«L’intima sostanza di questa giornata sono anche i fischi che sento. La differenza in quegli anni dolorosi è stata quella tra chi è morto dalla parte giusta e chi è morto dalla parte sbagliata. E chi è morto dalla parte giusta non l’ha fatto per imporre all’Italia il proprio pensiero, ma per garantire a tutti la libertà di esprimere il proprio pensiero, per permettere di stare oggi sul palco a persone che la pensano in modi diversi, a Toti e a chi la pensa molto diversamente da Toti». Fischi e urla non impediscono al governatore ligure Giovanni Toti, il 25 Aprile in piazza Matteotti, di celebrare con il suo discorso la Liberazione, dopo l’intervento del sindaco di Genova, Marco Doria e prima di quello di Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell’ Anpi.
Il discorso di Toti non solo fila liscio e senza intoppi ma si adatta benissimo al momento, perché i fischi non sono episodici e non cessano, e anzi aumentano, quando il presidente della Regione ricorda che a custodire «la libertà chi ci è stata donata» oggi sono i militari impegnati in missioni nel mondo «che garantiscono sicurezza, prerequisito della libertà» e «i ragazzi in divisa che vigilano su tante piazze come queste, dove si esprimono anche idee molto diverse da quelle di molti di loro».
È così disinvolto Toti, che il suo discorso non sembra adattato sul momento per rispondere ai fischi. No, il governatore, evidentemente, prevedendo quanto sarebbe accaduto, si era preparato un discorso ad hoc. Forse i contestatori l’avrebbero messo in maggiore difficoltà non contestandolo. Per quanto Toti non si trovi in imbarazzo dovendo parlare a ruota libera, come ben sanno i giornalisti genovesi, con i taccuini traboccanti dei suoi “a margine”, un pubblico tollerante, composto e dignitoso gli avrebbe mandato in fumo il copione.
Del resto, non occorreva un indovino per prevedere quello che sarebbe successo. A parte gli episodi di intolleranza avvenuti in passato, conoscendo la città si potevano ben immaginare i fischi e tutto il contorno di bandiere rosse, barbe grigie, pugni chiusi, grida di «ora e sempre, Resistenza!».
In ogni caso, Toti e i suoi contestatori ci hanno regalato una variazione del cerimoniale del 25 Aprile. Per il prossimo anno, ci permettiamo di dare al governatore un suggerimento. I fischi si ripeteranno, quasi certamente, ma a replicare con il diritto di…, la libertà per cui i partigiani hanno combattuto… ecc… si correrebbe il rischio di diventare monotoni, come la piazza genovese. No, il presidente potrebbe portare un soffio d’aria fresca ricordando che a liberare l’Italia dai nazisti un qualche ruolo lo hanno avuto anche americani e inglesi, e polacchi, brasiliani, e soldati di altre nazioni che, stranamente, non vengono mai ricordati quando in piazza si parla di liberazione dell’Italia. O almeno vengono ricordati molto di rado. Eppure, erano un milione mezzo, con migliaia di carri armati, e una superiorità aerea assoluta sul nemico. Qualcosa avranno contato.