Siete pronti per la rivoluzione demografica? Essa mette al centro gli anziani e favorirà le più grandi trasformazioni sociali, economiche e politiche, anche se mercato, istituzioni e società tardano a prenderne atto.
L’aumento della popolazione anziana nel mondo favorirà le più grandi trasformazioni sociali, economiche e politiche dei nostri tempi. Avrà un impatto sui sistemi sanitari, governativi e sociali esistenti. Secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità, stiamo vivendo una vera e propria “rivoluzione demografica”, in cui il tema degli anziani assume un peso sempre più rilevante. Negli anni 2000, nel mondo, c’erano circa 600 milioni di persone con più di 60 anni e nel 2025 ce ne saranno 1,2 miliardi e 2 miliardi nel 2050. Entro la metà del secolo, una persona su sei nel mondo avrà 65 anni o più. Si assisterà anche a un aumento del numero delle donne (più longeve) in un rapporto rispetto agli uomini di 2 a 1. E se guardiamo all’Unione europea, la situazione non cambia, infatti il numero delle persone anziane è in aumento, in particolare quando le persone hanno più di 80 anni.
Nonostante il quadro appena delineato, che necessariamente pone gli anziani al centro dello sviluppo economico, gli atteggiamenti e gli stereotipi sull’invecchiamento persistono e le innovazioni nel mercato per soddisfare le loro esigenze è in ritardo.
Non soltanto il mercato, anche la società e le istituzioni sono in ritardo nel cogliere le implicazioni di questo fenomeno da tempo in atto. Non si tiene conto che l’invecchiamento attivo non significa solo rimanere più a lungo nel mondo del lavoro e andare in pensione più tardi ma riguarda anche la partecipazione sociale, la fornitura di assistenza all’interno della famiglia e il volontariato nella comunità.
L’Oms, Organizzazione Mondiale della Sanità, promuove le “città a misura di anziani”, incoraggiando il raggiungimento di tre specifici obiettivi: l’equità; un ambiente fisico accessibile; un ambiente sociale inclusivo. Che poi a ben vedere, una città che segue i canoni sopra descritti, è una città a misura di tutti; bambini, disabili, famiglie …
Molti studi scientifici, però, dimostrano che gli sforzi di pianificazione urbana per incoraggiare l’invecchiamento attivo sono isolati e frammentati. Le persone anziane sono troppo spesso rinchiuse in villaggi per anziani o case di cura piuttosto che aiutate a vivere attivamente nella comunità. Il modello tradizionale si concentra solo sul declino della salute delle persone anziane, non sul loro potenziale. Ma è proprio questo il punto, ignorare la qualità della vita porta alla percezione di una popolazione che invecchia come un peso di cui occuparsi. Mentre sarebbe meglio apportare cambiamenti che migliorino la salute delle persone anziane in modo che possano partecipare alle attività di vicinato. L’interazione sociale è fondamentale per la società stessa e alcuni paesi europei lo hanno capito e prevedono un coinvolgimento sostanziale degli anziani nella vita della città.
La tecnologia, poi, gioca un ruolo fondamentale nella prevenzione dell’isolamento, per esempio attraverso i sistemi di videochiamata per sentirsi meno soli e comunicare con figlie/figli e nipoti, ma anche a fare acquisti online e prendere dimestichezza con i pagamenti digitali, ad accedere ai portali online degli enti pubblici per richiedere servizi di assistenza ed anche a sfruttare servizi di telemedicina.
In un recente articolo di Bloomber CityLab, si parla del fatto che la “nuova normalità” per gli anziani è su Internet. L’alfabetizzazione tecnologica quindi diventa una nuova competenza che può cambiare la loro vita sociale anche dopo la pandemia che stiamo affrontando a livello globale. Questa è una grande opportunità per l’industria tecnologica e per l’economia di un Paese.
Telemedicina e cartelle cliniche digitali, dispositivi indossabili, sistemi di monitoraggio; droni e servizi della gig economy (come la consegna di medicinali o pasti); robot e sistemi di assistenza… fino ad arrivare alle auto a guida autonoma. Non è solo questione di “buon” invecchiamento ma soprattutto di partecipazione attiva all’interno di contesti sociali ed economici inclusivi. Quindi l’impatto economico dell’invecchiamento, anziché essere valutato solo sul costo sociale e sanitario, può, a ben vedere essere visto come un’opportunità da cogliere.
Ma i vantaggi non sono legati solo allo sviluppo economico ma anche sociali, di welfare, per le famiglie e per le città in generale.
Nel periodo di lockdown molte donne sono fuoriuscite dal mercato del lavoro proprio per l’impossibilità di riuscire a conciliare il lavoro con la vita famigliare, avendo i bimbi a casa. Se avessero potuto usufruire dell’appoggio familiare dei propri genitori anziani, ciò avrebbe impedito la perdita del lavoro. Gli anziani svolgono una funzione di welfare informale, andando a integrare e sostituire le carenze del welfare ufficiale. In molte città d’Europa essi vengono coinvolti nella gestione diretta di molte attività utili per le città: tra assistenza sociale, nella protezione civile, nella beneficenza, nella cooperazione internazionale.
Infine, l’attività prestata dall’anziano alla comunità non porta solo tempo e “braccia” ai servizi utili per la comunità, ma può spesso spendere competenze e conoscenze maturate in decenni di lavoro o altre esperienze.