Non solo cosmetica, saponi e profumi: la lavanda ha anche proprietà repellenti verso afidi e microrganismi patogeni fungini. Lo ha dimostrato l’Irf, Istituto regionale per la floricoltura, nell’ambito del progetto Alcotra Finnover, di cui l’istituto sanremese è capofila.
Il progetto Finnover
Il progetto Finnover è co-finanziato dall’Unione europea nel quadro del programma Interreg V-A Francia-Italia Alcotra 2014-2020.
Le risorse totali messe a disposizione ammontano a quasi 1,9 milioni di euro, di cui 1,138 milioni destinati all’Italia.
I soggetti coinvolti sono l’Istituto regionale per la floricoltura (capofila), l’Università di Torino, l’Università di Genova, Gealpharma, Unioncamere Liguria, Impresa Verde Liguria, Institut Sophia Agrobiotech, Nixe, Camera di Commercio Italiana, Nizza Sophia Antipolis Côte d’Azur e Università Nice Sophia Antipolis.
L’Irf, insieme agli altri partner italiani e francesi coinvolti nel progetto transfrontaliero (vedi box), ha sviluppato la ricerca sulla filiera della lavanda, concentrandosi sulla sola massa verde della pianta officinale, cioè i getti e le foglie, che normalmente non vengono adoperati per la distillazione: «L’obiettivo – spiega Margherita Beruto, direttrice dell’Irf – è valutarne il contenuto di eucaliptolo e di canfora, che hanno proprietà repellenti. Generalmente, la lavanda viene utilizzata per la distillazione dei fiori in ambito cosmetico, mentre in questo caso l’estrazione di sostanze dalle parti verdi della pianta ha come fine l’utilizzo in ambito agricolo».
L’olio ottenuto può essere quindi utilizzato come repellente degli afidi: «I nostri partner francesi hanno testato questo prodotto anche contro patogeni fungini, sotto forma di biocidi e fitofarmaci». Del resto, anche l’agricoltura sta diventando sempre più attenta all’aspetto sostenibile e alle caratteristiche “green” dei prodotti che vengono impiegati nelle varie colture: «Cresce la sensibilità degli agricoltori verso il mondo dei fitofarmaci, dei prodotti repellenti a base di sostanze naturali, quindi meno dannose. E con ciò cresce anche la ricerca», conferma la direttrice dell’istituto.
Grazie alle sue potenzialità, l’olio estratto dalla lavanda potrebbe ritagliarsi un buon spazio sul mercato, ma finora l’iter è in fase sperimentale: «Il percorso fatto finora deve essere completato da uno studio di fattibilità – sostiene Beruto – Prima di tutto, dobbiamo comprendere l’aspetto normativo che regola la messa in commercio di questi prodotti, nonché individuare e instaurare le giuste relazioni con il mondo industriale. Abbiamo già fatto un po’ di conti, in base ai quali il punto di compensazione costi-ricavi si aggira sui 30-35 euro al chilo, cifra idonea anche a un’eventuale coltivazione nell’entroterra ligure, dove si richiede poca manodopera».
Da capire anche l’esatta estensione della produzione della lavanda in Liguria: l’Irf sta svolgendo una sorta di mappatura sul territorio, ma non è facile reperire i dati esatti della coltivazione in campo di questa pianta officinale, come spiega la direttrice: «Si tratta di numeri non ben definiti, ma stiamo cercando di disegnare un quadro il più chiaro e corretto possibile – dice Beruto – a livello nazionale, nel 2013, si contavano circa 200 ettari di terreno dedicati alla lavanda, ma negli anni questa coltivazione si è espansa, tanto che, secondo dati più recenti, si contano circa 300 ettari solo in Piemonte. In Liguria gli ettari coltivati a lavanda sono alcune decine».
Oggi, secondo i dati forniti dall’Irf, le piante officinali vengono coltivate in circa 10 mila ettari di terra in Italia, di cui circa il 5% dedicati alla lavanda.