Banca Carige pensa a sposarsi ma i corteggiatori sono tanti e la banca ligure non ha fretta, non si può neppure escludere che, alla fine, non preferisca restare da sola. Almeno per il prossimo futuro.
Il 21 luglio scorso il cda aveva incaricato il presidente Cesare Castelbarco Albani e l’a.d. Pier Luigi Montani di scegliere degli advisor per supportare la banca «nello studio e nella definizione del nuovo contesto competitivo del sistema bancario». Vale a dire, per vedere se c’è un socio con cui sia opportuno unirsi. Il fatto è che lo scenario delle banche italiane sta cambiando ancora una volta, la riforma di Padoan con la trasformazione in spa delle popolari ha messo in moto processi di aggregazione che lasceranno spazio a pochi grandi player (oltre, naturalmente, a Intesa e Unicredit), e Carige vuole essere uno di questi.
Del resto, Carige ha ormai le carte in regola per cercarsi un partner senza soffrire di complessi di inferiorità. L’aumento di capitale ha avuto successo, il processo di razionalizzazione non è terminato ma ha già dato buoni risultati, l’assetto proprietario è ben definito, con il gruppo Malacalza detentore del 17% dell’istituto, l’imprenditore Gabriele Volpi (attraverso The Summertrust che controlla il circa 5%), Ubs Group con il 4,3% (in parte per conto terzi), Coop Liguria e le fondazioni CR Carrara e De Mari unite in un patto parasociale con il 4,2%.
Chi potrebbe essere il promesso sposo di Banca Carige? I vertici dell’istituto non fanno nomi ma da subito negli ambienti finanziari milanesi si è parlato della Popolare di Milano. Nell’operazione potrebbe essere coinvolto Andrea Bonomi, l’industriale milanese che nei mesi scorsi era stato indicato come possibile acquirente di una quota del capitale Carige. Ora a Genova circola la voce che martedì 27 Castelbarco Albani e Montani dovrebbero annunciare di avere scelto come advisor Mediobanca e Barclays, per la valutazione di un eventuale matrimonio con Bpm. Nei giorni scorsi si sarebbero incontrati i vertici di Bpm e Carige. Non c’è ancora nulla di scontato, comunque. Tra l’altro i genovesi preferirebbero parlare di fusione soltanto dopo la trasformazione giuridica di Bpm e il rinnovo del consiglio di sorveglianza e che l’operazione fosse votata dall’assemblea di una spa. Inoltre i due istituti hanno valori differenti, in Borsa Bpm vale tre volte Carige. E del resto la banca milanese sta valutando anche le attrattive di Banco Popolare, Ubi e Bper (Banca popolare
dell’Emilia Romagna).
Ma anche la banca ligure dispone di altre possibilità. La stessa Bper, e anche Cariparma Crédit Agricole, il gruppo francese a cui fa capo anche Carispezia, dinamica, in ottima salute e ormai banca regionale ligure. Un accordo con Carispezia-Cariparma-Crédit Agricole, secondo alcuni analisti, avrebbe anche il vantaggio di aggregare due banche operative su aree geografiche complementari e caratterizzate da concezioni operative non lontane. Crédit Agricole è un grande gruppo organizzato come una federazione di banche locali, con modi di operare simili a quelli di una cassa di risparmio. Ma sono tutte ipotesi. Intanto è certo che nella prossima seduta del cda di Banca Carige, fissata per il 27 ottobre, verrà discusso il nuovo ruolo da assegnare all’interno del gruppo alla private bank Cesare Ponti.