Il comitato Salvataggiasca si è trasformato in Associazione per la Taggiasca del Ponente ligure, che riunisce le aziende che si oppongono all’iter intrapreso di sostituzione del nome varietale da taggiasca in giuggiolina o gentile.
La base di partenza per il presidente dell’Associazione Simone Rossi, la vicepresidente Claretta Siccardi e tutti gli associati è la certificazione del dna controllato Cultivar Taggiasca, creatura del Parco Tecnologico Padano di Lodi che in pochi mesi di esistenza, secondo la neonata associazione, “ha già prodotto benefici in termini economici agli operatori aderenti grazie alla categorica certezza dell’identificazione delle olive oggetto di compravendita, raccogliendo l’apprezzamento di distributori e consumatori, destinatari di garanzia concreta circa le Taggiasche acquistate”.
L’Associazione per la Taggiasca del Ponente Ligure sarà presente, come suo primo impegno istituzionale, all’evento “Un mare d’olio” di Santa Margherita Ligure – Portofino i prossimi 26 e 27 maggio con un’esposizione di tutti i prodotti derivanti dalla trasformazione della Cultivar Taggiasca del Ponente Ligure e la loro innovativa certificazione tramite il dna controllato.
Fondamentale sarà divulgare tale metodologia che potrebbe davvero rappresentare il futuro dell’olivicoltura di qualità: «Il progetto dna cultivar taggiasca – sottolinea Simone Rossi – offre garanzia scientifica di certezza del prodotto e conseguentemente di qualità ai consumatori. Può far crescere l’economia legata all’olivicoltura di qualità e quindi la remunerazione ai coltivatori, con un progressivo maggiore recupero del territorio. È un concreto esempio di semplificazione dell’iter burocratico e amministrativo e di conseguenza di riduzione dei costi aziendali. La strada per la tracciabilità e la trasparenza del comparto olivicolo è tracciata. Il futuro non potrà prescindere dal Dna, progetto che va ben oltre la Dop per la tutela dei consumatori».
Una carta d’identità che racconta tutto del prodotto: «L’oliva di varietà taggiasca – sottolinea Claretta Siccardi – è stata per secoli il sostentamento della gente del Ponente ligure: l’indotto oggi si può quantificare in 70 milioni di euro. Il dna controllato Cultivar Taggiasca è un “codice a barre biologico” che dirà al consumatore se nel vasetto con l’apposito logo ci sono – e senza ombra di dubbio – olive taggiasche o paté di olive taggiasche. La certificazione è molto semplice e ha costi contenuti: questo tipo di percorso è stato studiato dal Parco Tecnologico Padano di Lodi».
Il Comitato Salvataggiasca era nato nel luglio del 2016 per scongiurare la modifica del nome della cultivar taggiasca in giuggiolina (poi gentile) nel registro delle varietà (richiesta posta in essere dal Comitato promotore della Dop e dalle associazioni di categoria alle quali si è aggregata la Regione e il Consorzio di tutela dell’olio extravergine dop) per arrivare a un riconoscimento della denominazione di origine protetta. In pochi mesi Il Comitato presieduto da Simone Rossi ha raccolto intorno a sé una buona fetta del mondo produttivo, aziende piccole e realtà più strutturate, frantoiani, trasformatori e commercianti. Molte le iniziative e le attività portate avanti a livello locale e nazionale, incontri, convegni tecnici e il coinvolgimento del Parco Tecnologico Padano di Lodi per dare una risposta scientifica e identificare il prodotto – in questo caso l’oliva taggiasca in salamoia – attraverso il Dna.
Dopo lo stop del ministero al progetto di Dop portato avanti dal Comitato che ha come riferimento la Regione e le associazioni di categoria, il gruppo Salvataggiasca ha aperto le porte al dialogo per una visione condivisa sul territorio del futuro di un prodotto così fondamentale per l’indotto.