Il lupo non potrà essere abbattuto, il Piano che lo riguarda rafforzerà tutte le azioni che possano garantire la sua convivenza con le attività zootecniche del nostro Appennino. Ma niente fucilate, trappole o veleni. Lo ha annunciato il presidente delle Regioni Stefano Bonaccini e lo spiega oggi un articolo del nostro giornale.
Una bellissima notizia. Un’altra notizia quasi altrettanto bella sarebbe che l’ente competente autorizzasse una radicale riduzione, anche mediante battute di caccia, della popolazione di cinghiali che vivono sulle nostre colline e ormai arrivano in città. Ogni anno si effettua un censimento di questi ungulati e, in base ai dati raccolti, si stabilisce un numero di capi da abbattere. Ma ormai moltissimi genovesi hanno potuto notare gruppi di cinghiali passeggiare sul greto del Bisagno o alla foce del Polcevera, alcuni addirittura nelle aree ex Ilva. Nei giorni scorsi una coppia di cinghiali sono stati avvistati alla Foce e ad Albaro (nel cortile di una banca!). Questo in centro città. In periferia la convivenza – forzata – dei cittadini con questi selvatici non fa quasi più notizia. A Sant’Eusebio, sulle alture della Valbisagno, due cinghiali hanno fatto irruzione in un giardino di una donna di 87 anni, poi messa in salvo dai vigili urbani che hanno indotto gli animali a uscire deviandoli verso le campagne circostanti.
Evidentemente le soppressioni finora pianificate non sono state sufficienti e vanno estese o trovate altre soluzioni per limitare la proliferazione degli animali.
Si potrebbe obiettare: perché tanta preoccupazione per la sorte dei lupi e non per quella dei cinghiali?
Perché si tratta di casi differenti. Gli animali, almeno a parere di chi scrive, non sono sacri. Non lo sono i cinghiali e neppure i lupi. Il tempo della sacralità degli animali è finito da un pezzo, chi ne ha nostalgia può trasferirsi in qualche paese dove i suoi sentimenti siano condivisi. Ma è difficile trovare il posto giusto. Perché uno può capitare tra gente che venera le vacche ma si mangia i polli e gli ovini, oppure evita i suini ma fa strage di tutto il resto. Anche là dove sono rimasti i totem si rispettano gli animali totemici ma si cacciano gli altri. Per essere equanimi forse ci si potrebbe unire ai gianisti – che ormai non sono soltanto in India – contrari alla violenza su ogni animale. Rimane però il problema del cinismo con cui il nostro sistema immunitario distrugge certi batteri…
Ognuno se la veda con la propria coscienza. Ma chi non accetta la logica della rinuncia assoluta all’uccisione degli animali è tenuto fare delle scelte. Il lupo va preservato perché è giunto a un passo dall’estinzione e ancora oggi non ha raggiunto numero tali da ritenerlo del tutto al sicuro. È al vertice della catena alimentare nelle nostre zone montane e collinari e se gli si rende arduo cacciare animali domestici può indirizzarsi con maggiore assididuità verso certi selvatici, come cinghiali, daini e caprioli (e topi), riducendone la popolazione in eccesso ed eliminando i soggetti più deboli e quindi dannosi per la loro stessa specie (il welfare ha poco spazio in natura). E poi il lupo è intimamente legato con la nostra storia, non possiamo privarcene.
I cinghiali invece sovrabbondano e, come anche daini e caprioli, potrebbero dare origine a una filiera di prodotti tipici del nostro Appennino: carni fresche e salumi. Un nuovo comparto economico, modesto ma significativo, e sinergico con l’offerta turistica. Senza che si corra il rischio di vedere sparire questi simpatici, e saporitissimi, animali. Chi, preoccupato per la loro dieta, porta loro del cibo anche in città, probabilmente tiene in frigo, senza rimorsi, prosciutto e mortadella, ottenuti dai maiali, cugini domestici dei cinghiali. Più pappardelle, e polente, con sugo di cinghiale, e più sicurezza nelle nostre strade.