La Regione Liguria è tra le poche regioni ad aver fallito gli obiettivi del piano regionale energetico al 2020 e non ha ancora stilato quello sino al 2027. Non l’ha fallito di pochi megawatt, ma ha raggiunto solo il 50% circa della quota di produzione da energia rinnovabile stabilita dal piano seguendo le indicazioni del cosiddetto “burden sharing” governativo: avrebbe dovuto arrivare al 14,1%, mentre si è fermata al 7,9%.
Sono alcuni dei dati contenuti nel position paper di Confindustria Genova dedicato alla transizione energetica in cui l’Associazione analizza l’attuale situazione e fa proposte per il futuro.
«Tradotto in megawatt parliamo di circa 300 Mw mancanti» afferma Vittoria Gozzi, vicepresidente di Confindustria, che ha presentato il paper insieme al presidente Umberto Risso, che ha la delega alla transizione energetica. Una cifra che equivale a circa 60 turbine eoliche da 6 Mw.
A inizio 2022, Confindustria Genova ha costituito un Gruppo di Lavoro per fornire a Regione Liguria una serie di indicazioni e di proposte utili alla predisposizione del nuovo Piano Energetico Regionale Ambientale (Pear).
Al tavolo hanno partecipato rappresentanti delle Associazioni Territoriali della Spezia, Savona e Imperia, dei Gruppi Piccola Industria e Prodotti Chimici ed Energetico Petroliferi (ChEnPe) di Confindustria Genova, e di imprese associate operanti nel settore energetico (Agn Energia, Algowatt, Ansaldo Green Tech, Attilio Carmagnani “AC”, Axpo, Danieli Centro Combustioni, Duferco Energia, Enel, Erg, Gruppo Danieli, Iplom, Rina, Ruths, Sere).
«C’è da dire che la Liguria ha dei limiti all’installazione di pale eoliche e pannelli fotovoltaici a causa dell’orografia complessa e della mancanza di spazio, ma occorre almeno mettere gli operatori in condizione di installarli dove è possibile», sottolinea Gozzi.
Risso afferma: «Vogliamo metterci a disposizione della Regione Liguria con proposte utili. Alla luce di quanto sta succedendo nel mondo il tema è particolarmente sentito, anche se a livello locale non sono molte le manovre, tuttavia per esempio è utile individuare aree per il fotovoltaico e l’eolico, ma anche la semplificazione della tempistica per ottenere autorizzazione e il collegamento alla rete. Assurdo per esempio dire no a priori al nucleare senza considerare le evoluzioni tecnologiche».
Basti pensare che per esempio senza il Tap, il gasdotto che arriva in Puglia, la situazione per l’Italia sarebbe ancora peggiore e senza il rigassificatore di Piombino fatto in tempi rapidi per consentire il riempimento degli stoccaggi l’anno prossimo. «Avevamo anche pensato di candidarci a ospitare un rigassificatore qui a Genova − spiega Gozzi − ma mancava il tubo della rete Snam per la connessione».
La diversificazione delle fonti di produzione, l’incremento della produzione nazionale e l’efficientamento dei consumi sono sempre più necessari, secondo Confindustria.
Fermo restando il principio di neutralità tecnologica (ovvero, non può essere penalizzata una tecnologia rispetto a un’altra), il vettore elettrico gioca un ruolo rilevante. Per accelerare il processo di implementazione degli obiettivi del pacchetto Fit for 55, Confindustria nazionale ha sottolineato la centralità della produzione rinnovabile per ridurre i costi delle forniture elettriche, la necessità di superare gli ostacoli amministrativi che bloccano gli investimenti e l’urgenza di una riforma del mercato elettrico per renderlo coerente con la nuova struttura di produzione (decoupling).
L’interesse è tale che in un sondaggio lanciato da Confindustria ai suoi associati è emerso che 120 aziende sarebbero disposte a installare fotovoltaico a tetto, stimando quindi un incremento di 35 Mw. Tuttavia le tempistiche burocratiche sono davvero estenuanti e chi riesce ad arrivare in fondo «magari deve aspettare anche 6 mesi prima di essere allacciato alla rete», dice Risso. Confindustria auspica anche una maggiore collaborazione tra gli assessorati all’Ambiente e allo Sviluppo economico della Regione proprio per favorire l’installazione degli impianti.
«L’eolico è una chance da sfruttare − sottolinea Gozzi − dall’atlante dei venti l’area dove attualmente sono già presenti impianti, ci sarebbe anche la possibilità di sfruttare l’offshore, ossia il mare. Tuttavia il problema è la profondità dei nostri fondali che renderebbero l’investimento proibitivo. Occorrerà aspettare l’evoluzione della tecnologia galleggiante, ma intanto sarebbe utile un repowering delle pale. Una pala di oggi ne sostituisce cinque in equivalenza di energia prodotta».
Non è un caso che Confindustria abbia anche focalizzato l’attenzione su una delle fonti energetiche del futuro, ossia l’idrogeno, con un focus dedicato.
A livello di transizione sui carburanti vengono fatti alcuni specifici riferimenti al settore industriale e della raffinazione petrolifera, all’ambito portuale e all’impianto di trattamento meccanico biologico dei rifiuti indifferenziati, mediante un approccio “waste to chemical”, come previsto nel Piano regionale di Gestione dei rifiuti e delle bonifiche 2021-2026 approvato il 22 luglio scorso.