C’è tempo sino al 9 settembre per contribuire alla redazione del piano di prevenzione della corruzione 2016-2018 redatto dall’Istat. Un piano che arriva dopo l’accordo con Anac (l’Autorità nazionale anticorruzione) per misurare in modo più veritiero ciò che in sostanza sfugge più di altri fenomeni alle statistiche. Condivisione di conoscenze, dati, e metodologie di analisi, mettendo a punto indicatori per la misurazione dell’intensità del fenomeno. I 60 miliardi di euro per il giro d’affari della corruzione a livello nazionale erano stati considerati frutto di un insufficiente approfondimento statistico nel convegno dello scorso marzo che sancì l’avvio della collaborazione.
La procedura è aperta a tutti i soggetti “portatori di interesse”, a partire dalle organizzazioni sindacali, sino alle associazioni di consumatori e utenti.
Secondo quanto dichiarato dall’Istat il nuovo piano dovrebbe consentire una migliore governance e standardizzazione dei processi, contribuendo a una riduzione delle informazioni acquisite da cittadini, istituzioni e imprese.
Le nuove statistiche verranno basate su queste aree generali di rischio: Processi finalizzati all’acquisizione e alla progressione del personale; Contratti pubblici (già affidamento di lavori, servizi e forniture); Provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari privi di effetto economico diretto e immediato per il destinatario; Provvedimenti ampliativi della sfera giuridica dei destinatari con effetto economico diretto e immediato per il destinatario; Pianificazione, controlli, verifiche, ispezioni e sanzioni; Incarichi e nomine; Affari legali e contenzioso; Gestione delle entrate, delle spese e del patrimonio.
A ogni area di rischio, sono state associate una o più sotto-aree specifiche, ossia insiemi di attività collegate in cui si articola l’area di rischio stessa.
La gestione del rischio di corruzione vuole agire sul tessuto organizzativo per impedire la formazione di condizioni ambientali, sociali e organizzative favorevoli alla corruzione. Per questo motivo, per Istat è fondamentale non solo identificare i potenziali rischi che possono minacciare l’integrità dell’amministrazione, ma anche individuare i fattori che inducono un soggetto a compiere il comportamento corrotto, per definire il trattamento specifico, ossia la misura più idonea a prevenire che ciò accada o a contenerne l’effetto.
Per questo il modello di gestione del rischio di corruzione dell’Istat, mira a identificare una serie di elementi che caratterizzano l’evento corruttivo: comportamenti, cause, fattori abilitanti.
Un esempio? Il rischio associato alla “Alterazione della procedura di reclutamento del personale” può essere attuato tramite una serie di comportamenti: inserimento in bando di clausole illegittime per favorire il reclutamento di candidati particolari; inserimento nella commissione di componenti in conflitto di interesse; falsificazione delle prove concorsuali e falsa attribuzione delle stesse ai candidati; scorrimento graduatorie su base di criteri illegittimi. Le cause possono essere pressioni esterne/interne, o la motivazione dei potenziali trasgressori, mentre i fattori abilitanti l’assenza di criteri preordinati di valutazione; la carenza dei controlli; la debolezza delle procedure interne, la difficoltà nell’adeguamento alla continua evoluzione normativa; la lunghezza dei procedimenti amministrativi.
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