«Leggo sui giornali un animato dibattito sul reddito di cittadinanza. All’improvviso, di colpo, tanti vorrebbero cambiarlo. Dico giustamente, anzi, dico da sempre, che non andava proprio fatto. Ma è altrettanto vero che dopo due anni difficili come quelli che abbiamo passato, serve una forma di reddito che aiuti chi ha perso il lavoro, la propria fonte di sostentamento, la propria attività. È possibile conciliare queste cose in modo virtuoso? Io credo proprio di sì». Lo scrive in una nota il presidente della Liguria e cofondatore di Coraggio Italia, Giovanni Toti.
«Per fortuna – prosegue Toti – l’Italia è tornata a crescere e, stando alle stime, crescerà molto nei prossimi anni. Questo vuol dire che avremo bisogno di più lavoratori. E visto che il mondo è cambiato tanto, spesso avremo bisogno di lavoratori con capacità diverse e che sappiano fare mestieri diversi da quelli che facevano prima. Oggi il reddito di cittadinanza produce un effetto distorsivo in questo senso: anziché accompagnare le persone verso un nuovo impiego, le spinge a restare a casa. Così loro non tornano nel mondo del lavoro, si accontentano di vivere con il sussidio e le imprese non trovano lavoratori: già durante quest’estate sono mancati camerieri, personale per gli hotel, lavoratori specializzati in tanti campi del terziario. E sempre più mancheranno: tecnici, esperti in computer, lavoratori delle molte agenzie di servizi online. Solo per limitarmi alle professionalità più “semplici».
«Allora – conclude Toti – la mia proposta è questa: nessuno deve perdere il reddito di cittadinanza, ma per averlo le persone dovranno lavorare davvero o formarsi obbligatoriamente per imparare un nuovo mestiere. Come fare? Semplice: diamo i soldi alle imprese per assumere le persone che oggi percepiscono il reddito di cittadinanza. Un’impresa che oggi può permettersi di pagare ad esempio 10 dipendenti potrà averne 15, perché aiutata dai soldi destinati al sussidio. Le persone imparano un mestiere, percepiscono un reddito e allo stesso tempo l’azienda diventa più competitiva. È una pratica che esiste già: si chiama “politiche attive del lavoro”, ovvero assunzioni incentivate per certi settori, vedi i lavoratori stagionali del turismo. In Liguria, per esempio, abbiamo finanziato questo genere di assunzioni con grande successo. Se avessimo tutti i soldi del reddito di cittadinanza potremmo fare molto di più. E se uno proprio non trova un’azienda che lo assume, anche se fosse incentivata a farlo? Nessun problema, prenderà lo stesso il reddito, a patto che segua un corso di formazione professionale con presenza obbligatoria, che gli insegni uno dei molti mestieri di cui avremo bisogno per la nostra economia che tanto deve crescere. Dunque nessuno verrà lasciato indietro, purché non poltrisca sul divano, ma dia il suo contributo, con impegno, alla crescita del Paese. Il miglior reddito di cittadinanza si chiama lavoro!»