Il libro di Alberto Mingardi “La verità , vi prego, sul neoliberismo – Il poco che c’è, il tanto che manca” è stato pubblicato da Marsilio nel 2019. Non è, quindi, una novità editoriale ma a riproporlo – con prepotenza, è il caso di dirlo – all’opinione pubblica, ha provveduto la polemica politica nei giorni scorsi, offrendoci lo spunto di trattare di questo bellissimo lavoro, uscito prima che iniziasse la nostra rubrica, e di segnalarlo a chi ancora non l’avesse letto.
Riassumiamo i termini della polemica: il vicesegretario Pd, Giuseppe Provenzano, ha twittato a proposito dell’arrivo dei consiglieri del Nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica, istituito da Palazzo Chigi.a Palazzo Chigi: «A coordinare e valutare la politica economica nella più grande stagione di investimenti pubblici è opportuno chiamare degli ultras liberisti? Una vita a infamare la spesa pubblica su Twitter, e poi? Ma aggiornare, se non le letture, le rubriche di alcuni consiglieri a Chigi?». E Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra Italiana: «Non poteva essere altrimenti: il governo dei migliori non poteva avere altro che dei consulenti ultra liberisti e nemici dell’intervento pubblico in economia a Palazzo Chigi. Un’altra scelta sbagliata».
Analizzando i nomi dei nuovi consiglieri, gli esperti hanno concluso che gli obiettivi di Provenzano e Fratoianni sono in realtà due: Carlo Stagnaro e Riccardo Puglisi. Il primo è direttore Ricerche e studi dell’Istituto Bruno Leoni, ha ricoperto diversi incarichi nel Mise durante i Governi Renzi e Gentiloni ed è un noto e brillante editorialista. Associato all’Università di Pavia, Puglisi è stato molto critico con l’ex governo giallorosso di Conte e due anni fa aveva aderito all’associazione fondata da Mara Carfagna, oggi ministro per il Sud nel governo Draghi e considerata esponente dell’ala liberale di Forza Italia. A concentrare gli attacchi su Stagnaro ha contribuito l’ex responsabile economico del Pd Emanuele Felice secondo cui, leggiamo sul Foglio, esisterebbe un «problema enorme» con la nomina di Stagnaro: «I finanziatori dell’Istituto Bruno Leoni non sono noti. Il potenziale conflitto di interessi con i piani del Pnrr, che muovono decine di miliardi di euro, è serissimo».
Serissimo! Nientemeno! Il quotidiano fondato da Giuliano Ferrara osserva che non si sono levate proteste quando consigliera economica del presidente del Consiglio Conte era un membro del cda dell’Enel, Mariana Mazzucato, e quando il titolare della Casaleggio Associati è stato consigliere del ministro dell’Innovazione Paola Pisano. Inoltre il ministro della Salute Roberto Speranza e il suo capo segreteria Massimo Paolucci fanno parte della fondazione ItalianiEuropei di Massimo D’Alema, il sottosegretario all’Economia Maria Cecilia Guerra, esponente dell’associazione Nens di Vincenzo Visco. Ed Enrico Letta è membro di Arel. Nessuno, a quanto ci risulta, ha chiesto di conoscere i finanziatori di queste fondazioni. Quello di Felice sembra un attacco strumentale che, come è nella tradizione di una parte della sinistra, utilizza le armi del moralismo e del sospetto per colpire gli avversari. E gli attacchi di Provenzano e Fratoianni semplicemente futili.
Ma, a questo punto, sarà bene capire cosa sia questo mostro, il liberismo, da cui tanti vogliono difenderci. E qui risulta utile il documentatissimo saggio di Mingardi (direttore dell’Istituto Bruno Leoni), che nella prima parte ridimensiona il mito del mercato pervasivo e tirannico, governato da una sorta di Spectre di liberisti. «I due indizi principali (di una politica liberista, ndr), politiche di liberalizzazioni e deregulation – si legge nel libro – restano sostanzialmente una rarità in molti paesi occidentali, il loro effetto spesse volte è più che bilanciato da iniziative di carattere contrario e sono state messe in atto consapevolmente, come progetto unitario di riforma della società, solamente in un paio di occasioni, trent’anni fa, negli Stati Uniti e in Inghilterra. All’opposto di chi, di solito, scrive di neoliberismo, l’autore di queste pagine è convinto che Ronald Reagan e Margaret Thatcher siano stati la fioca luce di un secolo buio. Ma l’uno ha lasciato la Casa Bianca nel 1988 e l’altra Downing Street nel 1990… Erano giganti ma giganti di un’altra era».
Nello svolgimento del libro, poi, Mingardi ci mostra come sia a quel poco di liberismo introdotto nelle nostre economie che dobbiamo crescita e prosperità. Nel 2000 il 29% della popolazione mondiale, stimata di 6 miliardi, viveva in povertà; nel 2019, quando è stato pubblicato “La verità, vi prego, sul neoliberismo”, solo il 10% degli esseri umani viventi, era indigente. Nel frattempo il numero di abitanti della Terra era salito a 7 miliardi. Le disuguaglianze sono rimaste. Ma, osserva Mingardi concludendo il suo lavoro, «le disuguaglianze sono ubique nella storia. Nei sei millenni trascorsi dalla fondazione delle prime città, cioè da quando la parola “politica” ha cominciato ad avere un senso, una sola società è riuscita a calmierarle: la società industriale. Non dovrebbe stupirci l’abisso di possibilità che separa oggi un normale impiegato di banca e un multimilionario: dovrebbe stupirci quanto invece la loro vita si assomiglia. Abluzioni quotidiane, automobile di proprietà, infinite possibilità di intrattenimento, a portata di clic, viaggi aerei, saper scrivere e leggere, cure mediche che una generazione fa sarebbero state fantascientifiche. Un contadino del Seicento col suo sovrano aveva in comune giusto la necessità di soddisfare i bisogni primari: le modalità, purtroppo, erano agli antipodi. Oggi media e politici suggeriscono alle classi medie di sentirsi schiacciate dalla globalizzazione perché girano con un piccolo suv coreano, anziché con uno più marziale e di una prestigiosa marca tedesca. Abbiamo molto da perdere, solo che non ce ne accorgiamo».