Le Case delle Tecnologie Emergenti stanno funzionando, il loro arco temporale è stato prolungato da due a tre anni, hanno fatto rete tra loro e con le imprese, e la Casa genovese, che ha sede nell’ex stazione ferroviaria di Pra’ è una delle realtà migliori. È quanto emerso dal roadshow sulle Tecnologie emergenti per la valorizzazione e fruizione del patrimonio culturale che si è tenuto questa mattina a Genova, a Palazzo Tursi.
Le Case delle Tecnologie Emergenti sono dei centri di ricerca, sperimentazione e trasferimento tecnologico che perseguono progetti orientati all’impiego delle tecnologie emergenti a supporto delle reti di nuova generazione. Ciascuna Cte è supportata da un partenariato composto dal Comune di riferimento (capofila), enti di ricerca pubblici e privati e partner industriali. L’obiettivo è quello di proporre e sviluppare soluzioni innovative applicabili in realtà quali start-up e pmi, promuovendo l’avanzamento tecnologico delle piccole e medie realtà imprenditoriali su tutto il territorio nazionale. Il compito delle Cte è anche quello di rappresentare un presidio del Mimit che possa fungere da punto di riferimento per quelle realtà imprenditoriali interessate a sviluppare il proprio modello di business sfruttando i benefici delle nuove tecnologie. La prima Casa della tecnologia è stata realizzata a Matera, capitale della cultura 2019, finanziata a fine 2019. Oggi le Case sono 13. I finanziamenti vengono dal Mimit. C’è un cofinanziamento anche dei singoli partner, nella maggior parte dei casi dai Comuni, possono contribuire anche le aziende ma la parte principale del finanziamento è quella dello Stato.
Il punto
A fare il punto sull’operato delle Case è Roberta Serroni, dirigente del ministero delle Imprese e del Made in Italy, responsabile della divisione che si occupa di reti e di servizi di comunicazione elettronica. Tra le sue linee di attività c’è quella di coordinare le Case delle tecnologie emergenti.
«Oggi – puntualizza – con Genova è stata l’ultima tappa, abbiamo terminato le 13 tappe di questo percorso, cominciato lo scorso anno con l’inaugurazione di sei case tecnologiche emergenti, mentre quest’anno abbiamo cominciato a marzo e abbiamo finito oggi con le altre sette case.
– Come vedete il futuro delle Case?
«L’augurio che ho espresso anche ieri, quando abbiamo avuto una riunione operativa, è che possano continuare in un modo un po’ diverso rispetto alla fase iniziale, cioè a lavorare non singolarmente. Oramai hanno fatto rete tra loro e con le imprese, quindi l’augurio è che possa esserci una Casa delle Tecnologie dell’Italia.
– Una rete delle Cte?
«Sì, una rete delle Cte che non avvii solo vocazioni territoriali. Ognuno ha avuto una sua specificità, Genova è l’unica ad avere una specificità nell’ambito museale. Anche se ciascuna Cte esercita il suo compito al livello comunale o al limite regionale, uno degli obiettivi auspicati è quello di uno sviluppo il più possibile condiviso delle progettualità delle varie Case, per creare una rete di supporto all’utilizzo delle nuove tecnologie su scala nazionale».
Il monitoraggio della Fondazione Ugo Bordoni
Chi monitora e valuta l’operato delle Case è La Fondazione Ugo Bordoni, un’istituzione di alta cultura e ricerca del Mimit che ha il compito di promuovere l’innovazione tecnologica per lo sviluppo e la modernizzazione del paese, trasferire il know-how per la digitalizzazione delle pa, fornire supporto scientifico e tecnologico alle istituzioni e al mondo delle imprese; rappresentare un punto di raccordo tra istituzioni, mondo scientifico e sistema industriale.
«La Fondazione – spiega Luca Rea, specialista Ict della Ugo Bordoni – ha eseguito il monitoraggio tecnico-scientifico delle Case delle Tecnologie Emergenti, si è occupata di valutare nel corso del tempo i progressi tecnologici scientifici che ciascuna Casa metteva a terra. Ognuna casa aveva una roadmap di innovazione. Noi le abbiamo valutate. Se volessimo condensare in poche frasi quanto è emerso dalle nostre valutazioni potremmo dire prima di tutto che la nostra speranza è che le Cte continuino, poi che proseguano con le proprie gambe, e giudicavamo opportuno che fosse loro assegnato un un arco temporale più lungo di quello previsto. Erano due anni a progetto, e adesso siamo sui tre. Siamo riusciti a dare una proroga significativa. In sostanza va benee. Anche se ci sono delle difficoltà da superare».
– Ci sono varietà che dipendono dalla varietà dei territori?
«Certo, ma era quello lo spirito delle Case, cioè intercettare la varietà dei territori, e andare a cercare di inserire la tecnologia più adatta a ogni singolo territorio».
– E la Casa di Genova come la valutate?
«A Genova abbiamo cominciato da poco perché è una delle ultime case ma secondo me è una delle realtà migliori dal punto di vista proprio della messa a terra del progetto perché sono stati velocissimi hanno fatto tutte le cose che dovevano fare. Ieri abbiamo eseguito l’ispezione, mi ha detto il collega che è andata bene».
Il ruolo del Comune
«Abbiamo già fatto una buona parte di percorso – dice Silvia Campailla, responsabile del progetto Cte del Comune di Genova – però il progetto finirà a luglio dell’anno prossimo. Non abbiamo ancora finito, però al momento il bilancio è sicuramente positivo. Si sono create tante sinergie tra i partner, che sono sia pubblici sia privati, sia centri di ricerca, e sinergie con le altre Case delle Tecnologie, grazie anche a momenti d’incontro come questo, molto importanti per confrontarsi sulle idee, sui punti di vista di altri Comuni, di altre società, di altre imprese. E anche conoscere lo stato dell’arte delle altre Case, capire chi è più avanti, è stato di stimolo per noi».
– Qual è il vostro obiettivo?
«L’obiettivo di Casa delle Tecnologie è quello di supportare le imprese, in particolare le start-up e le pmi, attraverso dei bandi con cui eroghiamo dei contributi».
– Per questo motivo collabora con voi anche Start4.0?
«Sì, per il mondo delle imprese e della ricerca il Centro di competenza è un attore fondamentale. Start 4.0 è presente nella nostra Casa delle tecnologie, altri Centri di competenza sono presenti in altre Case delle tecnologie».
Il Centro di Competenza è impegnato principalmente in due modi: uno consiste nel realizzare un piano di scansioni 3D, con le proprie strumentazioni laser scanner, di 6 musei delle rete cittadina. Le strumentazioni del Centro di Competenza sono inoltre messe a disposizione a 6 tra le imprese e startup del settore culturale e creativo che hanno presentato progetti meritevoli nell’ultima open call. Inoltre Start 4.0 ha sviluppato una piattaforma di e-learning per la distribuzione di moduli formativi per pmi e start-up con lo scopo di formare e far conoscere alle imprese della filiera culturale e creativa l’impiego di nuove tecnologie emergenti abilitate da infrastrutture 5G/6G, utili per il loro business e crescita.
– Adesso in particolare a che cosa lavorate?
«Noi stiamo sviluppando varie innovazioni tecnologiche, vari prototipi anche, che possono poi essere applicati al mondo museale e in questo momento sono anche attivi i progetti delle start-up e delle pmi selezionate, che stanno andando a lavorare direttamente con i musei, dentro ai musei, per sperimentare le loro soluzioni tecnologiche».
– Con il vostro coordinamento?
«Sì, esatto, il Comune in questo partenariato ha il ruolo di coordinatore».