Il progetto del Padiglione Zero dell’ospedale Gaslini nasce da un’idea e da un’esigenza dei professionisti che lavorano all’interno. Lo racconta a Liguria Business Journal il direttore sanitario Raffaele Spiazzi, che fa anche il punto sulle necessità del personale in termini di nuove assunzioni: «Arriviamo da un’esperienza di 80 anni di storia che grazie ai miei bravissimi colleghi medici e infermieri ha fatto sì che in tutti questi anni noi si riuscisse a mettere a disposizione tutto quello che poteva servire ai nostri bambini. Ma gli spazi e il progetto di origine erano quelli appunto di 80 anni fa».
In sostanza tanti padiglioni collegati tra loro, ma comunque dispersi e con lunghi percorsi tra uno e l’altro non consentivano un’organizzazione ideale, con disagi anche per i piccoli pazienti. La frammentazione non fa bene alla sanità: «La risonanza magnetica è in un posto, la Tac in un altro, il pronto soccorso in un altro ancora. Questo progetto ci consente, senza interrompere l’attività, di costruire un nuovo edificio nel quale andremo a collocare tutte insieme le strutture che più sono dedicate all’assistenza, in primis nell’emergenza, ma anche per le altre tecnologie. Il pronto soccorso e la medicina d’urgenza saranno tra di loro vicini, al piano di sopra ci sarà tutto l’insieme delle tecnologie radiologiche e sopra questo il blocco operatorio, le rianimazioni, il punto nascita, i reparti di chirurgia».
Questo consentirà anche condividere e mettere in spazi comuni le professionalità mediche e infermieristiche, ma anche discipline diverse: «L’anestesista, il chirurgo, il radiologo, saranno in spazi adiacenti a realizzare quelle che noi chiamiamo piattaforme assistenziali che renderanno molto più efficace ed efficiente il sistema di comunicazione e gestione. Questa operazione consentirà un’altra cosa che non è un vantaggio da sottovalutare per i nostri servizi: concentrando nel nuovo edificio una serie di attività, libereremo spazi e quindi 4-5 padiglioni oggi che sono sulla cinta dell’ospedale potranno essere rifunzionalizzati per destinazioni di servizi di supporto sociali, foresteria, campus universitario, servizi integrativi per l’assistenza, palestre, asilo nido e quant’altro. Veramente un grosso vantaggio, ma la cosa principale sarà davvero la razionalità e la modernità dei percorsi di cura».
Per la nuova struttura servono circa 200 persone in più
Il Gaslini, come tutte le strutture sanitarie pubbliche, soffre di carenza di personale: «È un problema complessivo del sistema Italia − sottolinea Spiazzi − soprattutto si fa fatica a reclutare personale infermieristico e delle professioni sanitarie. Rispetto ai bisogni stimati in Italia ci sono decine di migliaia di operatori in meno. Questo è un problema. Al momento l’assistenza pediatrica è quasi una malattia e quindi tende ad attirare vocazioni, per cui magari noi soffriamo meno di altre realtà, però è anche vero che comunque nella previsione dei prossimi ricambi generazionali sarà un tema da porre all’attenzione del programmatore nazionale, perché altri sistemi hanno dovuto ricorrere in immissione di personale formato dall’estero. La vocazione internazionale del Gaslini non esclude anche questa questa possibilità, però contiamo di porre in termini anche tecnici il problema reale del fabbisogno, perché per un servizio possono servire uno, due, dieci, cinquanta persone. Se vogliamo un servizio servono quelle cinquanta persone. Se il programmatore ne riesce a fornire solo 40 bisogna rinegoziare il servizio e quindi ridurre».
Nei nuovi volumi la stima fatta dalla direzione sanitaria prevede la presenza di circa 150-200 operatori aggiuntivi. Abbiamo una ricca cantèra per cui magari potremmo anche trovarle le vocazioni. Bisogna che i finanziamenti consentano questo, ma sicuramente noi stiamo lavorando per reclutare e formare. Il tema del formazione del personale infermieristico è un tema che è più grande del problema Gaslini».