Federagenti, Anpan, Assopetroli, Assorimorchiatori, Fedarlinea e Fincantieri intervengono sul tema della non imponibilità Iva per le navi che hanno operato più del 70% dei loro viaggi in alto mare, ovvero in acque territoriali non italiane o internazionali. Il tema, innescato da una modifica normativa intervenuta nel 2012 a seguito di una procedura di infrazione Ue, è al centro dell’attenzione del settore marittimo e portuale da gennaio scorso, da quando l’Agenzia delle Entrate italiana ha emanato per la prima volta istruzioni applicative al riguardo.
“La delicatezza e criticità del tema per tutta l’economia del mare – si legge i una nota stampa di Federagenti – ha spinto Federagenti, insieme con altre quattro associazioni imprenditoriali e Fincantieri, a offrire la loro collaborazione all’Agenzia dell’Entrate, mettendo nero su bianco i problemi applicativi e una serie di spunti interpretativi finalizzati a risolvere una volta per tutte un problema fiscale fonte di innumerevoli contenziosi attuali e potenziali in un quadro di riferimento normativo rimasto per troppo tempo incerto”.
È questa “la chiave di lettura della segnalazione in sette punti che Anpan, Assopetroli, Assorimorchiatori. Fedarlinea, Federagenti e Fincantieri hanno sottoscritto e inviato alla direzione centrale dell’Agenzia delle Entrate in vista della imminente emanazione di istruzioni operative per la verifica della condizione prevista dall’art. 8-bis Legge IVA di effettiva navigazione delle unità navali in alto mare. La proposta consegnata all’Agenzia delle Entrate ha ottenuto anche la successiva condivisione da parte di Assocostieri, Nautica Italiana e Myba (Worldwide yacht broker association che di fatto rappresenta oltre il 70% della flotta mondiale di grandi imbarcazioni da diporto).
Per quanto riguarda la decorrenza dei criteri applicativi pubblicati lo scorso gennaio, il documento delle associazioni ne suggerisce un ritardo in modo da consentire anche agli operatori internazionali di conoscerle e adeguarsi e chiede che per il passato sia ritenuta sufficiente la prova di idoneità del mezzo ovvero di una navigazione effettiva in alto mare anche non prevalente.
Circa l’effettività della norma si ritiene che il riferimento più adeguato sia quello relativo al dato storico, pur con salvezza per gli operatori di dimostrare la spettanza del regime laddove la condizione risulti nel periodo di fruizione in concreto soddisfatta.
Alla luce dei numerosi casi in cui la responsabilità è ricaduta sui fornitori (per esempio nel caso delle forniture di bunker per le navi) le associazioni sollecitano una modifica normativa che stabilisca la responsabilità del cliente o committente, l’applicabilità del regime sulla base di una dichiarazione di questo e la non sanzionabilità del fornitore, che non può essere trasformato di fatto in un sostituto del verificatore fiscale.
Per quanto concerne l’ambito territoriale le associazioni ritengono che il riferimento siano le acque territoriali italiane, mentre acque internazionali o di altri paesi sono da considerare alto mare.
Seppure esclusi dalla percentuale qualificante, nel documento si chiede sia riconosciuto che nel regime di non imponibilità rientrino le spese per i viaggi e le soste effettuati non in esecuzione dei contratti di utilizzo della nave ma, ad esempio, per esigenze tecniche e non “coperti da contratto” (quali i viaggi da o verso il cantiere, le soste o i riposizionamenti dell’unità non coperti da contratto).
Una procedura di rettifica dovrebbe essere garantita, senza applicazione di sanzioni, laddove in fase successiva alla dichiarazione utile ai fini dell’applicazione del regime di non imponibilità l’armatore o comunque l’utilizzatore successivamente comunichi che la condizione relativa all’effettiva navigazione in alto mare non risulta soddisfatta.
Infine per le unità adibite “ad operazioni di salvataggio e di assistenza in mare” le associazioni evidenziano trattarsi di fattispecie per legge distinte e sollecitano anche in materia di Tonnage Tax gli interventi di adeguamento alla normativa Ue necessari per non vanificare gli obiettivi di tutela della competitività nazionale che il regime è stato introdotto per garantire in un settore, strategico per il nostro Paese, naturalmente esposto alla competitività internazionale.