Grandi manovre impegnano il Pd genovese, ma nel polverone che sta smorzando luci e ombre in via Maragliano qualcosa si riesce a intravedere: sembra che Claudio Burlando, dal suo ritiro di Marzano nel Comune di Torriglia sia sempre più spesso attratto dalle sofferte vicende genovesi e liguri e sempre più attivo nella ricerca di un candidato a sindaco di Genova che possa mettere d’accordo le varie anime e correnti del partito.
D’accordo con Burlando lavorerebbero il ministro della Difesa Roberta Pinotti e l’imprenditore Alessandro Garrone.
La figura scelta dai tre aspiranti king maker sarebbe quella di Lorenzo Cuocolo, professore associato di Diritto pubblico comparato alla Bocconi di Milano. Figura di tutto rispetto, nota, con oltre cinquanta pubblicazioni scientifiche al suo attivo. La sua candidatura dovrebbe essere lanciata il 30 novembre al Nabù Restaurant di piazzale Kennedy, a Genova.
Dovrebbe essere una candidatura “unitaria”, tale da evitare il ricorso alle primarie, istituto che in passato ha inflitto non pochi dolori allo stato maggiore del partito. Non soltanto a Genova e in Liguria, ma per restare dalle nostre parti le primarie di coalizione per l’elezione del sindaco di Genova hanno portato alla vittoria, nel maggio 2012, di un candidato, Marco Doria, che non soltanto non è del Pd, ma era sostenuto da un elettorato con aspirazioni spesso divergenti da quelle dei democratici. Sembra che pochi vogliano assumere questi anni di giunta Doria come modello per la prossima amministrazione. Le primarie per la scelta del candidato alla presidenza della Regione hanno poi provocato una contrapposizione così feroce tra renziani-paitiani e anti- che alla fine Raffaella Paita ha vinto le primarie e perso le elezioni. E il Pd regionale è tuttora commissariato (da David Ermini). Nuove primarie potrebbero esasperare vecchie divisioni.
Un altro motivo per evitare le primarie potrebbe essere costituto dalla presenza di Simone Regazzoni. Quarantunenne, genovese, professore a contratto di Estetica all’Università di Pavia, già membro della Commissione dei garanti, renziano convinto, anzi “nuovo renziano”, cioè, secondo il termine adottato dai media, appartenente al gruppo dei più decisi nel chiedere il rinnovamento del partito, Regazzoni si è candidato da sé, criticando fortemente la giunta Doria e la conduzione del partito. Nessuno poteva impedirglielo e lui lo ha fatto.
E ora sta raccogliendo adesioni tra i circoli del partito e anche nell’opinione pubblica. È difficile valutare il suo seguito, attuale e potenziale, ma quello che probabilmente disturba l’establishment del Pd genovese non sono al momento le sue chance di vittoria ma gli argomenti della sua campagna elettorale, sui cui gli altri candidati sarebbero obbligati a confrontarsi. Sono argomenti con cui il Pd e la sinistra non si trovano a loro agio. Perché Regazzoni, che ora parla anche di welfare cittadino e di lavoro, ha lanciato la sua campagna elettorale sulle questioni della sicurezza, della politica di accoglienza dei migranti e del decoro urbano. Questioni su cui tradizionalmente picchia la destra ma che stanno a cuore agli elettori tanto di destra quanto di sinistra, specialmente a quelli che non risiedono a Castelletto o a Carignano – dove vive la borghesia genovese tollerante e riflessiva, facile da incontrare da Feltrinelli, e si incontrano pochissimi migranti – ma vivono nel centro storico, al Campasso e a Sampierdarena in generale, a Cornigliano. Lì l’elettorato è meno riflessivo, forse perché i problemi sono più urgenti.
Per evitare le primarie, però, lo Statuto Nazionale prescrive che l’assemblea (in questo caso provinciale), assegni a un candidato i tre quinti dei propri voti. Convergenza non facile da ottenere in un partito diviso. A completare l’operazione ideata da Burlando verrebbe eletto segretario regionale Massimiliano Morettini. Che però pare accetterebbe soltanto un’investitura unitaria. Inoltre non si sa ancora come si comporterà la corrente che fa capo a Sergio Pippo Rossetti. Si tratta dei renziani, con i quali è presumibile che Regazzoni stia trattando. Rossetti sembra non abbia nessuna ambizione di diventare sindaco di Genova, né di essere il prossimo segretario regionale del Pd. Gli andrebbe bene un posto in Parlamento. Un’aspirazione che richiede cautela nel trattare con le varie componenti del partito. Specialmente in questi giorni di grave incertezza: il referendum incombe e l’esito è imprevedibile.
Quel che è, se non certo probabile, è che se vincesse il no la cordata Burlando-Pinotti-Garrone-Cuocolo, di impronta nettamente renziana, si troverebbe la corda spezzata e precipiterebbe. Con la vittoria del no grande sarebbe la confusione sotto il cielo in tutta Italia, ma a Genova sarebbe ipotizzabile l’avanzare di un’altra cordata, non renziana, guidata da Mario Tullo, Mario Margini e Alessandro Terrile. E chi potrebbe proporre? Secondo alcuni il presidente della Fondazione Palazzo Ducale, Luca Borzani. Che, peraltro, ha già dichiarato di non volersi candidare. Ma in politica…