Tra il 2008 e 2016 sono uscite dal mercato circa 2.560 imprese liguri di costruzione (-13,2%) e gli occupati del settore dall’inizio della crisi fino alla metà del 2018 sono diminuiti di 9 mila unità, per una flessione in termini percentuali del 16,7%. Parallelamente, tra il 2008 e il 2017, il valore del mercato ligure dei lavori pubblici ha subito una flessione del 20% nel numero e del 30% nell’importo posto in gara: erano 620 i bandi pubblicati nel 2008 per 1,5 miliardi di euro complessivi, mentre nel 2017 le gare sono scese a 500 gare, per un corrispondente valore di circa 1 miliardo di euro. I permessi di costruire per nuove abitazioni e ampliamenti sono passati da 3.243 a 621. Il panorama, per nulla incoraggiante, emerge dall’assemblea annuale di Ance Genova, che si è svolta questa mattina in Terrazza Colombo. Oltre ai numerosi associati, erano presenti anche Edoardo Rixi, viceministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Giovanni Toti, presidente della Regione Liguria, e Luigi Attanasio, presidente della Camera di Commercio di Genova. Per il Comune di Genova ha partecipato il vicesindaco Stefano Balleari.
A snocciolare i numeri di un settore che non è mai uscito dalla crisi è Filippo Delle Piane, presidente dell’associazione degli edili genovesi. Un dato su tutti: «In 10 anni si sono dimezzati gli investimenti, determinando un deficit infrastrutturale di oltre 84 miliardi di euro. In Italia il settore ha perso 120 mila imprese e 600 mila posti di lavoro». Un Paese che non solo investe poco, ribadisce Delle Piane, ma che «disperde nella palude dell’immobilismo burocratico le già misere risorse messe a bilancio. Abbiamo bisogno che questo Paese ricominci a investire su se stesso, sulle proprie infrastrutture, sulla rigenerazione del proprio patrimonio costruito. Non possiamo andare avanti con la politica dei no. Oggi lo vogliamo ribadire con forza».
Non tanto alle istituzioni locali, che «tanto hanno fatto in questi mesi dopo il crollo di ponte Morandi, lavorando insieme e dimostrando che la buona politica esiste e che può fare cose straordinarie», quanto a quelle nazionali, «che ogni tanto ci fanno avere la brutta sensazione che questo Paese non voglia guardare al proprio futuro».
Un futuro, come ha recentemente sottolineato il presidente degli industriali Vincenzo Boccia, non può prescindere dalle infrastrutture. Anche Delle Piane è dello stesso avviso: «Non è nemmeno una condizione. Quella di avere le infrastrutture di collegamento per poter guardare avanti è una pre-condizione».
Per Ance Genova, la carenza di infrastrutture che deriva da decenni di stasi non permette più di creare un distinguo tra manutenzione delle pre-esistenze e realizzazione del nuovo: entrambe necessitano indistintamente di un massiccio piano di investimenti pubblici e privati e di alcune condizioni per potersi realmente attivare. A partire dalla sburocratizzazione delle procedure. Ma anche la modifica del codice degli appalti e l’attivazione di una legge sulla rigenerazione urbana che permetta di utilizzare i capitali privati in un ambizioso progetto di ammodernamento del Paese. «I problemi sono tanti – sottolinea Delle Piane – una legge urbanistica da riscrivere, una burocrazia soffocante, una fiscalità punitiva, la proprietà diffusa. Tutto però si può affrontare se si parte da un’idea, un principio che lo Stato deve far proprio: dichiarare di pubblico interesse la rigenerazione del patrimonio costruito».
Dalla rigenerazione urbana a Genova potenziale indotto di 3,2 miliardi
I numeri diffusi da Ance descrivono le condizioni drammatiche del patrimonio costruito: l’86,5% degli edifici residenziali in zona sismica (e il 74,4% del totale del costruito) è di epoca antecedente al 1981, ossia prima della piena operatività della normativa antisismica e deve essere ancora adeguato agli standard di sicurezza. «C’è tanto lavoro da fare per riportare in condizioni di minima sicurezza il nostro territorio e Genova, in particolare la val Polcevera, può rappresentare un punto di svolta, un esempio di rigenerazione urbana e un simbolo della capacità di reagire». La proprietà parcellizzata e la mancanza di fondi sono le due principali difficoltà che il processo di rigenerazione urbana deve affrontare. «Ma in questo caso sono state forzosamente superate – ricorda il presidente di Ance Genova – ecco perché proprio dalla val Polcevera si può ripartire».