«Siamo convinti che la space economy abbia un grande futuro, stiamo investendo in questo settore. E anche in Liguria possono nascere start up di successo nelle tecnologie spaziali». È quanto afferma Renzo Cenciarini, associate professor of Practice, Entrepreneurial Finance alla Scuola di Direzione Aziendale Bocconi e docente al Dipartimento di Management e Tecnologia della Bocconi.
Cenciarini non è solo uno studioso, ha svolto una lunga attività di imprenditore e manager nel settore delle telecomunicazioni. E nel 1998 ha fondato a Milano la Cenciarini & Co, merchant and investment banking boutique, specializzata in promozione di startup, in attività d’investimento, in consulenza finanziaria e in servizi di valutazione. Startup spesso fondate dai suoi stessi studenti che ha incoraggiato a diventare imprenditori. Nei suoi 25 anni di esistenza, Cenciarini & Co. ha prodotto risultati molto al di sopra della media con ritorni sul totale degli investimenti al vertice dei rendimenti di settore, posizionandosi come uno degli investitori in startup di maggiore successo degli ultimi anni. Nel 2020 ha cominciato a concentrarsi su aziende del settore tecnologico e nel 2022 ha espanso le sue attività introducendo una nuova divisione chiamata TLI Space.
Tra le ultime startup di successo seguite dal professore ci sono Switcho, Dante Medical Solutions e Bluvet. «Switcho, società di servizi di cui si è letto recentemente, in 5 anni, ha fatto aumentare di 10 volte l’investimento. Due miei ex studenti sono venuti da me, dicendo che volevano partire con un progetto. Cenciarini & Co. ha fornito loro il denaro iniziale con cui partire col progetto, quindi la società è stata costituita. Poi sono entrati altri azionisti e giorni fa la società è stata venduta. Altri due miei studenti hanno dato vita a Dante Medical Solutions, società di integratori che sta andando molto bene, e altri tre miei studenti, assieme a un socio, stanno sviluppando con Bluvet una rete di cliniche veterinarie in gran parte d’Italia».
– Quindi voi entrate in un’azienda, una start up, fornite capitale e avete anche un pool di consulenti che può supportare il management?
«Diamo una mano, però le nostre competenze sono finanziarie, non industriali. Per esempio, quando ci sono situazioni in cui c’è necessità di nuovo capitale, di ulteriori capitali, noi aiutiamo l’azienda a cercarli».
– Come si trovano i nuovi capitali? Facendo emissioni?
«No, sono società troppo piccole per queste cose. Attraverso nuovi soci che entrano nel capitale. Se la società ha già una certa dimensione, si tratta di fondi di venture capital. Del resto anche noi siamo classificati come venture capitalist. Ci sono fondi di venture capital specializzati nella fase iniziale e altri che investono in startup già consolidate. Noi siamo agli inizi della catena di investimenti, siamo tra i primi che conferiscono capitale. Molte volte andiamo dal notaio a mettere dentro i primi soldi. Mettiamo l’idea a terra, se è interessante e innovativa».
– E guadagnate con le plusvalenze che si generano in seguito al vostro costo intervento?
«Sì»
– Ora vi state focalizzando sulla space economy, perché?
«Siamo partiti generalisti, poi ci siamo spostati da quello che si chiama B2C, business to consumer, al B2B, business to business. Nell’ambito del business to business ci siamo accorti che maggiore era la componente tecnologica, maggiori erano le possibilità di guadagno di plusvalenza e di conseguenza abbiamo sterzato prima verso la tecnologia e poi verso la tecnologia collegata con lo spazio, la space economy. Siamo convinti che la space economy abbia un grande futuro e in questi mesi, stiamo investendo nel settore».
– Anche in Liguria possono nascere startup attive nella space economy?
«Perché no?»
– Secondo i dati di iCribis nell’industria aerospaziale in prima posizione è la Lombardia con il 20,5% del totale delle imprese produttrici di aerei e veicoli spaziali. Completano le prime dieci posizioni la Campania (14,3%), il Lazio (13,4%), il Piemonte (9,4%), l’Emilia-Romagna (7,2%), la Puglia (6,2%), il Veneto (5,9%), il Friuli-Venezia Giulia (5,5%), l’Abruzzo (3,3%) e infine la Liguria (2,6%). Inoltre il tessuto economico ligure è costituito in larga parte da piccole e piccolissime imprese, che hanno carenza di capitali e a volte difficoltà di passaggio tra generazioni. Lei come vede questo?
«Innanzi tutto scindiamo le pmi dalle start up. Tra l’altro la forte presenza di pmi a conduzione familiare non è una caratteristica ligure ma italiana. Comunque la startup è diversa dalla piccola impresa, in genere è costituita da un gruppetto di giovani, non ha un filone familiare, è una società giovanissima. Quanto alla presenza di imprese del settore, per noi è importante non chi c’è già, ma chi vuole cominciare e ha un’idea valida. Se parliamo di sviluppi dell’economia dello spazio, il fatto di stare in Liguria o in Piemonte o in Puglia non cambia niente. La geografia ormai non è più un elemento discriminante. Teniamo conto di questo dato: le startup tecnologiche sono costituite da ragazzi con un computer e una scrivania, più o meno limitrofi, a volte distanti, non hanno bisogno di un terreno fertile comune».
– In Liguria ci sono l’Iit, Leonardo, il Siit, si sta formando il polo scientifico tecnologico degli Erzelli. Non sono importanti?
«Sono presenze valide, certo, però più sviluppiamo la componente tecnologica delle nuove aziende, meno diventa rilevante il fattore dello stare tutti insieme e quindi meno diventa rilevante l’aspetto geografico. Noi, faccio un esempio, abbiamo una società partecipata che ha sviluppatori sparsi ovunque, che lavorano da casa loro, in montagna, al mare. Di rado abbiamo bisogno di aggregazione».
– I nuovi collegamenti veloci, grazie al Terzo Valico e al nuovo Nodo ferroviario di Genova, potranno dare un ulteriore contributo al superamento della dimensione geografica?
«Sì. Come dicevo, si può lavorare in ogni città. Il nostro commercialista, per esempio, sta a Bologna. Ogni tanto lo vediamo. Non c’è un gran bisogno di incontrarsi spesso, ma se è il caso lui salta su un treno e arriva in meno di un’ora. Ma se potremo andare da Milano a Genova in 50 minuti, come si va da Milano a Torino, da Milano a Bologna in 50 minuti, Genova sarà avvantaggiata. Non c’è nessun motivo per cui con i treni veloci che funzionano, almeno fino a Genova, uno che sta a Genova non possa venire a Milano. E Genova rispetto ad altre città ha un grande vantaggio. L’ambiente, il clima, il mare. Ci si vive volentieri».
– Quindi Genova e la Liguria possono puntare sull’aerospazio?
«Nel settore spazio ci sono opportunità e il fatto di stare in Liguria non cambia nulla rispetto a essere, per esempio, in Piemonte, che forse in questo momento è la regione più avanzata in fatto di startup nell’aerospazio, ma perché è il presidente che ha voluto sviluppare questo settore, e il Politecnico di Torino ha spinto molto sullo spazio. Ecco, se la Liguria volesse spingere sullo spazio, potrebbe farlo tanto quanto il Piemonte. Il fatto che in Piemonte ci siano già Thales o Avio Aero non è determinante».
– Che cosa è determinante?
«Avere un’idea valida, naturalmente, e puntare a fare del bene con la propria attività soprattutto agli altri prima che a se stessi. Il risultato economico deve essere una conseguenza, un indicatore di successo, piuttosto che l’obiettivo che ti motiva. È molto facile, in finanza, cadere nella trappola di perseguire il guadagno per proprio interesse, piuttosto che utilizzare la finanza per lasciare qualcosa di utile e di prezioso per l’umanità di oggi e di domani. Se un giovane mette i propri talenti, le proprie energie per dare, piuttosto che per avere, il successo arriva. Io non ho mai creduto che fare soldi potesse essere un obiettivo, ho raggiunto una certa agiatezza economica vivendo tutta la vita con questo principio e con me ha funzionato, e anche con la maggior parte dei ragazzi nei quali abbiamo investito ha funzionato».