, fra gli altri, effetti di ulteriore volatilità sul settore bancario.
Venendo a casa nostra, l’esecutivo ha incassato un positivo e incoraggiante plauso per il varo del fondo Atlante nell’ambito del recente G20. Particolarmente forte il giudizio espresso dal ministro dell’Economia tedesco Wolfgang Schaeuble che ha dichiarato che «l’Italia sta andando davvero bene» e che la Germania, ci sosterrà «perché se un Paese membro implementa le riforme strutturali, la Commissione Ue può dare flessibilità addizionale». Le riforme strutturali quali lo snellimento dei tempi di recupero delle sofferenze, che sono a corollario del varo del fondo sono un importante passaggio di rafforzamento del sistema Paese.
L’efficacia del fondo Salva banche, al di là dei paragoni tra la sua dimensione e l’ammontare complessivo delle sofferenze del sistema bancario italiano, deve essere vista in relazione: all’ammontare delle garanzie che assistono le sofferenze, all’ammontare di sofferenze che le banche vorranno/dovranno alienare, alla rapidità di realizzo di queste strategie e all’ammontare di leva che potrà sfruttare che a sua volta dimenderà dal rating che otterranno le sofferenze da alienare.