Padrun Battaggia, Barbinetto, Barbasecca, Briccanera, Cicalasagna, Cristo Mou, Cimelin, Ciacianin, Despeetaddu, Leccapiatti Maa-faetu, Mangiavelaccin, Piccabrettiu, Piggiafogu, Rasciatoe, Salta in barca, Treggin, Torgistuppa, Trun, Zembetto. Sono i nomi dei “padruin” delle barche di Camogli che, prima dell’ultima guerra mondiale, andavano alla Gorgona ad attendere il passaggio dei banchi di acciughe per pescarle, salarle a bordo e venderle. Ce lo racconta il libro “Folklore della Riviera ligure orientale di Maria Luisa Chiesa (De Ferrari Editore).

Si tratta della tesi di laurea che Maria Luisa Chiesa aveva discusso nel luglio 1948 all’Università di Genova e che sua nipote Chiara Franceschi ha recuperato e fatto pubblicare. Scritto su carta velina a causa delle ristrettezze in cui il Paese si trovava immediatamente dopo la guerra, il lavoro di Chiesa stava rischiando di scomparire senza lasciare traccia: l’inchiostro era in gran parte sbiadito e solo il lavoro di uno studioso amico di famiglia, Massimo Antola, ha permesso di recuperare integralmente lo scritto. E ora noi disponiamo di una testimonanza fedele e dettagliata di un mondo che è scomparso con la rapida e radicale trasformazione socio-economica di gran parte dell’Italia negli anni Sessanta ma ha lasciato segni profondi nella nostra identità.
La giovane studiosa ha utilizzato per il suo lavoro altre opere scritte, lettere con informazioni ricevute da abitanti della Riviera, l’osservazione di oggetti e pezzi folcloristici esaminati in raccolte di privati e di enti e i colloqui con pescatori, massaie, artigiani, contadini. Il territorio preso in esame è la fascia strettamente costiera che va da Nervi e Portovenere. Per folklore l’autrice intende «l’etnologia del popolino in tutti i vari aspetti della vita economica, socilae, animologica», aggiungendo che «recentemenet si è data molta importanza al concetto sociologico del “folklore” inteso nel senso più ampio: gli usi e le tradizioni popolari che hanno una loro ragione d’essere nel tessuto sociale dei popoli e concorrono a plasmare la fisionomia psicologica».

I temi elencati nell’indice del ibro sono: cantieri navali, commerci per mare, paghe-regalie-paccottiglie, muture marittime, pesca, altri generi di pesca, caccia-pesca, abitazione e abito, produzione coltivazioni, altre coltivazioni, manifatture, cordami, industrie, folclore gastronomico, nascite e battesimi, matrimoni, funerali, feste tradizionali, fiere e gare, proverbi dialettali, superstizioni e pregiudizi, cenni su antichi usi religiosi marinari, leggende e miracoli di santi-reliquie-feste religiose, oratori e confraternite, giochi e ninne nanne, elementi e rapporti con l’Oltremare.

Alle attività marinare e di pesca, com’è naturale, è dedicata gran parte del capitolo sull’economia: fino all’Ottocento quasi ogni borgo della Rivera orientale era sede di cantieri navali e dove non erano cantieri industriali si trovavano maestri d’ascia. Sturla, per esempio, ha avuto ben tre cantieri, e i cantieri dei centri maggiori, Recco, Camogli, Santa Margherita, Rapallo, Chiavari, Riva Trigoso rifornivano armatori di tutto il mondo. Le pagine dedicate alla pesca, intensamente pratica, descrivono tecniche e attrezzi in parte caduti in disuso.
Foto e disegni d’epoca mostrano oggetti, aspetti della vita e particolari dell’abbigliamento che arricchiscono la nostra memoria.