«Per l’ex Ilva «non siamo favorevoli a una nazionalizzazione permanente, bensì a un intervento transitorio. Lo Stato dovrebbe garantire gli investimenti per la decarbonizzazione, come stanno facendo tedeschi e francesi per le loro siderurgie». Lo ha dichiarato Antonio Gozzi, presidente di Federacciai e di Duferco Italia Holding questa mattina nel corso del webinar “Mercato & dintorni”, l’appuntamento mensile di Siderweb dedicato alla congiuntura siderurgica. Siderweb è l’unica testata online in Italia dedicata interamente alla filiera siderurgica.
Secondo Gozzi un intervento dei privati nell’ex Ilva sarebbe possibile, a patto che «Venga fatta chiarezza su molti punti oscuri», a partire dai «debiti di Acciaierie d’Italia nei confronti dell’indotto, dei fornitori di energia… È chiaro che vadano pagati, non si può però chiedere che a farlo siano i privati che entrano. È poi necessaria una due diligence sugli impianti. Dal 2012 a oggi sono stati concentrati gli sforzi sull’ambientalizzazione del sito, riducendo gli investimenti per la manutenzione ordinaria. La sensazione è che lo stato degli impianti, upstream e downstream, non sia ottimale. Definito un piano industriale di rilancio e di decarbonizzazione i privati si devono fare carico della gestione del circolante e degli investimenti sugli impianti, al di là della decarbonizzazione. Credo – ha detto il presidente di Federacciai – che la siderurgia italiana, a partire dal grande produttore nazionale di piani che è Arvedi, possa pensare a un disegno di questo tipo. Credo che ci sia anche un dovere nazionale dei siderurgici italiani di aiutare il Paese in un momento di così grave difficoltà. Ma le cose vanno fatte con buonsenso, senza suicidarsi, non dimenticando la redditività e il ritorno economico, sia pure nel medio-lungo periodo».
Gozzi ha ha sottolineato che non è troppo tardi per i tentativi di salvataggio e di rilancio dell’impianto di Taranto, ma che essi vanno «Contestualizzati all’interno delle regole europee, che non condivido e contesto, ma che esistono e quindi vanno rispettate, sperando che possano essere cambiate. Parlo di CBAM e connessi, e in particolare della scomparsa delle quote ETS gratuite per le emissioni di CO2 per gli altiforni europei, con un décalage nel 2027-29, che renderà non più economica in Europa la produzione siderurgica da ciclo integrale». «L’ex Ilva, che dovrebbe produrre da piano industriale 6 milioni di tonnellate l’anno per essere in break-even – ha sottolineato Gozzi -, in caso di mancati interventi per la decarbonizzazione sarebbe costretta a pagare una volta terminate le quote gratuite ETS circa 1,2 miliardi di euro l’anno per l’acquisto di quote CO2, una cifra insostenibile che la porrebbe fuori mercato. Così come fuori mercato saranno tutti gli altiforni europei».
Per quanto riguarda o scenario globale, Gozzi ha affermato che «Fare previsioni sul 2024 è difficile, la situazione è molto incerta e volatile. Le grandi incertezze sono soprattutto geopolitiche. Basti pensare all’aumento dei noli, a seguito della tensione sul Mar Rosso, che porta con sé il rischio di impulsi inflazionistici da rarefazione dell’offerta che avevamo visto nel Covid e che avevamo superato. La Germania, che è il nostro primo mercato, è in fase fortemente recessiva, con il suo modello, basato sull’energia a basso costo dalla Russia e l’export monstre in Cina, che è entrato in crisi. È un grosso problema per la manifattura italiana, che però fortunatamente è molto più diversificata e molto capace di export. La recessione tedesca e il venir meno del Superbonus 110% potrebbero essere compensati dai progetti del Pnrr. Abbiamo davanti due anni e mezzo di appalti. Bisognerà vedere quanto si riuscirà a mettere a terra, e qui ci sono difficoltà. Questo impulso di politica economica keynesiana sarebbe straordinariamente adatto a compensare la fase di rallentamento dell’economia».