«Chiarire il grave episodio della crisi di liquidità di metà novembre 2017 a seguito della fuga di depositanti provocata da un comunicato stampa che ha suscitato allarme». È quanto chiede Malacalza Investimenti, primo azionista di Banca Carige con il 20,6% del capitale azionario, all’ad della banca Paolo Fiorentino, intervenendo attraverso il legale Luca Purpura nel corso dell’assemblea degli azionisti della banca.
Secondo quanto afferma il legale, giovedì 16 novembre 2017 veniva diffuso un comunicato stampa con cui Banca Carige comunicava che “non si sono pienamente realizzate le condizioni per la costituzione del consorzio di garanzia ai fini dell’avvio dell’annunciato aumento di capitale da euro 560 milioni. L’ad verificherà nelle prossime ore l’esistenza dei presupposti per il proseguimento del piano di risanamento della Banca e per una eventuale proroga dei termini dell’operazione di Banca e per una eventuale proroga dei termini dell’operazione di aumento del capitale”. Purpura ha sottolineato gli effetti suscitati dal comunicato tra i depositanti, «con una corsa al ritiro delle somme che ha rischiato di far saltare la banca».
Malacalza ha poi ricordato di avere inviato «martedì 14 novembre 2017, una lettera al presidente del cda, con cui palesava di aver maturato la decisione di sottoscrivere la quota di aumento di capitale corrispondente ai propri diritti di opzione, dopo aver già richiesto alla Bce (il 26 ottobre 2017) l’autorizzazione a incrementare l’entità della partecipazione sociale fino a un ammontare massimo del 28% del capitale della Banca». Oggi, Malacalza chiede perciò a Fiorentino di spiegare perché «Carige abbia emesso il comunicato del 16 novembre mattina scorso; quali erano le circostanze che giustificavano l’affermazione sulle mancate condizioni per la costituzione del consorzio di garanzia; perché si sia omesso di dar conto nel comunicato delle dichiarazioni di Malacalza Investimenti in merito all’esercizio delle opzioni di sua competenza; perché non ci si sia avvalsi delle facoltà concesse dalla legge di ritardare la comunicazione al pubblico, anche nell’ipotesi in cui si fosse ritenuto che le informazioni che costituivano oggetto del comunicato dovessero essere qualificate come privilegiate. I chiarimenti richiesti appaiono tanto più urgenti avuto riguardo al fatto che già il successivo 17 novembre 2017 la situazione profilata nel comunicato del 16 novembre rientrava: rimanendo solo, alla Banca, il pregiudizio procurato dalla fuga di liquidità».
Malacalza Investimenti ha chiesto chiarimenti anche sui costi dell’aumento di capitale e di rafforzamento patrimoniale: in particolare, a quanto ammontino gli “oneri complessivi e quelli per singole voci, a quanto ammontino le remunerazioni, comprensive di ogni componente e accessorio, pattuite in favore delle banche del consorzio di garanzia, di Equita Sim, dei sub-garanti e dei consulenti legali dell’operazione di aumento di capitale e rafforzamento patrimoniale (incluse cessioni di asset)». Chiede anche «ragguagli sulle operazioni di cessione di asset che sono state convenute contestualmente con l’assunzione da parte dei cessionari di impegni di sottoscrizione di quote dell’aumento di capitale».
Il primo azionista ha anche chiesto chiarimenti «su articoli apparsi sulla stampa nei quali si sono reiteratamente menzionate supposte comunicazioni o determinazioni della Bce volte ad escludere o limitare l’eventualità di ingerenza di Malacalza Investimenti sulla banca». Malacalza chiede «se vi siano effettivamente state comunicazioni o determinazioni della Bce del tenore riferito dalla stampa; e in caso affermativo, di quale contenuto e quali risposte abbia dato al riguardo il vertice della Banca alla Bce e perché non ne abbia informato Malacalza, in considerazione del coinvolgimento della stessa in dette ipotizzate comunicazioni o determinazioni; ovvero, in caso negativo, perché la Banca non abbia provveduto a smentire le voci di stampa».
Nel suo intervento, il legale del primo azionista ha anche sostenuto l’ingresso nel consiglio di amministrazione di un rappresentante dei piccoli azionisti: «In considerazione − ha detto Purpura − dello sforzo finanziario profuso dall’azionariato e dai piccoli azionisti, che negli ultimi quattro anni hanno contribuito ad assicurare la copertura di aumenti del capitale per oltre 2,2 miliardi di euro, Malacalza Investimenti non può non condividere e fare propria la richiesta, pervenuta da più parti, di aprire il cda a un rappresentante di piccoli azionisti».