Cda spaccato, il maggiore azionista di Carige ancora una volta non in sintonia con il vertice del management, gravi incognite da chiarire. Il presidente e l’ad della banca, Pietro Modiano e Fabio Innocenzi, dopo la drammatica assemblea straordinaria di sabato 22 dicembre si trovano alle prese con questi problemi.
Sabato scorso in assemblea Malacalza Investimenti (che controlla il 27,5% delle quote), ha reso nota la sua decisione di astenersi dal votare l’aumento di capitale da 400 milioni proposto del cda. L’astensione del maggiore azionista, facendo venire meno il quorum necessario, ha comportato una bocciatura del progetto di ricapitalizzazione messo a punto da Modiano e Innocenzi.
Ieri si è tenuta una lunga e concitata riunione del cda, al termine della quale si sono dimessi il vicepresidente della banca, Lucrezia Reichlin, e il membro del cda Raffaele Mincione (che resta uno dei maggiori azionisti di Carige, con il 5,4% del capitale azionario). Modiano e Innocenzi sono rimasti, una nota stampa ha poi annunciato che “il consiglio di amministrazione riafferma il proprio massimo impegno a tutelare gli interessi dei clienti, degli azionisti e di tutti gli stakeholder della banca. Il presidente e l’amministratore delegato riferiranno alle autorità gli esiti dell’assemblea del 22 dicembre”.
Gli «esiti dell’assemblea» sono chiari (tra l’altro i soci hanno bocciato anche la proposta di raggruppamento delle azioni ordinarie e di risparmio in circolazione – nel rapporto 1: 1000 – che avrebbe potuto limitare le oscillazioni del titolo in Borsa), non sono ancora chiare le conseguenze.
Modiano, che dopo la bocciatura in assemblea è apparso affranto e amareggiato e ha condotto il resto della seduta in uno stato di quieta esasperazione, chiedendo ai Malacalza di riconsiderare la loro decisione aveva presentato il piano di rafforzamento come essenziale per la sopravvivenza della banca. E durante una pausa dei lavori, parlando con un membro del cda senza accorgersi che i microfoni erano attivi aveva avvertito: «marzo è troppo tardi (per l’aumento di capitale), quelli (le autorità di Francoforte) ci ammazzano». Il presidente si riferiva al fatto che i Malacalza si riservano di approvare un aumento di capitale dopo avere ottenuto chiarimenti sul piano industriale della banca che dovrebbe essere ultimato in febbraio, su una serie di operazioni portate avanti durante il mandato del precedente ad, Paolo Fiorentino, e sulla situazione patrimoniale. E ora?
Altra grave incognita. La Bce nei giorni scorsi aveva notificato alla banca una draft decision che prevede l’estensione al 31 dicembre 2019 del termine entro il quale Carige dovrà conseguire in modo sostenibile l’osservanza dei requisiti patrimoniali. Ma indicava tra le condizioni necessarie «l’attuazione integrale e puntuale della manovra di rafforzamento patrimoniale». Che misure prenderà la Banca centrale europea?
Da risolvere è anche la questione della conversione del bond Tier2 da 320 milioni sottoscritto dallo Schema volontario del Fondo interbancario italiano per supportare Carige fino ad aumento di capitale avvenuto. Il bond ha messo in sicurezza la banca ligure (e ha determinato, tra l’altro, il recente miglioramento dell’outlook di Moody’s) ma doveva essere rimborsato attraverso l’aumento di capitale. Il rischio è quello di dover pagare interessi gravosi. Modiano aveva messo in guardia i soci: la prima metà dell’operazione comporta un onere di 17 milioni se l’operazione viene approvata nel suo intero che diventano 51,2 all’anno per 10 anni se dovesse essere interrotta da questa assemblea.