Georges Simenon ha scritto non solo la serie di Maigret e diversi romanzi e racconti di notevole valore, ma anche migliaia di articoli per giornali e riviste. Adelphi ha pubblicato alcuni suoi reportage di viaggio nei volumetti della Piccola Biblioteca: “Il Mediterraneo in barca” (2019), lo splendido “Europa 33” (2020), un vero gioiellino, “A margine dei meridiani” (2021). Di recente ha fatto uscire “L’America in automobile”, che contiene alcuni reportage pubblicati la prima volta su France Soir nel 1946 e su Vigilat nel 1952 e 1953, mentre uno è stato scritto nel 1958 per Mondadori ed è apparso nel 1988 all’interno di un’opera collettiva, “Les Avatars d’un regard” a cura di Franca Marcato Falzoni (Cluebbe, Bologna).
Lo scrittore belga era partito per il continente americano nell’autunno del 1945, vi restò dieci anni, fino al marzo del 1955, quando tornò in Europa. Aveva lasciato la Francia a causa delle accuse di collaborazionismo con i nazisti. Le accuse si erano dimostrate infondate ma lo avevano amareggiato e spaventato: inoltre, spiega la moglie Tygy (vedi “Georges Simenon-Una biografia” di Pierre Assouline, Odoya), rimaneva il timore del “pericolo rosso”, cioè che il Partito comunista francese, il “partito dei fucilatori”, prendesse il potere in Francia. Il Pcf era allora la prima organizzazione politica del paese, con 380 mila iscritti nel gennaio 1945. “La Francia – scrive Assouline – l’aveva deluso enormemente. Era diventato un paese troppo astioso e meschino, troppo invidioso e cattivo per i suoi gusti. Non aveva ‘digerito’ l’episodio di Les Sables d’Olonne e non avrebbe mai dimenticato l’ingiustizia di quel soggiorno obbligatorio. Simenon aveva vissuto meglio la guerra di liberazione e trovava il clima di denuncia degli anni 1944-1945 ‘più che disgustoso’, come avrebbe confidato all’editore Maurice Dumoncel”.
Perché aveva scelto gli Usa come nuova patria? Probabilmente sia per tentare di affermarsi nel ricco mercato librario e cinematografico statunitense e misurarsi con i grandi scrittori americani che amava, come Hemingway, Faulkner, Steinbeck, sia perché, come tanti europei allora, e del resto anche oggi, era affascinato dall’energia e dall’ottimismo degli americani. “In questo paese – scrive in ‘L’America in automobile’ – si avverte realmente una forte tensione verso l’allegria e la gioia di vivere” (pag. 53). È questo lo spirito che anima gli articoli del volumetto e che Simenon riesce a trasmetterci con la sua scrittura semplice e luminosa.