Una serie di esempi pratici per dimostrare che la riforma del titolo quinto della Costituzione è necessaria per avere un accesso ai percorsi diagnostico-terapeutici uguali per tutti, senza discriminazioni per dove si è nati. Il ministro Beatrice Lorenzin si concentra sul settore del suo ministero per parlare della riforma costituzionale che verrà sottoposta ai cittadini attraverso il referendum del 4 dicembre, nell’incontro allo Starhotel President di Genova organizzato dal suo partito, il Nuovo Centro Destra.
«Il titolo quinto è l’aspetto più qualificante della riforma, visto che sinora quella precedente ha portato a degenerazioni e cattive interpretazioni – spiega – pensiamo a trasporti, turismo, ricerca e appunto la sanità. Dal 2000 in poi abbiamo assistito a una situazione fuori controllo: da quando dipende dalle Regioni in 13 sono state commissariate, questi 17 anni di federalismo regionale non hanno per contro portato a un aumento dei servizi».
Ci sono alcune Regioni che non raggiungono gli standard dei Lea, i livelli essenziali di assitenza: «Non è più una sanità universale – aggiunge Lorenzin – la Salute, anche nel sistema più federale che esista, è competenza dello Stato. Com’è possibile che ogni Regione decida autonomamente quali sono i criteri di accreditamento degli ospedali? Così, se un ente ha criteri più “cheap”, può capitare che ci sia un pronto soccorso che non abbia i requisiti minimi ma sia comunque in funzione». Proprio in occasione della Giornata del Diabete, un altro esempio viene sciorinato dal ministro: «Chi nasce a Frosinone per esempio non è detto che abbia lo stesso percorso terapeutico di chi nasce a Milano o Bologna. Sul cancro alla mammella, una patologia in cui c’è l’84% di possibilità di evitare la morte, alcune Regioni non inviano ancora le lettere per lo screening e la diagnosi precoce. Non è possibile che io abbia dovuto inviare i Nas in alcune regioni perché il farmaco che guarisce dalla Cirrosi epatica conclamata non veniva somministrato».
Lorenzin si è anche soffermata sulla questione delle liste d’attesa: «Sono un tema totalmente regionale e di organizzazione, ma è chiaro che il governo è attento al problema. La questione è stata portata in Conferenza Stato-Regioni. Abbiamo messo questa discriminante nella norma che regola la permanenza in carica dei direttori generali delle Asl».
La giornata ligure di Lorenzin è proseguita con l’incontro con il presidente della Regione Liguria Giovanni Toti e l’assessore regionale alla Sanità Sonia Viale, con le Asl liguri e l’ordine dei Medici, nel pomeriggio la visita al Gaslini in occasione della Giornata mondiale del diabete e appuntamento alla Spezia per un incontro pubblico sulle ragioni del sì al referendum. Proprio sul Gaslini il ministro evidenzia come l’ospedale «abbia avuto un contributo eccezionale insieme ad altre due strutture che stavano però in un regime concordatario. Lo scorso anno è stato proprio il ministero a concedere uno stanziamento per riconoscere il valore di questa struttura ospedaliera, di quello che fa in Italia». La Liguria, tra l’altro, è una delle regioni che ha degli Irccs (Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico) che sono punti di riferimento internazionale per le malattie rare.
Lorenzin pensa che la Liguria dovrebbe puntare “sull’ageing“, avendo una popolazione anziana molto consistente, come le Marche: «Il sistema sanitario dovrebbe concentrarsi sull’invecchiamento attivo e sano, potrebbe diventare anche un elemento di studio, un modello, a livello nazionale». Con Toti e Viale Lorenzin ha parlato del riassetto organizzativo del sistema sanitario affrontando alcune tematiche particolari come quella socio-assistenziale. «Ho detto ai direttori che bisognerà prepararsi, come stiamo facendo a livello ministeriale, per il reclutamento dei pazienti e gli screening precoci per i nuovi farmaci contro l’alzheimer, che avremo a partire dalla prima metà del 2017. Riguarderanno milioni di persone, soprattutto in una Regione sempre più anziana come la Liguria».