Una vita dedicata all’arte e al teatro quella di Giulio Bellutti. Dopo un esordio folgorante al Festival dei due mondi di Spoleto, l’artista nato in provincia di Mantova, ma residente a Genova (si era trasferito dopo la maturità artistica per iscriversi ad Architettura), ha trasferito sulla tela la passione che, per tanti anni, è stata anche un lavoro, come assistente alla scenografia e alla regia.
Figura umana in primo piano, ritratti che diventano il racconto di una storia, di un mito, grandi tele e attenzione per i particolari, sono tra le caratteristiche della pittura di Bellutti.
Ha frequentato l’Istituto d’Arte di Mantova, successivamente si è trasferito a Genova per iscriversi alla Facoltà di Architettura. Le sue prime mostre risalgono al 1968 a Mantova, Ferrara e Rovigo ma è al Festival dei Due Mondi a Spoleto che viene ufficialmente lanciato nel mondo della pittura.
La sua passione è anche il teatro: «Ho lavorato come assistente alla scenografia e alla regia anche al Teatro alla Scala e per anni esponevo nei teatri in cui si esibiva il soprano americano Olivia Stapp». Con il mondo della lirica ha un feeling particolare, visto che Katia Ricciarelli gli ha più volte chiesto dei ritratti. In carriera ha esposto anche a Montecarlo e a New York.
Grandi tele, figure, spesso maschili, mitizzate, colori che, nell’ultimo periodo, tendono al rosso e al nero: «Perché grazie a Paolina Antognetti ho scoperto il tango, un mondo dominato da queste tinte».
L’erotismo che trasuda dalle sue figure gli vale un posto fisso nella mostra itinerante Eroticamente, che, tra l’altro, quest’anno si terrà a Genova (da Satura, in piazza Stella).
Nelle sue opere mette tutte le proprie esperienze di vita e immagina, quando ritrae, il soggetto protagonista di una storia che diventa rappresentazione teatrale appunto: «Fin da piccolo disegnavo inventando una storia, ancora oggi penso prima al titolo del quadro che al dipinto stesso». Nascono così le serie su San Sebastiano e gli uomini con la testa da minotauro.
Barocco nel gusto (si vede anche nell’arredamento della sua bellissima casa-studio), mette nei suoi quadri l’influenza determinante degli scultori più che dei pittori: «Mi dicevano di far girare l’aria attorno al protagonista e io così ho fatto».
Perfezionista, Bellutti, impiega anche un paio di mesi per realizzare un’opera: «Uso tele grandi, ma pennelli piccolissimi e mi concentro sui minimi dettagli utilizzando una lente. A volte passo ore su un determinato passaggio».
Dopo un periodo di acrilico la sua pittura è torna ad olio su tela (poche le opere su legno).
«L’arte mi mette in crisi – confessa – io dipingo non pensando al mercato, non penso a fare cose vendibili, anche se, per fortuna, capita spesso di vendere».