«L’acciaio è il più energivoro dei settori, ha bisogno del gas, con la crisi attuale è in gioco la permanenza di un settore industriale europeo, gli europei per non dipendere dalla Russia chiedono aiuto all’Algeria che ha presentato un piano chiaro e forte per portare il suo gas in Europa, però manca ancora una risposta coerente da parte nostra».
È l’allarme lanciato ieri da Antonio Gozzi (nella foto), presidente di Duferco Italia Holding e di Federacciai, nel suo intervento a Fabbrica X l’Eccellenza, convegno su Infrastrutture, Energia e Supply Chain organizzato dalla CdO.

Il nostro Paese importa il 45% del gas che usa per i consumi interni dalla Russia. Il governo Draghi intende uscire dalla dipendenza del gas russo, almeno nell’immediato, rifornendosi di altro gas. La strada perseguita è quella di diversificare le fonti di approvvigionamento mentre procede la diversificazione delle fonti energetiche che però è un processo che richiede tempo. Attualmente le rinnovabili non sono sufficienti per alimentare il ciclo produttivo. Come superare la dipendenza dalla Russia? Non è un processo semplice, ha avvertito Massimo Nicolazzi, docente di Economia delle risorse energetiche all’Università di Torino e senior advisor ISPI’s Energy Security Program. «Non c’è una possibilità soddisfacente di sostituzione totale del gas russo a breve – ha detto – anche perché il gas ha bisogno di infrastrutture di ingresso e di tante altre cose. Il gas è un mercato regionale e non un mercato globale».
Bisogna accelerare i tempi ma per poterlo fare bisogna che l’Ue definisca una strategia realistica e chiara.
«Ho avuto l’onore – ha raccontato Gozzi – di essere invitato, unico imprenditore italiano, come relatore all’Energy Business Forum Algeria-Unione Europea, tenutosi ad Algeri l’11 e il 12 ottobre. Si è discusso a lungo tra algerini ed europei sulla promozione di investimenti e partnership nel settore energetico in Algeria al fine di sostenere il mercato dell’energia europeo. Si è discusso anche del ruolo del gas, fondamentale per un futuro sostenibile e per la sicurezza degli approvvigionamenti, di energie rinnovabili e di efficienza energetica. Il messaggio che è emerso da parte algerina è molto forte e chiaro, e vedremo come nei prossimi giorni reagiranno i mercati. Nonostante la tradizionale amicizia con la Russia, l’Algeria, attraverso le parole del suo premier, ha confermato di voler sostenere l’Europa nel suo sforzo di diversificazione delle fonti di approvvigionamento e di indipendenza dal ricatto di Mosca. E per fare ciò ha già aumentato le forniture di gas ai Paesi dell’Unione, primo fra tutti l’Italia, e le aumenterà ancor di più nel prossimo futuro. La grande novità del Forum è che gli algerini per la prima volta hanno mostrato nel dettaglio le previsioni di investimenti in corso e da realizzarsi nell’immediato futuro. Questi investimenti, che si avvicinano ai 50 miliardi dollari, permetteranno nel giro di pochi anni, tra il 2022 e il 2026) di aumentare la produzione di gas algerino dai 120 miliardi di metri cubi/anno attuali a 150 miliardi. Gli algerini però chiedono che partecipiamo per il 10% ai 50 miliardi e che collaboriamo con joint venture ai trasferimenti di tecnologie per le energie rinnovabili. Il modello è quello del dialogo e della cooperazione e non per nulla si è fatto riferimento a Enrico Mattei. Noi italiani chiamiamo Transmed il tubo che porta il gas dall’Algeria all’Italia, gli algerini lo chiamano ‘Gasdotto Enrico Mattei’ e questo la dice lunga sul segno lasciato da Mattei in quel Paese. Il piano presentato dagli algerini è un piano di alto valore, chiaro e strutturato, in cambio i funzionari europei hanno ripetuto ripetere le solite litanie».
Il fatto è che l’Europa attraversa una crisi di idee e di leadership e non sembra pronta ad adottare una politica energetica unitaria, da un lato si chiede aiuto all’Algeria e al suo gas per far fronte alla crisi energetica, dall’altro nella discussione europea sulle tecnologie ammissibili ai finanziamenti la maggioranza ha rifiutato il concetto di gas come energia della transizione bandendolo dal futuro energetico dell’Unione e prevedendo nei prossimi anni una forte riduzione del suo utilizzo. Una strategia che non incoraggia investimenti in strutture gasiere, si tenga presente che un gasdotto richieder investimenti pluriennali e la certezza di almeno 15/20 anni di esercizio per il suo pieno ammortamento. Però per sostituire il carbone e il petrolio le uniche due fonti possibili sono le centrali a gas a ciclo combinato con l’applicazione delle tecnologie che azzerano le emissioni di CO2 – esistono le tecnologie per renderlo neutrale dal punto di vista carbonico – e il nucleare di quarta generazione. Ma se Macron in Francia è riuscito a far accettare il concetto del nucleare di nuova generazione, l’Italia, che al nucleare finora ha rinunciato, può contare soltanto sul raddoppio della centrale slovena e soprattutto sul gas: deve diventare un naturale e straordinario hub di questa fonte di energia nel Mediterraneo, L’Algeria, come ha spiegato Gozzi, è pronta ad aiutarci. Bisogna dare una risposta.
Del resto non è soltanto l’acciaio che ha bisogno di energia. Gli ospedali, le scuole hanno bisogno di energia sempre. E anche altri settori industriali. Massimo Medugno, di DG Assocarta ha ricordato che «siamo secondi produttori di carta in Europa, secondi riciclatori in Europa, produciamo milioni di tonnellate/anno di carta riciclata».
Assocarta in un rapporto del maggio 2022 documenta che «il 63% della nostra produzione proviene da fibre riciclate», mentre l’avvio a riciclo degli imballaggi sale a oltre l’85%.’industria cartaria resiliente che a livello nazionale chiude il 2021 con una produzione in aumento del 12,5% (9,6 milioni di tonnellate) e un fatturato che registra un +28,6% rispetto a un 2020 in forte calo (-12,4% sul 2019).
«L’economia circolare per quanto riguarda la carta – commenta Medugno – c’è già. Ma teniamo presente che l’80% del riciclo di carta in Europa viene fatto con impianti a gas. All’inizio della crisi i costi sono stati caricati sulla filiera, ora impattano sui clienti. I crediti d”imposta hanno dato un poi’ di sollievo ma bisogna estrarre il gas in Italia, ci vuole più gas italiano».