I dati sono incontrovertibili: su quasi 5 mila casi di morbillo notificati nel 2017 ci sono stati 4 morti (il quinto proprio nei primi giorni del 2018), morti evitabili se le persone si fossero vaccinate. Giancarlo Icardi direttore dipartimento scienze della Salute Università di Genova, riporta il dibattito sui vaccini su quello che non si può confutare e su un piano che consente di informarsi per sciogliere eventuali dubbi. La conferenza, ieri alla Biblioteca Berio di Genova, è stata organizzata dalla Fondazione Umberto Veronesi.

«Oggi il morbillo è una nota dolente – spiega Icardi – la parola, dal latino piccolo morbo, deriva dal fatto che all’epoca era una malattia sicuramente meno devastante del vaiolo, del colera, della peste, ma oggi non è una piccola malattia. Perché l’Italia è maglia nera dell’Europa? Il fatto di vaccinare male, cioè con una copertura non sufficiente, non interrompe la circolazione del virus, ma sposta in avanti l’asticella di quando ci si ammala». Una volta ci si ammalava da bambini, ma nel 2017, rileva Icardi, oltre la metà dei casi aveva più di 27 anni, «ciò significa complicanze, ricoveri e anche morte purtroppo». Anche la vaccinazione può avere esiti avversi gravi, spiega Icardi, ma i numeri sono altri: «un caso ogni 750 mila dosi, se pensiamo a un caso mortale ogni mille possiamo rapidamente capire che non c’è paragone». Di norma un caso ogni mille dà complicanze gravi (l’encefalite è una di queste), in questo caso la statistica ha registrato una situazione ancora più estrema.
Scomparsa non vuol dire eradicazione
Oggi c’è un acceso dibattito perché i vaccini sono vittima del loro successo. I genitori di oggi non hanno l’esperienza di bambini malati di poliomielite o difterite. Dal 1951 al 1955 (qui la fonte) la poliomielite ha paralizzato circa 28.500 bambini ogni anno nei Paesi della regione europea. Il vaccino inattivo è stato messo a punto nel 1954, quello orale è stato introdotto da Albert Sabin dal 1957. L’effetto si vede subito nel decennio successivo, con una stima di circa 7.671 bambini paralizzati ogni anno (-74%), destinata a calare sino ai 209 casi degli anni Ottanta e la “liberazione” del 21 giugno 2002, tuttavia nel resto del mondo, dove il vaccino non viene somministrato in modo così massivo, la malattia è ancora presente. Viaggi e migrazioni rendono ancora il vaccino fondamentale: «Per ora solo il vaiolo è stato eradicato dalla faccia della terra grazie al vaccino – dice Icardi – con la polio ci siamo molto vicini, restano un paio di nazioni al mondo dove virus è presente, ma se in 10 anni di non vaccinassimo più contro questa grave patologia, con il ritmo di 500 mila nuovi nati all’anno, avremo 5 milioni di italiani suscettibili di essere malati. Pensiamo ai danni che farebbe».
Stesso discorso per la difterite che, come mostra il grafico qui sotto, risente dell’efficacia del vaccino. In Italia non sono più stati registrati casi di difterite da C diphtheriae tossinogenico a partire dal 1996.

Non solo in tenera età
La Fondazione Veronesi organizza eventi sul territorio per promuovere un calendario vaccinale per la vita, a tutte le età: adulti a rischio e anziani. Perché? Le malattie più pericolose per gli anziani sono principalmente tre: «Noi lo chiamiamo il trio infernale – dice Icardi – influenza, pneumococco, herpes zoster. Tutti sappiamo delle complicazioni derivanti dall’influenza per una persona anziana, ma per esempio si sottovaluta che lo pneumococco non porta solo la polmonite, di cui si è sentito parlare molto in queste settimane, ma è una delle principali cause di meningite e di sepsi, ossia di batterio nel sangue soprattutto nelle prime età della vita e negli over 65. Lo zoster nasconde una complicanza che nella scala del dolore viene messa ai primi posti: la nevralgia post herpetica, che colpisce fino al 30% dei soggetti che hanno avuto il fuoco di Sant’Antonio».
Gli anti-vax ci sono sempre stati
Icardi ricorda che chi è idealmente contrario alle vaccinazioni c’è sempre stato, in una percentuale del 3-5% della popolazione, «una percentuale accettabile – sostiene – ci sono invece molti esitanti, che, se opportunamente informati ed educati, comprendono l’importanza dei vaccini».
I vaccini pediatrici non sono troppi
Dire che i vaccini pediatrici sono troppi significa non conoscere il sistema immunitario umano: se 12 vaccini sembrano molti intanto occorre evidenziare che le iniezioni sono solo quattro: l’esavalente (polio, difterite, tetano, epatite B, pertosse, Haemophilus Influenzae B), il quadrivalente (morbillo, rosolia, parotite e varicella); e i vaccini anti-meningococco B e antimeningococco C. Uno studio americano evidenzia che il rischio di sovraccaricare il sistema immunitario del neonato è praticamente inesistente, dal momento che, anche se i vaccini fossero somministrati tutti insieme, basterebbe lo 0,1% delle cellule del sistema immunitario a occuparsene. I vaccini contengono un numero di antigeni (cioè le sostanze capaci di evocare la risposta immunitaria) più basso che mai. 7 vaccini degli anni 80 contenevano oltre 3000 antigeni, mentre 11 vaccini odierni ne contengono circa 200.