«Siamo entrati in Azione con un’idea chiarissima: non vogliamo il metodo che abbiamo vissuto, sofferto e subito nel Pd. Siamo usciti in trenta, ma entriamo uno per uno, chi vuole, da solo. Non vogliamo avere la corrente degli ex Pd dentro Azione, ma vogliamo avere una comunità che lavora insieme, senza soffocati né soffocatori». Pippo Rossetti, storico consigliere regionale del Pd motiva la sua scelta nella conferenza stampa convocata insieme a Carlo Calenda.
Lo fa mettendo i puntini sulle i: «Abbiamo chiesto a Calenda delle garanzie: chi lavora nel partito e si fa il mazzo deve essere premiato, non marginalizzato. Lui ci ha chiesto di prendere posizioni chiare e nette e le porta avanti. Le parole di Schlein ci confermano che il manifesto di Veltroni del 2007 non c’è più e il Pd sta diventando una partito non più di centrosinistra, ma di sinistra, fotocopia dei Cinque stelle. Questa roba non mi appartiene più: chiediamo scusa a chi ci ha votato per votare solo il Pd, ma in tanti ci hanno detto che votavano già Azione. Il Pd non si è accorto che stava arrivando Schlein, ma nemmeno che ce ne stavamo andavamo noi e prima di noi se ne sono andati tanti elettori. Agli amici del Pd che rimangono auguro buona strada».
Rossetti si toglie anche qualche sassolino dalla scarpa: «In Liguria invece di dire cosa vogliamo fare, ci preoccupiamo solo di mettere sotto silenzio chi non rinnega i dieci anni precedenti di lavoro e amministrazione, in riferimento al decennio di Claudio Burlando come presidente dell Regione». Stuzzicato sul fatto che abbia comunque votato Davide Natale come segretario dei Pd poco tempo fa chiarisce: «A fronte dei disastri della segreteria precedente, sapere da Davide Natale che cosa pensasse Andrea Orlando è già una grande cosa. Sono contento che Davide Natale possa fare il segretario regionale del Pd, ci confronteremo con lui sulle proposte da fare perché è una persona concreta e seria e soprattutto risponde al telefono. Da lui abbiamo avuto una risposta alla nostra uscita di grande rispetto sul piano personale e delle relazioni, ma è illuminante dell’attuale linea del Pd: Claudio Burlando deve sparire, non deve nemmeno avere una sua chat e non deve riunire nessuno. Non ho voluto aspettare che cambiasse il segretario: il Pd ormai si schianterà a prescindere da chi è l’autista».
Simili motivazioni arrivate da Cristina Lodi, anche sull’appoggio al segretario regionale: «Da tanti anni mi stavo chiedendo se il Pd fosse ancora la mia casa. Quando uno comprende che quella non è più la sua casa, è inutile che si metta in una competizione dialettica che porterebbe solo altre rotture: la conflittualità non è nel mio stile. Bene andare in piazza per i diritti, ma se non sappiamo chiaramente quale sia la strada per riottenerli, non li riotterremo mai. Il Pd è stato un partito che ho amato, ma dal 2023 avrebbe dovuto avere il coraggio di cambiare nome perché con il nuovo manifesto non è più quello che ho portato in giro per le strade nel 2022, in campagna elettorale.
Lodi assicura che invece continuerà a essere quella del 2022. «In un partito in cui ho la possibilità di farlo, essendo coerente con me stessa. Ho letto il manifesto di Azione, dice che i riferimenti sono Gobetti, Rosselli e don Sturzo: in questo ritrovo me stessa e miei valori.
Lodi dice di esserci rimasta male sulle parole di Elly Schlein («Forse avevano sbagliato partito»): «Da lei mi sarei aspettata più rispetto. Nel 2015 ha scritto una lettera di dimissioni identica alla mia, cambiava solo la maggioranza del partito con cui era in dissonanza, mantenendo comunque il seggio. Io mi sono molto offesa: se una ha chiesto rispetto per la sua scelta, in coerenza, dovrebbe riservarlo a chi sta facendo la stessa cosa. La politica è una cosa seria: nel Pd ho sempre rispettato tutti e sempre continuerò a farlo, sperando di trovare una strada comune per mandare a casa Toti».