Titolare della cattedra di Storia Contemporanea all’Università Federico II di Napoli, Andrea Graziosi è uno tra i più qualificati studiosi della storia sovietica e dell’Europa orientale. In“Occidenti e Modernità”, edito lo scorso febbraio dal Mulino (212 pagine, 15,20 euro), analizza le cause delle diverse percezioni e autodefinizioni culturali della più vasta e generalista nozione di “Occidente”. Esprime, poi, interessanti giudizi sulla “modernità maggiore” prodotta dalla cultura liberale e sulla “modernità minore” espressa dalla cultura socialista.
Non si tratta, all’evidenza, di vuoto nominalismo, ma di attribuzione di significato a una cultura identitaria che ha segnato, attraverso il costituzionalismo liberale, l’innovazione tecnologica, l’antitotalitarismo conservatore il progresso economico e politico di una ben definita area geografica e politica. L’Occidente politico nostro e dell’autore è quello nato dopo il 1945 dall’associazione tra Stati Uniti ed Europa occidentale.
Pur ricorrendo, dal punto di vista della prospettiva, alla categoria della “crisi dell’Occidente”, Andrea Graziosi espone con encomiabile chiarezza le cause che hanno prodotto l’indebolimento della dottrina, culturale, morale e politica, occidentale e segnato l’allentamento del legame atlantico. Venuto meno il contributo contadino all’incremento demografico, un primo fattore dello straniamento percettivo occidentale è dato dal paradosso demografico: lo straordinario balzo in avanti nell’attesa di vita ha reso le società occidentali vecchie e meno vitali, quindi bisognose di energie vitali da aree culturali estranee. Tale fattore ha riguardato anche gli Stati Uniti d’America che rispetto alla sostanziale connotazione etnica europea dei primi decenni del 900, nei tempi recenti hanno consistentemente diluito tale carattere.
Per Graziosi altri due eventi hanno disvelato clamorosamente il segno del mutamento valoriale: il Covid e l’invasione russa dell’Ucraina.
La gestione pubblica del Covid ci ha posti di fronte alla sgradevole ineluttabilità in Occidente di una deriva illiberale. Il Covid ha disvelato quanto un rapido invecchiamento sociale avesse reso fragili queste società esponendole a gestioni penalizzanti per i giovani. Sostiene, poi, Graziosi che l’invasione dell’Ucraina ha confermato la sostanziale fragilità di tutti i diritti, compresi quelli individuali, e la vacuità della retorica pubblica sui diritti umani, oramai posti da tempo a fondamento della nostra Modernità. L’invasione dell’Ucraina ha imposto all’opinione pubblica occidentale il duro fatto che il moralmente giusto, o ciò che così appare, si concretizza solo se forza militare e le condizioni politiche lo consentono. Il carattere relativo e condizionato del moralmente giusto ne confessa, senza rimedio, anche precarietà e provvisorietà.
Dunque, secondo Graziosi, Covid e invasione russa dell’Ucraina sono la definitiva e ultimativa conferma che diversi idealtipi occidentale vanno abbandonati perché infecondi: l’illusione del progresso continuo, il mito del “piano”. Altre e ben più decisive questioni meritano priorità: la presa di coscienza del declino, il decremento e il mutamento demografico che stanno costruendo una nuova identità europea non necessariamente liberale.