Nel 2015 in Liguria risultano 136.216 stranieri residenti, una cifra in calo rispetto all’anno precedente (138.697). Un calo determinato in parte da alcuni flussi di rientro verso i Paesi di origine, ma soprattutto dal numero sempre crescente di acquisizioni della cittadinanza italiana. Il fenomeno evidenzia quindi un processo di stabilizzazione in atto, confermato anche dall’alto numero di permessi per lungo residenti rilasciati.
Sono alcuni dei principali dati che emergono dal Dossier Statistico Immigrazione 2016, il primo annuario del genere in Italia, presentato oggi a Palazzo Tursi a Genova e in contemporanea in tutte le altre regioni italiane. «A fronte di un immaginario di invasione e precarietà, i dati ci dicono invece che i nuovi arrivi sono in diminuzione e l’immigrazione è sempre più stabile – commenta l’assessore alla Legalità e Diritti del Comune di Genova, Elena Fiorini – Nel 2012 erano in corso 488 nuove cittadinanze, nel 2015 sono salite a 3.100: i dati sono importanti, ma non rispecchiano la percezione di stabilizzazione del fenomeno. Qui deve intervenire la politica: Genova deve fare la sua parte, ma lo stesso si deve fare a livello nazionale».
Dai numeri, riferiti al 2015, emerge una situazione di sostanziale stabilizzazione ed equilibrio: in termini di incidenza percentuale la componente straniera rappresenta l’8,7% dell’intera popolazione ligure, senza sostanziali variazioni rispetto all’anno precedente (8,8%), con un valore massimo che continua a registrarsi in provincia di Imperia (10,6%). In termini assoluti, la provincia di Genova resta la residenza scelta dalla maggioranza degli stranieri (circa il 52% del totale, con 70.752 registrazioni in anagrafe), seguita da quelle di Savona (23.817), Imperia (22.821) e La Spezia (18.826). «Non ci sono importanti scostamenti anche dal punto di vista delle nazionalità – commenta Andrea Torre, redazione Dossier Statistico Liguria – Tra 2014 e 2015 diminuiscono equadoriani e albanesi, ma soprattutto perché proprio loro sono i maggiori protagonisti dei processi di cittadinanza italiana. Aumentano lievemente le nazionalità bangladesi e ucraine, ma sempre in un quadro stabilizzato». Come già nello scorso anno, l’Albania, l’Ecuador, la Romania e il Marocco restano, in ordine decrescente, le collettività più numerose, con valori assoluti attorno alle 20 mila unità per le prime tre e alle 13 mila per l’ultima. Seguono a distanza l’Ucraina, la Cina e il Perù (tutte nell’ordine delle 4 mila unità), la Repubblica Domenicana (circa 3.800), il Bangladesh (circa 2.800) e la Tunisia (circa 2.600).
Altro dato da sottolineare riguarda la presenza dei ragazzi stranieri nelle scuole: «Superata la soglia del 50% di studenti stranieri nati in Italia – spiega Torre – questo significa che sono maggioritarie le seconde generazioni: è un altro elemento di stabilizzazione». Per quello che riguarda il lavoro, «i dati rispetto all’inserimento lavorativo sono stabili: il leggero miglioramento è ancora influenzato dalla crisi – aggiunge Torre – Aumentano invece le imprese condotte da stranieri». Infine, le rimesse: «sono risalite rispetto al passato e questo è un indice positivo: stiamo parlando di quasi 200 milioni di euro».
Per quanto riguarda la dinamica migratoria in uscita, la congiuntura economica negativa appare la causa principale degli spostamenti all’estero. La migrazione di ritorno, però – come si legge nella sezione del Dossier dedicata alla Liguria – è un processo decisionale complesso, su cui intervengono molteplici fattori interconnessi tra loro. La perdita del lavoro è condizionata dalla situazione economica del Paese di immigrazione, ma la possibilità di tornare a casa dipende anche dalle opportunità che il soggetto può trovare in patria. L’Ecuador è un esempio emblematico di come i flussi di rientro siano favoriti dalla fase di ripresa economica del Paese e da una politica del governo ecuadoriano che ha fortemente sollecitato i propri connazionali a tornare in patria con una serie di incentivi e programmi.
Parlando infine di richiedenti asilo, Torre spiega che «anche la loro presenza in realtà non influisce in maniera rilevante». Non a caso, il 2015 conta un numero di sbarchi inferiore a quello del 2014, nonostante «sia stato qualificato come l’anno dell’invasione – afferma l’assessore Fiorini – La gestione dei flussi e degli sbarchi, al di là dall’essere influenzata dalla mediaticità, ha bisogno di una modifica agli strumenti che la regolano. Abbiamo, a livello internazionale, il regolamento di Dublino che impone che gli stranieri debbano rimanere fermi nel Paese di sbarco, senza poter spostarsi in Europa, bloccando così molte persone in Italia. La normativa italiana inoltre non consente un processo di accoglienza e selezione guidato: da quattro anni non ci sono flussi di ingresso regolare nel Paese, cosa che invece avrebbe permesso di far entrare le persone in modo guidato, senza confondere i richiedenti asilo con gli emigranti economici che devono avere sì delle opportunità, ma diverse da chi scappa da una guerra».
Qualche numero a livello nazionale: alla fine del 2015 in Italia si contano 5.026.153 stranieri residenti, aumentati in un anno di 12 mila unità. L’incidenza è del 10,5% tra gli occupati e del 15% tra i disoccupati. Ad avere un’occupazione sono stati complessivamente 2 milioni e 359 mila stranieri nel corso dell’anno: gli stranieri occupati sono aumentati di 65 mila unità rispetto al 2014.