La soria è davvero “magistra vitae” come ha scritto Cicerone nel “De Oratore”, sostenendo che la conoscenza della storia permette di imparare dagli errori del passato e di prendere decisioni migliori nel presente? Se fosse così, poiché l’Homo Sapiens pare esista da 300 mila anni, oggi dovremmo essere quasi degli angeli. È evidente che non lo siamo. Anche perché il passato non si ripete. È possibile, però, ritrovarvi delle analogie con il presente. Analogia non significa identità ma riconoscerla può aiutare a prendere decisioni per il presente.
Il saggio di Maurizio Serra “Scacco alla pace” (Neri Pozza) ricostruisce in modo magistrale la conferenza di Monaco 1938, che giustamente è entrato nell’immaginario collettivo europeo come sinonimo della capitolazione delle democrazie di fronte al totalitarismo nazista. È ovvio oggi ricercare in questo libro analogie e differenze tra l’attuale aggressione della Russia nei confronti dell’Ucraina e la resa delle democrazie alla distruzione della Cecoslovacchia nel 1938-39.
Maurizio Serra, con un indagine documentatissima ci restituisce la storia di quell’evento chiarendo, alla luce di nuovi documenti, il ruolo di Mussolini e degli altri attori, Hitler, Chamberlain, Daladier, con Roosevelt e Stalin, assenti alla conferenza ma protagonisti dietro le quinte.
Le analogie sono evidenti: come a Hitler non importava la sorte dei tedeschi dei Sudeti, ma la distruzione della Cecoslovacchia, così a Putin non interessa lo status dei russofoni ucraini ma la fine dell’Ucraina come Stato indipendente. Basta considerare le condizioni che l’autocrate di Mosca pone come indispensabili per la pace: cessione alla Russia di Crimea, Donetsk, Zaporizhzhia, Kherson e Lugansk, e soprattutto un’Ucraina neutrale e indifesa.
Un’altra analogia si può riscontrare nella cautela dell’Unione europea e degli Usa nel rifonire di armi il paese aggredito e nella presenza in Occidente di una consistente parte dell’opinione pubblica che guarda con favore a Putin, sia perché è autoritario sia per una sorta di abietta soggezione verso chi è (o sembra) più forte. Come si permette Zelensky di non arrendersi di fronte a un nemico tanto più potente e di turbare la nostra quiete e i nostri affari ? Non mancano, come negli anni Trenta, i pacifisti: in Gran Bretagna e in Francia allora non volevano a nessun costo rivivere gli orrori della prima guerra mondiale, permettendo alla Germania di raggiungere una potenza terrificante, oggi reclamano un’Ucraina libera sì ma senza uso delle armi, invocando un ingresso spettacolare dell’ossimoro sulla scena politica. Un’altra analogia, forse la più preoccupante, è nell’atteggiamento degli Usa. La beceraggine di Donald Trump non ha precedenti ma il suo disinteresse per le sorti delle democrazie europee ha radici profonde nel popolo americano. Isolazionismo e antisemitismo erano diffusi e autorevolmente rappresentati nell’America degli anni Trenta: ammiratori del Terzo Reich erano il pioniere delll’aviazione Charles Lindbergh e l’uomo d’affari Joseph Kennedy, uno dei principali finanziatori del Partito democratico (e padre di John e Robert). Chi era convinto della pericolosità della minaccia nazista era il presidente Roosvelt. Una serie di leggi approvate dal Congresso negli anni Trenta dette Neutrality Act non facevano distinzione tra Gran Bretagna e Francia e Germania nazista. Solo nel 1939, dopo l’invasione della Polonia, Roosvelt riuscì a modificare la normativa cancellando l’embargo su armi e munizioni a vantaggio degli Stati vittime di aggressioni internazionali. Ma, riporta il libro di Serra, ancora nel febbraio 1940 secondo un sondaggio Gallup il 68% degli amercani voleva che il loro paese rimanesse estraneo al conflitto. La vera svolta nell’opinione pubblica americana si ebbe con Pearl Harbour (7 dicembre 1941). E furono Germania e Italia a dichiarare guerra agli Usa (11 dicembre 1941), non il contrario.
Una differenza rilevante esiste tra i fatti del 1938 e quellli di oggi: Chamberlain fu ingannato, Hitler non mantenne i patti: l’accordo di Monaco che avrebbe dovuto garantire la pace in Europa sacrificando una parte della Cecoslovacchai è del 30 settembre 1938, il 16 marzo 1939, la Germania occupò anche Praga e il resto della Boemia, ponendo fine all’indipendenza della Cecoslovacchia. I sostenitori dell’appeasement con la Germania fecero una figura da gonzi, Chamberlain ebbe la sua carriera stroncata: si dimise dal ruolo di primo ministro nel maggio del 1940 a causa di un cancro e morì nel novembre del 1940 ma già dopo l’invasione della Cecoslovacchia fu chiaro che toccava a Churchill guidare il paese alla resistenza e alla vittoria.
Oggi non si può dire che Putin inganni l’opinione pubblica, se non la più sprovveduta: le sue richieste sono quelle di sempre: annessione dei territori occupati e Ucraina indifesa. Come si concluderà questo delirio di morte? Difficile fare previsioni, anche ora che pare qualcosa si muova. Finora l’autocrate russo non ha avuto un gran successo: se la sua preoccupazione era la Nato, ora se la ritrova in Finlandia e Svezia, l’Ucraina, che avrebbe dovuto capitolare nel giro di qualche giorno con la fuga di Zelensky all’estero, è ancora armata e in grado di resistere: l’esercito russo è molto meno efficiente della Wehrmacht. Gli alleati di Putin sono l’inquietante Cina e stati canaglia come Iran e Corea del Nord. D’altra parte la Russia ha risorse (umane e di materiale) maggiori rspetto al paese che ha aggredito (anche se il potere di Putin non è quello di Stalin), l’Ucraina da sola non dispone di mezzi suffcienti per resistere, Trump è imprevedibile e gli europei, come sempre, incerti e divisi.