Continua la discussione sull’apertura di Esselunga a Sestri Ponente. Alessandro Cavo, presidente Ascom Confcommercio Genova, e Monia Modarelli, presidente Civ Confcommercio Sestri Ponente, in una dichiarazione congiunta affermano: «Negli ultimi anni, Sestri Ponente ha vissuto profondi cambiamenti economici e sociali. In questo contesto, l’apertura di nuove grandi strutture di vendita, come quella ipotizzata da Esselunga, continua a rappresentare un argomento di forte discussione e preoccupazione. Le recenti notizie relative a una diminuzione dei mq di no food nella struttura possono incidere poco, in quanto la metratura totale rimane sempre la stessa, ossia oltre 3500 mq di commerciale».
Confcommercio Genova e il Civ Confcommercio Sestri Ponente ribadiscono con fermezza la posizione contraria a questo tipo di insediamenti. «È importante chiarire che non si tratta di una presa di posizione contro un marchio specifico, bensì contro il modello stesso delle grandi strutture di vendita, che producono un impatto devastante sul tessuto economico e sociale dei quartieri».
Sono molti i temi su cui l’associazione invita la città e l’amministrazione a riflettere. In primis la riduzione dei piccoli negozi e posti di lavoro: una delle principali problematiche legate a queste aperture è l’effetto diretto sui piccoli negozi di vicinato, che da sempre costituiscono l’anima commerciale e sociale di Sestri Ponente. È fondamentale chiedersi: quanti negozi perderemo nei prossimi 5 anni? E quanti posti di lavoro andranno persi a causa delle chiusure di queste attività? «Spesso si sottolinea come l’apertura di una grande struttura possa generare nuovi posti di lavoro ma nessuno riflette mai su quelli che si perderanno. Ogni piccolo negozio che chiude non rappresenta solo una perdita economica, ma anche sociale: si spengono luci, si crea abbandono e si favoriscono fenomeni come la delinquenza e l’incuria».
Altro elemento è la desertificazione del territorio: «Le conseguenze della chiusura dei piccoli negozi non si limitano all’economia. I quartieri perdono vivacità, si creano zone buie e spente, e si riduce drasticamente il senso di comunità. È sufficiente osservare altri quartieri di Genova dove si è verificato lo stesso fenomeno: un territorio con meno negozi è un territorio più insicuro, sporco e degradato».
Infine viene sottolineato come la città sia in crisi economica e demografica: «Non possiamo ignorare il contesto generale in cui ci troviamo. Genova sta affrontando una grave crisi demografica, con una popolazione in costante diminuzione e un’economia locale che soffre da anni. I consumi sono in calo, anche a causa dell’aumento dei costi fissi che gravano sulle famiglie. In un contesto come questo, ha davvero senso ampliare l’offerta commerciale con strutture che non fanno altro che togliere clienti e risorse ai piccoli esercenti?»
Civ e Confcommercio Genova ribadiscono di aver cercato per anni di far comprendere queste problematiche alle autorità e agli enti competenti, evidenziando con dati e riflessioni l’impatto devastante di queste scelte sul territorio. «Ora chiediamo con forza che venga bloccata ogni ulteriore espansione di grandi strutture di vendita. Non è una battaglia contro il progresso o contro la modernità ma una difesa di un modello economico sostenibile, che metta al centro le persone, le comunità e la vivibilità del nostro territorio. Invitiamo tutti a riflettere: quanto vale la perdita di un negozio di vicinato? Quanto ci costerà, come quartiere, ogni saracinesca che si abbassa per sempre?».