La “confusione” che si è creata sul vaccino AstraZeneca (e in misura minore su Johnson & Johnson) sembra destinata a non esaurirsi, affossando ulteriormente la fiducia nei confronti di questo vaccino, utilizzato ampiamente soprattutto in Gran Bretagna.
Qualche giorno fa l’Ema ha ribadito che la posizione sul vaccino non è cambiata: “Il bilancio rischi-benefici resta positivo e il vaccino resta autorizzato per tutta la popolazione“, precisa in una nota riferendosi alla “disinformazione” scaturita da una dichiarazione di un loro esperto e ritenuta mal interpretata e pubblicata su un quotidiano.
Il giorno successivo Pierpaolo Sileri, sottosegretario alla Salute, ha spiegato, secondo quanto riporta l’agenzia Dire: «I vaccini a vettore virale, soprattutto AstraZeneca, nelle fasce d’età più giovani hanno mostrato dei limiti che sono legati a una complicanza che, sebbene rarissima, esiste soprattutto nei soggetti più giovani di sesso femminile. Una complicanza che, pur rimanendo molto rara, è venuta crescendo quando si è utilizzato nelle persone più giovani. Può accadere anche con la seconda dose nonostante il rischio sia ancora più basso, circa un caso su 600 mila. Se tu hai altri vaccini disponibili che non hanno questa complicanza e la circolazione del virus è molto più bassa, cerchi di fare delle restrizioni, che valgono per AstraZeneca e anche per J&J. Leggendo bene il parere del Cts io, se fossi uno dei medici vaccinatori, avendo a disposizione altri vaccini non farei né AstraZeneca né J&J ai più giovani. Abbiamo un numero di dosi di Pfizer e Moderna tale da riuscire a coprire tutta la popolazione».
Il grande uso di se e del condizionale non aiuta e alimenta l’ulteriore clima di sfiducia che si è creato attorno a questo vaccino. Da chi fa politica ci si attende responsabilità e scelte, visto che è pagato per questo.
Intanto l’Agenzia italiana del farmaco (Aifa) ha approvato la vaccinazione mista per gli under 60 che abbiano ricevuto una prima dose di AstraZeneca, ma le Regioni continuano ad andare in ordine sparso. Chi si adegua alle indicazioni e chi continua a dire no al mix di vaccini; chi sospende i richiami con i farmaci a mRna al posto di AstraZeneca finché non avrà garanzie su ulteriori forniture e chi lascia la possibilità di scegliere se avere o meno la seconda dose con il farmaco anglo-svedese anche se si hanno meno di 60 anni. La Liguria ha deciso di propendere per il mix attenendosi alle indicazioni del Cts.
“Sulla base di studi clinici pubblicati nelle ultime settimane, la Commissione tecnico scientifica dell’Aifa – si legge – ha ritenuto, a fronte di un rilevante potenziamento della risposta anticorpale e un buon profilo di reattogenicità, di approvare il mix vaccinale (prima dose con Vaxzevria e seconda dose con Comirnaty o, per analogia, con il vaccino Moderna)”.
Il “caso AstraZeneca” ha evidenziato un cortocircuito nella comunicazione, anche istituzionale, particolarmente dannoso. Nessuno sembra essere formato sulla cosiddetta “comunicazione del rischio”, neanche gli scienziati che sono stati parecchio sollecitati dai mezzi di comunicazione a dire la loro quasi ogni giorno.
Massimo Di Giannantonio, presidente della Società italiana di psichiatria (Sip), riferendosi alla decisione dell’Aifa, parla di «manifestazioni importanti di dubbio e disorientamento nonché una certa mancanza di fiducia in quelli che sono gli scopi da raggiungere attraverso la cosiddetta vaccinazione eterologa». Negli ultimi giorni si sta registrando un rifiuto da parte della popolazione di sottoporsi alla seconda dose di vaccino con il risultato di lasciare incompleto il ciclo. Un rifiuto che riguarda sia gli under 60 sia gli over, riporta sempre Dire. «La vaccinazione eterologa è uno strumento in più a disposizione della salute pubblica – evidenzia lo psichiatra – le ricerche hanno dimostrato non solo che si può fare, ma che addirittura stimola in modo più completo la risposta anticorpale del sistema immunitario e dunque non c’è ragione di avere preoccupazioni. Dobbiamo essere attenti a quello che ci dice la scienza e a quello che ci dimostrano i fatti». Il presidente della Sip spiega che «la preoccupazione, il timore, il conflitto possono essere presenti, ma devono essere assolutamente bonificati e chiarificati da un’informazione scientifica corretta e precisa». Uno dei problemi è che «nelle comunicazioni istituzionali sono state commesse imprudenze – dice Di Giannantonio – sono state fatte confusioni e si sono creati conflitti che per l’opinione pubblica, data la delicatezza della materia, sono da evitare nel modo più totale».
Come si esce dall’empasse? «Occorre dare un’informazione più completa possibile, basterebbe illustrare quante milioni di dosi del vaccino di AstraZeneca sono state somministrate nel mondo e quanto estremamente limitate siano state le casistiche dei danni, per dire che da un punto di vista statistico il pericolo non esiste. Si tratta di rispettare le misure, avere un giudizio informato, ponderato, sereno, adulto, e di non farsi trascinare da emozioni che non hanno nulla di scientificamente fondato. Pensiamo, per esempio, se dovessimo limitare la circolazione stradale facendo riferimento a quanti incidenti causano un certo numero di morti. Non sarebbe possibile».
In effetti le cosiddette prove sul campo sono state poco diffuse. Anche per questo la Fondazione Gimbe ha programmato dei seminari formativi per i giornalisti sul tema (qui abbiamo parlato di AstraZeneca e dei numeri sulle trombosi atipiche) e qui abbiamo pubblicato un’altra nota di Gimbe sull’opportunità di usare o meno il vaccino. Proprio in quest’ultimo articolo emerge un elemento che per la scienza è normale, ma per la popolazione comune può non esserlo: l’analisi rischi-benefici va fatta sulla fotografia dello stato della pandemia. In questo caso, essendo in una fase in cui i contagi stanno scendendo ormai da settimane e le terapie intensive si svuotano proprio grazie all’efficacia dei vaccini, la prudenza consiglia di evitare la somministrazione ai soggetti più a rischio (anche se minimo) di trombosi atipica.
Non facciamo cronaca e non entriamo nel merito delle indagini giudiziarie, ma dal caso della morte della diciottenne ligure stanno emergendo situazioni pregresse non dette o sottovalutate, che il ricorso alla tecnologia consentirebbe di superare: un fascicolo personale elettronico associato alla tessera sanitaria che contenga la storia medica del paziente e le informazioni sullo stato vaccinale, ridurrebbe dimenticanze ed errori umani.
Comunque la questione non riguarda solo l’uso dei vaccini. Basta guardare come lo stesso piano strategico vaccinale abbia avuto diverse modifiche e le stesse raccomandazioni su AstraZeneca siano cambiate. Queste le tappe:
• Prima versione: 12 dicembre 2020 (previste le categorie prioritarie: operatori sanitari e socio-sanitari, personale e ospiti Rsa e anziani over 80 anni). Fondazione Gimbe ha evidenziato come la prima versione del 12 dicembre abbia fatto emergere comunque parecchie discrepanze tra i numeri previsti dal piano e le diverse policy vaccinali attuate dalle Regioni.
• 8 febbraio 2021: raccomandazioni ad interim sui gruppi target della vaccinazione anti-SARS-CoV-2/COVID-19 (aggiornamento categorie target prioritarie, utilizzo preferenziale vaccini a mRna nei soggetti anziani e di AstraZeneca per la fascia 18-55 anni senza patologie gravi, avvio vaccinazione con AstraZeneca di personale scolastico, forze armate eccetera).
• 10 marzo 2021: aggiornamento raccomandazioni ad interim (allargamento somministrazione AstraZeneca anche per gli over 65 con esclusione dei soggetti estremamente vulnerabili, vaccinazione caregiver, completamento vaccinazione estremamente vulnerabili e disabili gravi).
• 13 marzo 2021: Piano vaccinale “operativo” del commissario Figliuolo.
• 9 aprile 2021: ordinanza del commissario Figliuolo per dare l’ordine di priorità agli over 80, agli ultra fragili, ai caregiver. Per la fascia 60-79 anni si raccomandava AstraZeneca, come da circolare del ministero della Salute (7 aprile).
Le linee guida sulla prosecuzione della campagna vaccinale sottolineano l’importanza di vaccinare soprattutto chi ha più probabilità di sviluppare una forma di malattia grave, passando quindi gradualmente dagli hub vaccinali a un sistema di vaccinazioni delocalizzate molto più capillare e prossimo ai cittadini.
Anche la stima delle forniture dei vaccini è stata revisionata ben sei volte dal 12 dicembre a oggi.